La Fed non alza i tassi. Quali conseguenze per l'Italia?
Le condizioni interne, dunque, erano tutte favorevoli a un rialzo dei tassi d'interesse, ma a fare la differenza sono state le variabili che si trovano al di là dei confini nazionali
ROMA – La Fed ha lasciato invariati i tassi d'interesse. Una scelta che fa tirare un sospiro di sollievo alle economie emergenti, ma che alimenta l'incertezza dell'economia internazionale. La presidente della banca centrale americana, Janet Yellen, ha riconosciuto infatti che la decisione è stata dettata dalle preoccupazioni per gli ultimi sviluppi dell'economia mondiale. Cosa significa questo per noi comuni mortali che non partecipiamo alle riunioni dell'alta finanza e cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
Lo status quo
Attualmente il tasso d'interesse americano si colloca a livelli «emergenziali», tra lo 0 e lo 0,25%. Da quando è scoppiata la crisi, gli Stati Uniti non hanno fatto che abbassare i tassi finché non sono arrivati prossimi allo zero: in recessione, infatti, l'economia reale ha bisogno di essere supportata tagliando il costo del denaro. Ora però, l'America sembra aver intrapreso un sentiero di crescita garantito e i fondamentali economici sollecitano una normalizzazione dell'economia monetaria: la disoccupazione è scesa al 5,1%, il Pil cresce al ritmo del 2,3% e l’inflazione è intorno all'1,4% (lontana - ma non troppo - dalla soglia del 2% che renderebbe la stretta monetaria inevitabile, tanto più che con l'aumento dell'occupazione si temono imminenti azioni sindacali per chiedere l'aumento dei salari). Le condizioni interne, dunque, erano tutte favorevoli a un rialzo dei tassi d'interesse, ma a fare la differenza sono state le variabili che si trovano al di là dei confini nazionali.
Perché la Fed non ha alzato i tassi
Si tratta di un duro colpo per la Fed: perché significa ammettere di non poter prendere le sue decisioni in completa autonomia. La Federal Reserve, infatti, non solo non è ancora la «Banca centrale del mondo» (se mai lo sarà), ma dipende più che in passato da quel succede fuori dei suoi confini. Soprattutto da quando il Dragone ha superato gli Stati Uniti nella corsa alla qualifica della più grande economia mondiale. Nel caso specifico, la scelta della Fed è stata dettata da un'asimmetria di rischi: alzare i tassi voleva dire rischiare di più rispetto alla possibilità di lasciarli invariati. Troppe le turbolenze all'orizzonte nell'economia internazionale - e la prima opzione avrebbe potuto causare uno tsunami sulle economie emergenti -, meglio dunque aspettare ancora e puntare sulla strategia «wait and see»prima di fare passi falsi. Da notare, però, che il board riunito per l’occasione non ha deciso all'unanimità: il voto contrario di Jeffrey M. Lacker ha fatto notizia perché rende testimonianza delle conflittualità in seno alla Fed.
L'Italia ci guadagna o ci perde?
Veniamo ora alle conseguenze che la scelta americana avrà per l'economia internazionale. I mercati emergenti, i più esposti ai contraccolpi di una stretta monetaria Usa a causa dell’enorme debito in valuta verde accumulato in questi anni, hanno tirato un gran sospiro di sollievo. Mentre la decisione di lasciare invariati i tassi ha innescato un netto deprezzamento del dollaro con l’euro, che si è riportato oltre la soglia di 1,14 e provocato una riduzione dei rendimenti dei titoli di Stato e la chiusura in leggero calo di Wall Street. Gli investitori hanno evidentemente preso atto dei timori espressi dalla Fed sui rischi imminenti dell'economia internazionale, e per questa ragione sembra profilarsi all'orizzonte una vera e propria rotazione di portafoglio verso il reddito fisso rispetto alle azioni. Quali saranno invece le conseguenze per il Belpaese di questa scelta intrapresa oltreoceano? D'impulso verrebbe da rispondere che per un paese come l'Italia, ostaggio del debitocentrismo, il fatto che i tassi americani siano rimasti invariati è una buona notizia: perché allontana anche qui il rischio di un aumento del costo del denaro, che farebbe lievitare ulteriormente il nostro debito pubblico. Tuttavia, il fatto che la BCE e la Fed mantengano invariati i tassi d'interesse è una decisione a conti fatti negativa. Perché il debito pubblico si riduce strutturalmente solo con una crescita robusta e un po' di sana inflazione, e al momento scarseggiano entrambe nell'economia nazionale. Servirebbero anche coraggio e fiducia per vincere la crisi, ma la Federal Reserve ha preferito a questi una paziente attesa e la via dell'incertezza.
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