20 aprile 2024
Aggiornato 04:00
Xi Jinping è il capo del partito democratico mondiale

A Davos si è celebrato il millennio cinese. Xi Jinping parla come Obama, Padoan come Shakira

L'ideologia globalista trova la sua massima espressione nel capo del Partito comunista cinese che cita addirittura Dickens. Tra le nevi della Svizzera, miliardari e capi di governo disquisiscono sui poveri che sono troppo poveri

DAVOS - Il numero di abitanti cinesi che possono avere uno stile di vita da classe media è pari a 109 milioni di membri, e sorpassa i 92 milioni degli Usa. Si tratta della classe media più «grande» del mondo; un processo che si è sviluppato dai primi anni duemila, con ritmi di crescita compresi tra il 14% e il 7%. Oggi, in Cina, una popolazione doppia rispetto quella italiana, ha un reddito compreso tra i 50.000 e i 500.000 dollari, e può quindi vivere con un stile di vita consumistico. Lo studio, pubblicato da Credit Suisse nel 2015, sottolinea che la capacità di consumo della classe media cinese è molto più ampia di quella occidentale, dato che il costo della vita in Cina è nettamente inferiore. Seppur il numero di cinesi benestanti sia elevato, esso rappresenta solo il 7% della popolazione: una cifra che coincide con il numero di membri del Partito comunista cinese. Il restante miliardo e duecento milioni sono i sommersi della storia. Nel 2010 l’11.2% della popolazione – cioè 150 milioni di persone - viveva con meno due dollari al giorno. Il 27.2% - quasi 360 milioni di persone - aveva uno stipendio minore di 3.10 dollari al giorno.

Globalizzazione cinese
Il secolo della globalizzazione americana, si diceva. E’ diventato il millennio del dragone. Il presidente cinese, nonché segretario generale del Partito comunista, Xi Jinping, ha difeso dal forum globale per eccellenza, Davos, gli ultimi trent'anni di globalizzazione economica. Ha ammesso che esiste qualche problema di diseguaglianza, e l’ecosistema si sta degradando con rapidità, ma poi ha rivendicato come ineludibile «il grande oceano del commercio dove tutti ci muoviamo». Quella del presidente della Repubblica popolare Cinese è un difesa a spada tratta: no al protezionismo, sì al libero scambio, sì al Wto, alla caduta delle barriere commerciali, al libero flusso di capitali e persone in giro per il mondo. E nel consesso dove parla, il Forum di Davos, Medina della globalizzazione, l’ultimo erede del grande timoniere Mao Ze Dong, ottiene solo consensi e plausi. Non potrebbe essere diversamente: la stabilità sociale del suo paese è possibile a patto che il Pil non cresca mai ad un tasso superiore al 5% annuo. Qualsiasi cifra inferiore causerebbe moti di piazza e insurrezioni.

Usa vs Cina
Il forum di Davos, da molti anni, ha questa caratteristica: gli uomini più potenti del mondo, nonché i più ricchi, si ritrovano in un località turistica per discutere dei poveri: delle loro sfortunate vite, nonché del modo migliore per renderli più felici. Fino ad ora le ricette che sono state proposte non solo hanno reso i poveri sempre più poveri, creando migrazioni di massa che stanno travolgendo l’Europa, ma hanno anche impoverito la fu classe media occidentale. In compenso è stata creata una piramide sociale ottocentesca, di cui la Cina è diventata il modello. Nel difendere i processi di globalizzazione il presidente cinese ha citato persino Dickens, un momento vagamente surreale: «Erano i tempi migliori, erano i tempi peggiori» , ovvero l’incipit de «Una storia di due città», che così prosegue: «Erano giorni di saggezza, erano giorni di follia, era l’epoca della fede, era l’epoca del dubbio, era la stagione della Luce, era la stagione del Buio, era la primavera della speranza, era l’inverno della disperazione, avevamo tutto davanti a noi e davanti a noi non avevamo nulla, marciavamo diretti verso il Paradiso e andavamo nella direzione opposta».

Vedi anche "La Cina ribatte agli Usa: «La nostra sovranità sul Mar cinese è indiscutibile"

E Jin Ping cita pure Dickens
I ghost writer cinesi hanno preso lezioni da quelli di Obama e Blair, adusi a citare i massimi esponenti della letteratura sociale ottocentesca. Dickens probabilmente si è rivoltato nella tomba di Westminster, nell’angolo dei poeti dove è sepolto. Jinping ha parlato come il capo di un partito democratico mondiale, ottenendo consenso unanime dai miliardari del mondo libero, dimentichi di fronte alle condizioni del lavoro cinesi, ai diritti umani calpestati, alla repressione poliziesca. Nel 2015 in Cina, ci sono stati 2700 scioperi, nel 2016 appena 503: nella fabbrica del mondo di cui tutti conoscono le condizioni del lavoro.

Trump nemico numero uno
I nemici dei potenti di Davos oggi sono gli statunitensi e britannici: le capriole della storia a volte lasciano senza parole. I due paesi che hanno più dato all’ideologia capitalista sono inquadrati come potenziali minacce prossime e non venture dagli economisti che un anno fa, su queste fredde montagne della Svizzera, videro nella palla di cristallo la crisi finanziaria cinese. Crisi che ovviamente non c’è stata: una delle molte previsioni fallaci dei nuovi monaci del secolarismo economico imperante. Oggi, il nuovo millenarismo, ha un nome preciso: Donald Trump. Segue il primo ministro britannico, Theresa May, la quale ha fatto sapere che, novità, Brexit significa Brexit. I trattati commerciali, secondo il presidente Usa, negoziati in sede Wto, sono carta straccia: la sua idea è quella di procedere verso trattative bilaterali con la fabbrica del mondo che con i suoi costi risibili inonda il pianeta di ogni merce. Ma la Cina, dall’alto della sua potenza economica e finanziaria, può stare tranquilla: una lieve svalutazione del renminbi può travolgere in qualsiasi momento ogni tipo di barriera protezionista. La linea dura da parte di Trump va bene per il Messico e altri stati vassalli: ma con l’impero di mezzo sarà effimera e pericolosa.

Debito per sempre
Esiste poi la questione debito: secondo l’agenzia Goldman Sachs, la Cina avrebbe un livello di indebitamento privato superiore a tutte le soglie di sicurezza. L’agenzia di rating si dice certa di una prossima crisi finanziaria data da insolvenza, probabilmente entro tre anni. Non è chiaro come sia strutturato tale debito: dato il protezionismo in campo finanziario, anche perché la banca centrale è pubblica - ai cinesi la globalizzazione piace solo dove conviene - potrebbe essere una minaccia soprattutto per l’occidente assetato di capitali. Il «dragone» ha strutturato una economia interna, finanziaria e manifatturiera, indipendente e solida. E il suo mercato non potrà mai essere aperto ai prodotti esteri: a meno che i costi di produzione divengano competitivi. Prospettiva inquietante per tutti coloro che gradirebbero non vivere le regole del lavoro riconducibili all’età imperiale romana.

Mugugni
Per il resto il forum di Davos ha visto Shakira e Matt Damon fare la solita parte dei vip che si interessano dei poveri, il capo del Fondo Monetario internazionale, Christine Lagarde, indignarsi per i poveri che sono troppo poveri, e il ministro Padoan abbozzare una protesta contro l’austerità: ignorata da tutti. Ancora una volta il baraccone si è chiuso senza un’idea nuova, ma intimoriti dal nuovo presidente Usa. Un cavallo pazzo che potrebbe mettere intralciare l’inevitabile incedere della storia.