19 aprile 2024
Aggiornato 08:30
La crisi ucraina

Leopoli, culla del nazionalismo dove regna la russofobia

Da qui ha tratto la massima energia l'onda antirussa che ha spazzato via Victor Yanukovich a febbraio e da qui arriva Oleg Tiahnybok, il leader di Svoboda, il partito che nelle regioni dell'ovest ha oltre il 30% dei consensi e che fa dell'antiputinismo il suo tratto distintivo attuale.

LEOPOLI - Leopoli é la roccaforte del nazionalismo ucraino: da qui ha tratto la massima energia l'onda antirussa che ha spazzato via Victor Yanukovich a febbraio e da qui arriva Oleg Tiahnybok, il leader di Svoboda, il partito che nelle regioni dell'ovest ha oltre il 30% dei consensi e che fa dell'antiputinismo il suo tratto distintivo attuale.

Non c'è da stupirsi quindi che nella perla dei Carpazi anche in fatto di sanzioni contro Mosca desiderino fare le cose in grande stile e, se possibile, in maniera più capillare rispetto ad altre parti dell'Ucraina, dove ci si accontenta di seguire la scia tracciata dalla comunità internazionale occidentale.

Se perciò a Kiev ci si vuole semplicemente affiancare alla linea di Washington e Bruxelles, andando a colpire persone, organizzazioni e aziende che sono già finite sulla lista nera di Usa e Ue, a Leopoli si punta invece a combattere alla radice tutto che da queste parti odora di Russia.

E così è partita la nuova campagna dell'amministrazione regionale, guidata dalla belligerante Irina Sex, da oltre quindici anni a fianco di Tiahnybok nelle battaglie scioviniste e nominata fresca governatrice a marzo dall'allora presidente ad interim Olexandr Turchynov.

Il governo locale ha stilato una lista con circa 180 soggetti, persone e società, che potrebbero essere così colpite dalle mirate sanzioni casalinghe.

"I russi sono già Leopoli!", ha titolato il quotidiano online popolare Zaxid, scrivendo come oligarchi russi di piccolo e medio taglio e imprese targate Mosca siano ormai da anni attive sul territorio della regione, dove in ogni caso non si può non incrociare la presenza russa a ogni angolo di strada.

Non si tratta dunque ad esempio solo delle grandi banche russe come Sberbank, Vtb, Alfa Bank, o dei grandi operatori telefonici, Mts e Kievstar, presenti qui come in tutta l'Ucraina, ma di aziende locali, russe o partecipazione russa impegnate nei piú disparati settori, dal turismo ai media, dalle nuove tecnologie ai trasporti, che potrebbero incontrare ben presto qualche difficoltà.

Almeno in teoria, visto che la differenza tra la retorica populista di Svoboda e la messa in atto di provvedimenti, che andrebbero a incidere in maniera immediata ed evidente sull'economia già malandata della regione, è comunque ampia.

Basta l'esempio del tentativo di boicottaggio di Alfa Jazz, tradizionale festival internazionale sponsorizzato dalla banca russa di proprietà di oligarchi filoputiniani, finito lo scorso luglio necessariamente nel nulla. Nonostante le pressioni della lobby ultranazionalista, la manifestazione si è svolta con regolarità tra la delusione degli irriducibili antirussi e la pace degli appassionati del genere.

Anche le iniziative di sabotaggio dei prodotti di provenienza moscovita, avviate da organizzazioni non governative come Vidsich, paiono avere nei feudi di Svoboda un successo relativo e nella Leopoli dei saldi estivi le catene di abbigliamento russe come Sela e Oggi lavorano a pieno ritmo.

Non si sa dunque ancora se la nuova black list sarà davvero applicata e presa poi ad esempio in altre regioni, come si è augurato il deputato di Svoboda Josif Sitnik, ma in tempo di guerra anche le semplici dichiarazioni aiutano a serrare le fila: in vista delle prossime elezioni parlamentari che si terranno con grande probabilità a ottobre la campagna elettorale non ufficiale è già iniziata e i nazionalisti hanno intenzione di fare anche questa volta bottino pieno.