20 aprile 2024
Aggiornato 01:00
Famiglia

Discriminata la famiglia tradizionale: ecco le macerie dell’Occidente. Parte 2

Nella politica dell’Occidente, la famiglia tradizionale non è più una priorità. I valori cristiani sono passati di moda per lasciare il passo al laicismo di Stato. Siamo di fronte a una società che vede la famiglia tradizionale sgretolarsi passo dopo passo sotto il peso della crisi economica, della mancanza di punti di riferimento pubblici e privati

Nella politica dell’Occidente, la famiglia tradizionale non è più una priorità. I valori cristiani sono passati di moda per lasciare il passo al laicismo di Stato. Siamo di fronte a una società che vede la famiglia tradizionale sgretolarsi passo dopo passo sotto il peso della crisi economica, della mancanza di punti di riferimento pubblici e privati, del progresso scientifico, eppure non muove un dito per sostenere le proprie origini.

A partire da questo scenario al palazzo Cisterna di Torino si è svolto un incontro dal titolo provocatorio: «In Occidente la famiglia è discriminata?». Dal momento che proprio la Federazione Russa si sta affermando come l’ultimo baluardo nella difesa dei valori tradizionali dell’Occidente, l’evento ha avuto come principale relatore il russo Aleksey Komov, ambasciatore presso l’Onu e presidente del Congresso Mondiale della Famiglia. La Voce della Russia lo ha interpellato per approfondire l’attuale scenario europeo.

- Anche sulla crisi ucraina l’Europa si dimostra in controtendenza rispetto all’usuale principio di autodeterminazione dei popoli. Che cosa ne pensa?
- La situazione in Ucraina è alquanto complicata. Da anni convivono in questo Paese diverse etnie, che hanno sempre trovato fra di loro un equilibrio. Peccato che negli ultimi mesi alcune potenze internazionali abbiano utilizzato il pretesto multiculturale per creare problemi alla Russia. Non è un caso che proprio in questo Paese siano stati investiti 5 miliardi di dollari per sviluppare quella che loro chiamano «democrazia»: una società basata su iniziative laiche ultra-liberiste, che nulla hanno a che vedere con l’esportazione di valori morali. Una delle ragioni principali di questa aggressione credo derivi dal fatto che la Russia costituisce l’ultimo e strenuo difensore dei valori cristiani e della famiglia. La rivoluzione in Ucraina è illegittima, perché organizzata da professionisti che sono stati impegnati anche nella Primavera araba e in tutti gli altri terreni di scontro nel mondo.

- Qual è il ruolo degli Stati Uniti in questa vicenda?
- La rivoluzione in Ucraina è stata orchestrata per mettere contro la Russia una popolazione frammentata e da sempre nostra amica. Oggi sono in atto una guerra ideologica antirussa e tentativi di manipolazione dell’opinione pubblica attraverso i media. Siamo di fronte a una battaglia economica, spirituale e fisica. Una guerra che la Russia - e voglio che sia chiaro - non ha nessuna intenzione di fare. Ricordo che se oggi non stiamo combattendo in Siria e in altri paesi del Medio Oriente è grazie alla forte presa di posizione del presidente Putin. Al massimo è George Soros a voler iniziare a sparare, avendo dichiarato nelle scorse settimane che «È necessario provocare una guerra contro la Russia». Ma per combattere una guerra bisogna essere in due, e la Russia non ha intenzione di farlo: noi al massimo esportiamo valori morali.

- L’Ungheria inizia a sentire puzza di bruciato, pare voglia lasciare l’Unione europea.
- Adesso il rischio è di assistere in Ungheria ad un copione analogo a quello ucraino. Cioè un golpe nei confronti di chi annuncia di voler uscire dall’Ue. Sarebbe un attentato all’indipendenza di questo Paese sovrano, ma è anche la stessa battaglia valoriale di cui abbiamo finora parlato.

- La sconfitta di Obama oltre ogni aspettativa, con la vittoria schiacciante dei repubblicani, potrebbe cambiare i rapporti americani con la Russia?
- I repubblicani sono nostri amici sui diversi temi etici: contrari all’aborto e a favore dei valori della famiglia tradizionale. Resta il problema dei neocons, che sono molto più aggressivi dei democratici nei confronti dei russi. Per costoro l’impero americano e la sua ricchezza è più importante anche di Gesù Cristo. Con questa parte politica è difficilissimo avviare un dialogo. Vedremo chi vincerà le primarie: solo allora capiremo se sarà possibile comunicare positivamente e intraprendere un percorso comune di lotta in difesa dei valori tradizionali condivisi.

- Bush giustificò la guerra tra Stati Uniti e Iraq come una guerra tra bene e male. Per la Russia qual è il male oggi?
- Penso che nel mondo di oggi si siano invertite le parti. Oggi la Russia è una nazione amica del bene, mentre l’America è collusa col male. Guardando alla storia recente tutte le guerre e le rivoluzioni sono iniziate per interessi economici filoamericani: questo è un dato di fatto. Basti pensare ai tempi di Gorbačёv, vi era l’impegno che le Repubbliche ex sovietiche rimanessero neutrali; così non è stato. Noi non abbiamo promosso una rivoluzione in Messico per imporre un governo antiamericano; loro invece hanno attaccato il nostro territorio storico. Spero che il nostro Governo venga sempre più riconosciuto dall’opinione pubblica mondiale come il difensore dei valori cristiani e della libertà dei popoli.

- Putin era stato da alcune parti in Italia e in Europa additato come possibile candidato al premio Nobel per la pace, ma altri lo hanno criticato.
- Putin oggi è un uomo libero, l’ultimo grande leader alla vecchia maniera che può battersi per un’operazione di verità nei confronti della laicizzazione degli Stati, della globalizzazione selvaggia, del liberalismo suicida.

- Lei ha detto che deve essere chiaro che la Russia di oggi ha grandi pregi, ma non è il paradiso. Che cosa intende?
- Esistono ancora alcune piccole sezioni della nostra classe dirigente e delle nostre élite ultralibertarie che, finanziate dagli americani, ostacolano e sabotano le decisioni del Governo sulle riforme di Putin ispirate alla tradizione cristiana. Confido nel ricambio generazionale, che invece è vicino al nostro leader e vuole completare il percorso di libertà intrapreso.