19 aprile 2024
Aggiornato 02:30
Medio Oriente | La crisi siriana

Siria, impegno USA per i ribelli

John Kerry annuncia il nuovo impegno degli Stati Uniti in favore delle forze ostili al regime di Damasco al termine della riunione degli Amici della Siria, questa mattina a Roma. Tre ore di colloqui che hanno messo la comunità internazionale di fronte alle proprie responsabilità, «non più rinviabili»

ROMA - «Nuovi aiuti per 60 milioni di dollari da destinare al sostegno alle operazioni dell'opposizione siriana». John Kerry annuncia il nuovo impegno degli Stati Uniti in favore delle forze ostili al regime di Damasco al termine della riunione degli Amici della Siria, questa mattina a Roma. Tre ore di colloqui che hanno messo la comunità internazionale di fronte alle proprie responsabilità, «non più rinviabili». La guerra in Siria è diventata «una carneficina», compiuta con armi sempre più pesanti e sofisticate. Il regime usa i «missili Scud, bombarda aree popolate, uccide civili inermi». E di fronte a tutto questo bisogna agire presto, «con un maggior sostegno, anche materiale, all'opposizione». Moaz al Khatib ascolta Giulio Terzi e il segretario di Stato Usa. E' in piedi, tra i due, con gli occhi lucidi e l'aspetto fiero di chi non vuol vedere morire il proprio paese. E' lui ad usare le parole più forti e indignate. «Con i suoi bombardamenti ai forni, Assad ha mischiato il sangue dei bambini con il pane. Gli dico: per una volta comportati come un essere umano. Basta uccisioni, basta torture, basta morte».

Mentre chiede la fine dell'embargo sulle armi, Khatib spiega ai suoi interlocutori che ci sarà presto «un organo esecutivo provvisorio nelle aree già liberate» del paese. Un governo dell'opposizione chiamato dunque a gestire la crisi in antitesi con il regime, anche se - spiega - «l'unità territoriale della Siria è una linea rossa invalicabile contro ogni tentativo, vero o presunto, di spartire il paese». La riunione di Istanbul, in programma nel fine settimana e destinata a designare il futuro «primo ministro», è stata però rinviata a data da destinarsi. E' il segnale che, forse, non tutto procede per il verso giusto e che quello delle divisioni all'interno del variegato mondo dell'opposizione siriana resta al momento un problema di difficile soluzione.

Gli Stati Uniti, comunque, non sono più disposti ad indugiare. I 60 milioni di aiuti annunciati da Kerry «a nome di Obama» andranno «a rafforzare le capacità organizzative dell'opposizione, a garantire servizi basilari alla popolazione, a consegnare viveri e a ristabilire istruzione e ordine pubblico». E' un modo per costringere Assad «a cambiare tattica», ha spiegato il capo della diplomazia di Washington. «E' un leader disperato, che bombarda anche gli ospedali. Non può trovare una via d'uscita alla crisi sparando. Si illude che lo strumento militare sia la soluzione. La nostra scelta, invece, è diversa, è politica. E' l'applicazione di quel comunicato di Ginevra che anche la Russia ha sottoscritto. Include un organo provvisorio governativo, con tutti i poteri. Questa è la strada per la pace», ha insistito il segretario di Stato.

«Cessare le violenze, liberare i prigionieri politici, aprire una prospettiva per una Siria democratica e pluralista, con l'uscita di scena di Assad»: questo è, secondo Terzi, quello che chiede la comunità internazionale. Questo è ciò che Khatib chiederà oggi a al ministro degli Esteri, durante un colloquio a quattr'occhi alla Farnesina.