24 giugno 2025
Aggiornato 22:00
Terrorismo islamico

Istanbul non parteciperà alle operazioni contro lo Stato islamico

Dietro la decisione la preoccupazione per i 49 ostaggi turchi nelle mani dei jihadisti e il rafforzamento dei guerriglieri autonomisti curdi del Pkk. Ankara, che non metterà a disposizione le basi militari presenti sul suo territorio, assicura tuttavia che farà di più per bloccare il flusso di militanti islamisti che entrano in Siria attraverso il confine turco.

ISTANBUL - La Turchia ha partecipato oggi alla riunione dei paesi che compongono la coalizione anti-Stato Islamico (Isis) a Parigi, ma non prenderà parte a nessuna azione militare in Iraq. Dietro la decisione la preoccupazione per i 49 ostaggi turchi nelle mani dei jihadisti e il rafforzamento dei guerriglieri autonomisti curdi del Pkk. Ankara, che non metterà a disposizione le basi militari presenti sul suo territorio, assicura tuttavia che farà di più per bloccare il flusso di militanti islamisti che entrano in Siria attraverso il confine turco.

Per sconfiggere lo Stato islamico bisogna prima di tutto agire sui fattori che gli hanno permesso di affermarsi militarmente e guadagnare consensi, questa la posizione espressa durante il meeting di oggi dal ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu secondo le indiscrezioni pubblicate del quotidiano turco Hurriyet. Per Ankara, un cambio di regime in Siria e la formazione in Iraq di un governo che comprenda rappresentanti di tutti i gruppi etnico-confessionali tra cui i sunniti è indispensabile per sconfiggere definitivamente i jihadisti.

Una posizione già espressa dal premier turco Ahmet Davutoglu e il presidente Erdogan durante la visita del segretario di stato americano John Kerry ad Ankara la settimana scorsa. Le autorità di Ankara, che giovedì in Arabia Saudita, non avevano sottoscritto la dichiarazione anti-Isis approvata invece da molti altri paesi della regione, hanno spiegato a Kerry che preferivano non esporsi per non mettere in pericolo i 49 diplomatici turchi rapiti dopo la conquista di Mosul da parte dello Stato islamico quest'estate. La partecipazione militare di Ankara a un'operazione militare anti-Isis rappresenterebbe inoltre un sostegno indiretto ai guerriglieri autonomisti curdi del Pkk che stanno combattendo a fianco dei peshmerga per contrastare l'avanzata degli islamisti in nord-Iraq.

Kerry nonostante l'indisponibilità della Turchia a partecipare direttamente alle operazioni militari ha comunque chiesto a Davutoglu di fare di più per tenere sotto controllo il confine impedendo a militanti jihadisti provenienti dall'estero di entrare in Siria per unirsi alle fila dello Stato islamico, un invito accolto con favore dal governo turco. Secondo un report pubblicato oggi dal New york times, inoltre, Washington avrebbe chiesto alle autorità turche di bloccare il contrabbando di petrolio lungo il suo confine, la principale fonte di finanziamento dello Stato islamico.

I pozzi che il gruppo salafita controlla in Iraq produrrebbero tra i 25 e 40mila barili di petrolio al giorno che renderebbero sul mercato nero almeno 1,2 milioni di dollari. Accuse respinte ieri dal presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan, volato oggi a Doha per discutere con l'emiro del Qatar Tamin Al Thani della strategia da adottare per combattere contro lo Stato islamico.

Ankara inoltre ha le mani legate perché centinaia di migliaia di cittadini turchi che vivono a ridosso dell'area controllata dallo Stato islamico in Siria potrebbero diventare un facile bersaglio per gli islamisti. Decine di persone sono morte negli ultimi anni quando missili provenienti dalla Siria hanno colpito i loro paesi e ieri notte alcuni dei colpi di mortaio sparati da militanti dell'Isil contro la citta siriana di Qamislo controllata dai guerriglieri curdo-siriani del Pyd hanno colpito il paese di Nusaybin.

"Le esitazioni turche sono comprensibili. Lo Stato islamico ci tiene in ostaggio. Ci rendono "indifesi" e "fragili" non solo i 49 rapiti, ma anche il fatto che controllano una parte considerevole della regione lungo il nostro confine con la Siria e centinaia di cittadini turchi combattono nelle fila dello Stato islamico - scrive oggi di ritorno dal nord-Iraq la famosa giornalista turca Asli Aydintasbas in un editoriale sul quotidiano Milliyet - in realtà non è vero che la Turchia non sta facendo nulla c'è una collaborazione silenziosa tra Ankara e Washington. Il Mit (l'intelligence turca, Ndr) e la Cia lavorano assieme nel nord della Siria, ma non viene reso pubblico e questa situazione causa una perdita di prestigio per Ankara sia all'estero che in Turchia".