19 marzo 2024
Aggiornato 11:00
La crisi irachena

John Kerry vede al Maliki che incassa il sostegno di Putin

L'incontro è il primo di una serie tra il Segretario di Stato americano e i leader iracheni sulla situazione politica e confessionale nel Paese, scosso da un'imponente offensiva portata avanti dai ribelli sunniti che hanno conquistato diversi territori in cinque province irachene. Intanto la Giordania teme per il «contagio».

BAGHDAD - Il segretario di stato americano John Kerry ha iniziato i suoi colloqui con il primo ministro iracheno Nouri al Maliki, durante una visita a sorpresa a Bgahdad per sostenere il Paese.
L'incontro è il primo di una serie tra Kerry e i leader iracheni sulla situazione politica e confessionale nel Paese, scosso da un'imponente offensiva portata avanti dai ribelli sunniti che hanno conquistato diversi territori in cinque province irachene.

Pieno sostegno di Putin per il governo iracheno
Il presidente russo Vladimir Putin, in una telefonata con il premier iracheno Nouri al Maliki, ha confermato il «pieno sostegno» di Mosca a Baghdad nell'iniziativa per «liberare il territorio della repubblica dai terroristi».
«Vladimir Putin ha confermato il pieno sostegno della Russia agli sforzi del governo iracheno per la liberazione il prima possibile del territorio della repubblica dai terroristi» riferisce il servizio stampa del Cremlino.
«Nouri al Maliki ha informato il presidente russo dello sviluppo della situazione militare e politica in Iraq e delle iniziative che vengono prese dalle autorità per combattere i gruppi terroristici che hanno intensificato la loro attività nel nord del paese» prosegue il servizio stampa.
Il Cremlino sottolinea che nelle conversazione è stato evidenziato che le attività dei terroristi sono ormai «transfrontaliere e minacciano la sicurezza di tutta la regione». Putin e al Maliki hanno discusso anche «aspetti della collaborazione bilaterale di mutuo interesse».

La Giordania teme il contagio
L'avanzata degli insorti sunniti in Iraq preoccupa la vicina Giordania che teme un contagio della rivolta nel Regno, già alle prese con il flusso ininterrotto di rifugiati siriani e con la presenza dei gruppi estremisti locali.
Già presente in Siria, dove ha il controllo di alcune zone chiave, il potente gruppo ultraradicale dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (Isil) ha lanciato una vasta offensiva in Iraq che gli ha permesso di prendere il controllo di grosse fette di territorio. Secondo gli osservatori, la Giordania potrebbe essere uno dei suoi prossimi obiettivi.
«Solo coloro che non sono al corrente o che negano l'evidenza possono pensare che l'Isil non abbia sostenitori in Giordania. Come si spiega allora la presenza di 2.000 jihadisti giordani in Siria e in Iraq?», ha dichiarato Oraib Rantawi, direttore del Centro Al-Quds per gli studi politici.
Venerdì una sessantina di islamisti ha manifestato a Maan, una città nel sud da dove provengono numerosi jihadisti giordani, per celebrare le «vittorie" dell'Isil in Iraq. «La Giordania deve essere seriamente preoccupata. L'Isil è molto organizzato e potente», ha aggiunto Hassan Abou Hanieh, specialista di gruppi islamisti.