8 maggio 2024
Aggiornato 15:30
Politiche europee

Draghi: «La politica monetaria non basta»

Un nuovo taglio a sorpresa, con cui allo 0,05 per cento i tassi di interesse dell'area euro non solo toccano il nuovo minimo storico, ma anche il minimo assoluto. Perché più giù di così non andranno, ha chiarito il presidente che avverte: senza riforme non c'è stimolo che tenga

FRANCOFORTE - Un nuovo taglio a sorpresa, con cui allo 0,05 per cento i tassi di interesse dell'area euro non solo toccano il nuovo minimo storico, ma anche il minimo assoluto. Perché più giù di così non andranno, ha chiarito il presidente Mario Draghi: quindi le banche non esitino ad avvalersi subito dei nuovi imminenti rifinanziamenti agevolati (e vincolati al riutilizzo nell'economia reale). In più l'Eurotower ha annunciato anche la data di inizio del programma di acquisti di titoli cartolarizzati (Abs) a cui lavorava da alcuni mesi: scatterà a ottobre.

DRAGHI, RIPRESA HA PERSO SLANCIO - Il tutto in risposta al deterioramento del quadro nell'area euro. L'inflazione è ulteriormente calata, le stesse attese generali del pubblico sull'inflazione futura si sono indebolite. E a partire da agosto «molti dei dati giunti hanno mostrato che la ripresa sta perdendo slancio», ha rilevato Draghi nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo. La Bce mette in campo una serie di interventi che prevede abbiano «un impatto rilevante sul nostro bilancio», ha detto.

SERVONO RIFORME IMPORTANTI - E che auspicabilmente abbiano effetti sensibili anche sull'economia. Ma qui Draghi ha subito messo le mani avanti. «Non ci sta stimolo monetario o fiscale che possa dare effetti in assenza di riforme importanti». E a chi gli obiettava che le riforme hanno costi sociali, e soprattutto costi in termini di popolarità per le maggioranze di governo che cercano di portarle avanti: «La mancanza di crescita non è essa stessa un costo? Lo vediamo con l'alta disoccupazione. In alcuni casi i salari di entrata sono ai livelli a cui erano agli inizi degli anni '80». Il messaggio di Francoforte è sempre più chiaro. La politica monetaria ha fatto la sua parte. Adesso tocca a governi e istituzione democratiche, con le riforme, creare le condizioni affinché la ripresa possa rafforzarsi e l'occupazione risalire.

LA REAZIONE DEI MERCATI - Intanto la manovra ha colto di sorpresa molti operatori. Va rilevato che alcuni analisti avevano pronosticato misure simili, ma molti altri invece scommettevano sul mantenimento dello status quo sui tassi. E la reazione dei mercati non si è fatta attendere. Soprattutto sui cambi valutari con l'euro precipitato al ribasso, fin sotto quota 1,30 euro per la prima volta da 14 mesi. Le Borse hanno segnato accelerazioni e i differenziali tra titoli di Stato, incluso lo spread Btp-Bund, si sono attenuati.

CONSENSO NON UNANIME -  Tuttavia il limite al quale la Bce può spingersi sembra sempre più vicino. Tanto che iniziano a farsi evidenti anche divisioni in seno al direttorio. Le ultime misure non sono state decise all'unanimità, per quanto Draghi abbia definito «confortante» la maggioranza che le ha appoggiate. «Si è discusso anche di un Quantitative Easing», un piano di acquisti generalizzati di titoli finanziari. «Alcuni hanno messo in chiaro che avrebbero voluto fare di più, altri volevano fare meno». Le misure decise sono state una sorta di via di mezzo.

LA QUESTIONE INFLAZIONE - Peraltro l'unanimità che il direttorio ha ribadito a più riprese, e oggi stesso, sulla determinazione a fare altro, se necessario e nell'ambito del suo mandato, per contrastare i rischi legati alla bassa inflazione «non è un assegno in bianco», ha proseguito Draghi. «Siamo unanimi negli intenti ma poi quando si decide ci possono essere punti di vista diversi».

AL RIBASSO CRESCITA E INFLAZIONE - C'è stata la «presa d'atto» - come il presidente l'aveva anticipata al simposio di Jackson Hole - sul peggioramento del quadro. La Bce ha rivisto al ribasso le attese di crescita economica sul biennio in corso e le attese di inflazione sul 2014. E poi ha deciso di agire «perché abbiamo visto crescere i rischi» di disallineamento delle attese di inflazione rispetto ai valori ritenuti coerenti con la stabilità. Ma queste attese di inflazione «restano ancorate» e Francoforte continua ad affermare che nell'area euro non c'è una vera e propria deflazione dei prezzi.

QUANTITATIVE EASING BLOCCATO - Insomma non c'è un quadro di una drammaticità tale da sbloccare l'ultima arma che i mercati pensano possa essere utilizzata: un massiccio piano di acquisti di titoli pubblici e privati. Non si sblocca il Quantitative Easing che Draghi ha riferito esser stato discusso. Porrebbe diverse problematicità e forse susciterebbe ulteriori irrigidimenti della parte di direttorio meno propensa a misure espansive, in particolare la componente tedesca.

NON BASTA POLITICA ECONOMICA - E anche qui torna a riproporsi il problema delle riforme strutturali. Perché sia nel direttorio che altrove, i critici alle misure espansive possono obiettare che a poco serve l'allentamento monetario in assenza di riforme. Non a caso forse lo stesso Draghi ha chiarito: in queste condizioni è difficile che la politica monetaria da sola possa centrare gli obiettivi di inflazione. «Serve anche crescita economica».