25 aprile 2024
Aggiornato 23:30
Lavoro, l'allarme dell'OCSE

«In Italia poco lavoro e di scarsa qualità»

Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico la disoccupazione non si ridurrà di molto prima della fine del 2015. Senza lavoro un giovane su 2. Il 70% dei contratti è a tempo determinato.

PARIGI - L'Italia dovrà attendere ancora per assistere a miglioramenti evidenti sull'elevata disoccupazione. Secondo le previsioni Ocse dello scorso maggio la crescita in resterà modesta nel corso del 2014 per aumentare lievemente nel 2015. «Il tasso di disoccupazione è cresciuto ancora per raggiungere il 12,6% nel luglio 2014, 2,4 punti percentuali sopra la media Ue, mentre risultava occupata solo il 55,5 per cento della popolazione in età da lavoro». Per questo, nel capitolo sulla Penisola contenuto nel rapporto annuale sul lavoro l'Ocse «non prevede che la disoccupazione si ridurrà di molto prima della fine del 2015».

POCO LAVORO E DI SCARSA QUALITÀ - Nel confronto con gli altri Paesi avanzati, «in Italia non è solo elevata la quota di disoccupati, ma anche quella di occupati con un lavoro di scarsa qualità», ha continuato l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nella scheda sulla Penisola contenuta nel rapporto annuale sul mercato del lavoro. «Il lavoro in Italia sembra essere caratterizzato da un basso livello di sicurezza, a causa dell'elevato rischio di disoccupazione e di un sistema di protezione sociale caratterizzato, rispetto alla media, da un tasso di copertura relativamente ridotto e da un contributo economico poco generoso per gli aventi diritto». Anche la qualità dell'ambiente di lavoro «è modesta», ha proseguito l'ente parigino. «Un alto numero di persone ritiene di lavorare in condizioni difficili e stressanti - si legge - caratterizzate da un elevato livello di pressione e dalla necessità di svolgere mansioni complesse con risorse limitate».

DA 2007 RADDOPPIATI GIOVANI DISOCCUPATI - Per quanto riguarda la disoccupazione giovanile, nel Belpaese è raddoppiata rispetto ai livelli precedenti alla crisi globale, e intanto, all'opposto di quanto avviene normalmente, è aumentata anche la quota di giovani totalmente inattivi: i «neet», quelli che non lavorano, non studiano e non seguono alcun tipo di formazione. In un quadro già non confortante del mercato del lavoro nella Penisola, i rilievi che l'Ocse fa sulla situazione dei giovani sono anche più allarmanti. La disoccupazione media in Italia ha raggiunto il 12,6 per cento, oltre due punti più alta del valore medio europeo. Ma se nella media dei paesi avanzati «tra gli individui attivi con meno di 24 anni ne risulta disoccupato circa uno su quattro», in Italia si raggiunge ben il 43,4 per cento. «La crescita della disoccupazione giovanile è stata particolarmente rapida in Italia, il tasso di disoccupazione è raddoppiato dal 2007», ha affermato l'ente parigino.

GIOVANI ITALIANI A RISCHIO STIGMA - «Questa tendenza - ha proseguito - si accompagna con l'ancor più preoccupante aumento dei giovani inattivi che non frequentano corsi d'istruzione. La quota di giovani non occupati e non in istruzione e formazione (Neet) è salita di 6,1 punti percentuali, raggiungendo il 22,4 per cento alla fine del 2013. Questa dinamica contrasta con quella della maggior parte dei paesi Ocse, in cui i giovani hanno reagito alle scarse prospettive occupazionali aumentando l'investimento in istruzione (e l'incidenza dei NEET si è, in media, stabilizzata), o quella di paesi come la Germania, in cui la quota di Neet è scesa più rapidamente rispetto al tasso di disoccupazione aggregato». L'Ocse ha avvertito che per i giovani italiani neet «cresce il rischio di stigma, cioè di subire un calo permanente delle prospettive di occupazione e remunerazione».

APPROVARE JOBS ACT E MODIFICARE ART 18 - Dal lato delle ricette, secondo l'ente parigino il «Jobs Act» elaborato dal governo guidato da Matteo Renzi va «approvato e reso operativo rapidamente in modo da ridurre i costi di licenziamento e, in particolare, ridurre l'incertezza sull'esito dei licenziamenti economici». Inoltre, secondo l'Ocse bisognerebbe procedere a modificare l'articolo 18 nella parte in cui prevede il diritto al reintegro in caso di licenziamento ingiustificato. «Una opzione sul tavolo - ha affermato infatti l'Ocse - consiste nella sostituzione (salvo nel caso di discriminazione) del diritto di reinserimento con un'indennità crescente con l'anzianità di servizio». Nuove norme di questo tipo dovrebbero poi essere applicate «allo stesso modo per l'interruzione di contratti permanenti e temporanei (anche se giunti a scadenza) come accade in Irlanda e nel Regno Unito».

TROPPI CONTRATTI TEMPO DETERMINATO - Secondo l'Ocse in Italia a seguito della «riforma Fornero» del 2012, il mercato del lavoro ha parzialmente ridotto la sua eccessiva dipendenza dai contratti atipici. «Ma le imprese tendono ancora ad assumere lavoratori giovani e inesperti solo attraverso contratti a tempo determinato. La quota di nuovi assunti con tale contratto è pari al 70 per cento, una delle più elevate tra i paesi Ocse. Pur rispondendo al bisogno di aumentare rapidamente l'occupazione, la recente liberalizzazione dei contratti a tempo determinato potrebbe condurre ad accrescere nuovamente il dualismo del mercato del lavoro», ha affermato l'ente parigino.