19 aprile 2024
Aggiornato 15:30
Niente tasse per i ricchi

Via la TASI, perché la manovra fiscale di Renzi è ingiusta e inefficiente

Renzi dimentica un concetto chiave dell'economia keynesiana: la propensione marginale al consumo, che sarà il suo tallone d'Achille

ROMA – Il sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti, ha confermato l'imminente abolizione della TASI, prevista nella prossima legge di Stabilità. Riguarderà anche 40-45mila abitazioni di lusso, che fino ad oggi hanno portato al Fisco circa 91 milioni di euro l'anno. Sul piano dell'equità e della giustizia sociale si tratta di una manovra che solleva evidentemente non poche perplessità, ma anche dal punto di vista economico nutriamo forti dubbi sulla sua efficienza. Ecco perché.

Niente TASI per le abitazioni di lusso
Il governo Renzi abolisce la TASI. Anche per le abitazioni di lusso. L'annuncio ufficiale arriva per bocca del sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti, e regala un sorriso a quanti possiedono ville, castelli o dimore storiche. Nonostante le critiche di Bruxelles, che riteneva più urgente per sostenere l'economia italiana la detassazione del lavoro a quella degli immobili, Matteo Renzi non solo non si è fatto intimidire, ma ha deciso di puntare il tutto per tutto su una manovra di grande impatto sociale, ma che rischia di diventare un boomerang dalle imprevedibili ripercussioni economiche e politiche. Già, perché se detassare la prima casa è un ottimo modo di conquistarsi il favore popolare (ricordiamo che Berlusconi vinse per ben due volte le elezioni contro il centro-sinistra grazie alla promessa di abolire Ici e IMU in campagna elettorale), non si può dire lo stesso di una norma che detassa completamente anche gli immobili di lusso.

Cosa non ci torna
Stiamo parlando di 40-45mila abitazioni di prestigio: ville, castelli, dimore storiche. Pari a circa lo 0,3% delle 20 milioni di case possedute dagli italiani sul territorio nazionale, ma che da sole contribuivano alle casse dello stato con 91 milioni di euro l'anno. Non esattamente briciole in tempi di crisi come quello che stiamo attraversando. Secondo i calcoli della Uil servizio politiche territoriali il proprietario di un appartamento di categoria A8 (una di quelle più prestigiose per intenderci), collocato ad esempio a Roma, sull'Appia Antica o all'Eur, di 297 metri quadri andrebbe a risparmiare fino a 5.238 euro l'anno. Mentre un nucleo familiare di tre persone, che vive in un'abitazione molto più modesta nella periferia della Capitale, risparmierebbe circa 200-300 euro l'anno. Evidentemente, in questa opinabile manovra renziana c'è qualcosa che non torna, se non altro dal punto di vista della giustizia sociale. Perfino Berlusconi non osò mai tanto (che pure, di norme a vantaggio di pochi e benestanti ne sapeva qualcosina anche lui): quando abolì l'Ici sulla prima casa la mantenne in vita per le tre maggiori categorie di prestigio A1, A8 e A9.

Il tallone d'Achille della manovra: la propensione marginale al consumo
Se dal punto di vista dell'equità sociale l'abolizione della TASI sulle abitazioni di lusso ci lascia con l'amaro in bocca, c'è da sperare che almeno dal punto di vista squisitamente economico questa possa rivelarsi un'operazione vincente. Nutriamo, però, forti perplessità al riguardo. Da un lato, infatti, è certamente vero che detassare la componente più importante del patrimonio degli italiani potrebbe indurli a comportamenti virtuosi per rilanciare l'economia reale: incrementando i consumi, per esempio, o comprando più case (dando così ossigeno al settore edile del paese). E probabilmente l'effetto «annuncio» di questa manovra fiscale avrà di per sé un impatto positivo sulla fiducia degli italiani. Ma Renzi dimentica un concetto chiave dell'economia keynesiana: la propensione marginale al consumo. L'imposta sulla prima casa, infatti, è legata al valore del patrimonio immobiliare, che è correlato positivamente al reddito e al patrimonio famigliare. A risparmiare di più saranno perciò – come abbiamo già spiegato – soprattutto i proprietari delle abitazioni di lusso, cioè i più ricchi.

Perché la scelta di Renzi, oltre che iniqua, è anche inefficiente
E qui entra in gioco la propensione marginale al consumo di Keynes, la quale ci ricorda che oltre un certo livello di reddito le persone tendono più a risparmiare e a investire che a spendere. Con buona probabilità, quei 5mila euro di tasse risparmiate dal proprietario di una delle abitazioni di lusso esistenti nel Belpaese saranno depositati in banca, o investiti in borsa. Non entreranno affatto nel circuito dell'economia reale. Ma c'è di più: la maggior parte dei giovani sarà completamente estranea a questo vantaggio fiscale, perché non possiede una casa di proprietà, mentre dovrebbero essere proprio loro - i giovani - i destinatari di politiche virtuose per rilanciare l'economia nazionale. Purtroppo, tenendo conto di queste ragioni crediamo non solo che si tratti di una manovra fiscale sbilanciata a favore dei redditi più elevati (e quindi poco equa dal punto di vista sociale), ma anche che sarà poco efficiente dal punto di vista economico.