E' un'altra Turchia, è un'altra Chiesa, è un altro mondo
La visita di Papa Francesco nel paese anatolico ha ricalcato quella di Benedetto XVI nel 2006. Ma le differenze sono talmente profonde da rendere difficilmente paragonabile le due visite. E da rendere il viaggio appena concluso di Jorge Mario Bergoglio, che ha visitato Ankara da venerdì a ieri sera, meno spettacolare di quello di Joseph Ratzinger ma, paradossalmente, più incisivo.
ISTANBUL - E' un'altra Turchia, è un'altra Chiesa, è un altro mondo. La visita di Papa Francesco nel paese anatolico ha ricalcato quella di Benedetto XVI nel 2006. Ma, a distanza di soli pochi anni, le differenze sono talmente profonde da rendere difficilmente paragonabile le due visite. E da rendere il viaggio appena concluso di Jorge Mario Bergoglio, che ha visitato Ankara da venerdì a ieri sera, meno spettacolare di quello di Joseph Ratzinger ma, paradossalmente, più incisivo.
Nel 2006 il presidente degli Stati Uniti era George W. Bush, la primavera araba era ancora lontana dai destini del Medio Oriente e del Maghreb, non c'era ancora traccia del cosiddetto Califfato, Recep Tayyip Erdogan sembrava un leader in ascesa capace di coniugare l'islam e la democrazia. E, soprattutto, poche settimane prime di partire per Ankara, Papa Benedetto - che da cardinale aveva criticato l'ingresso della Turchia nell'Unione europea - aveva pronunciato un discorso, a Ratisbona, che aveva irritato buona parte del mondo islamico. Il viaggio in Turchia, marcato dalla preghiera silenziosa nella «moschea blu», fu l'occasione, per il Pontefice tedesco, di ribaltare quell'immagine negativa.
FINIAMOLA CON QUESTE GUERRE - Da allora sono passati pochi anni e molte cose. Anche il Papa argentino ha pregato nella moschea blu accanto all'imam, ma non vi è stato nulla di eclatante: «Gli ho chiesto: preghiamo un po'? Lui mi ha risposto: sì, sì», ha raccontato ai giornalisti sul volo di ritorno rispondendo alla domanda di una cronista turca. «Io ho pregato per la Turchia, per la pace, per il muftì, per tutti e per me? Ho detto: Signore, ma finiamola con queste guerre!». Nel colloquio sul volo papale, riportato tra gli altri dal sito Vatican Insider, Bergoglio ha ripercorso vari passaggi-chiave del suo viaggio e alcuni punti non evidenti. La lettera scritta l'anno scorso da Erdogan per la ricorrenza del genocidio degli armeni "è stato un porgere la mano, e questo è sempre positivo", ha detto. E al presidente turco ha detto che sarebbe bello che «i leader accademici, religiosi, intellettuali e politici» condannassero «chiaramente» i fondamentalismi islamici, ha sottolineato, aggiungendo che "anche noi abbiamo dei fondamentalisti, in tutte le religioni ci sono questi gruppetti». Ha ribadito l'intenzione di andare in Iraq, quando non creerà problemi per la sicurezza, e quella di incontrare il patriarca ortodosso russo Kirill, quando non avrà più problemi con l'Ucraina. E' tornato a denunciare la cacciata dei cristiani dal Medio Oriente e l'importanza di proseguire il dialogo ecumenico oltre la teologia e lasciando alle spalle parole come «uniatismo», attribuito dagli ortodossi ai cristiani ucraini fedeli a Roma. Il mondo, ha ribadito, è attraversato da una terza guerra mondiale spezzettata tra paesi.
PAESE-SHOPPING PER LE DINASTIE ARABE - Rispetto all'epoca di Ratinzger molte cose sono passate. Erdogan - come dimostra lo sfarzoso palazzo presidenziale - ha intrapreso un cammino di grandiosità e provocazione nei confronti dell'Occidente. La Turchia sperimenta, come il resto del mondo, la crisi economica, e rischia di divenire un «paese-shopping» per le dinastie arabe del Golfo. E la comunità cattolica latina, segnata negli anni di Benedetto XVI da omicidi drammatici come quello di don Andrea Santoro e monsignor Luigi Padovese, è ora particolarmente silenziosa, con vertici (il nunzio, il presidente della conferenza episcopale) vicini alla pensione e rapporti complessi sia con le altre comunità cattoliche (caldei, siri, armeni), sia con gli ortodossi e sia, soprattutto, con il Governo, da cui attendono, da anni, un riconoscimento giuridico in Costituzione. Un disorientamento riflesso, plasticamente, in una scena dai contorni quasi comici: quando il Papa ha celebrato messa alla cattedrale di Istanbul, l'unico appuntamento pubblico per i cattolici locali, il maxischermo nel cortile esterno era capovolto e l'audio non funzionava. In Medio Oriente, più in generale, la primavera araba è già entrata in crisi, gli jihadisti si affacciano ai confini della Turchia in Siria e Iraq, il presidente Usa Barack Obama, al suo secondo mandato, appare spesso incerto sulla linea da seguire in politica estera. Jorge Mario Bergoglio è un Pontefice molto diverso dal suo predecessore. Già da arcivescovo di Buenos Aires aveva ottimi rapporti con la locale comunità islamica. Una consuetudine proseguita, senza tanto clamore, nel viaggio a Ankara e Istanbul.
L'UNITÀ DEI CRISTIANI - Quanto ai rapporti con l'ortodossia, mai era successo che un Pontefice si chinasse per farsi baciare il capo e benedire da un patriarca ortodosso, gesto più eloquente di molte parole. Il superamento dello scisma iniziato nel 1054 non sarà questione di pochi anni, ma mai come ora i due protagonisti, Francesco e Bartolomeo, spingono le loro chiese a guardare oltre i falsi pretesti perché i cristiani rimangano divisi. «Sono due leader religiosi in fuga rispetto al gruppo», commenta il domenicano Claudio Monge, da anni in Turchia. Rischiano di rimanere soli. Ma se hanno successo possono cambiare la storia della cristianità ben oltre un viaggio in Turchia.
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