28 agosto 2025
Aggiornato 05:00
Lo stato di salute dell'economia meridionale

Crisi, il dramma del mezzogiorno

Pil in calo di 47,7 miliardi di euro, quasi 32mila imprese in meno, oltre 600mila posti di lavoro perduti, 114mila persone in cassa integrazione e quasi 2 giovani meridionali su 3 disoccupati. Questa la fotografia della crisi dal 2007 ad oggi secondo il Check Up Mezzogiorno elaborato da Confindustria e SRM sullo stato di salute dell'economia meridionale.

ROMA - Pil in calo di 47,7 miliardi di euro, quasi 32mila imprese in meno, oltre 600mila posti di lavoro perduti, 114mila persone in cassa integrazione e quasi 2 giovani meridionali su 3 disoccupati. Questa la fotografia della crisi dal 2007 ad oggi secondo il Check Up Mezzogiorno elaborato da Confindustria e SRM sullo stato di salute dell'economia meridionale.

Gli effetti della crisi sono «durissimi» e Confindustria chiede interventi «robusti».

Ci sono alcuni timidi segnali di vitalità dell'economia meridionale (che trovano riscontro in un clima di fiducia che torna lentamente a crescere), sottolinea il rapporto, che tuttavia non sono ancora sufficienti a compensare l'onda lunga degli effetti della crisi. «È necessario e urgente un robusto intervento per amplificare al massimo questi segnali positivi attraverso due azioni convergenti», si legge.

«È necessaria - prosegue Confindustria - la decisa attuazione delle riforme istituzionali e strutturali (fisco, energia, semplificazione, riduzione strutturale dei tempi di pagamento della PA) di cui l'Italia, in particolare il Mezzogiorno ha estremo bisogno, non solo per i benefici effetti sulla competitività, ma anche perché la loro effettiva definizione è la strada obbligata per dimostrare l'affidabilità del nostro Paese a livello europeo. A queste riforme deve accompagnarsi una politica economica chiaramente orientata allo sviluppo».

Se è vero che la spesa corrente ha ripreso la sua corsa (+5,7% nel Centro-Nord; +3,2% nel Mezzogiorno nel 2012), notevole è stata soprattutto la compressione della spesa in conto capitale (-9,5% al Sud). Di fronte a una caduta degli investimenti come quella osservata, la partita decisiva per il Sud si gioca perciò attorno a un pieno ed efficace impiego delle risorse della politica di coesione. L'esclusione dal Patto di Stabilità europeo delle spese cofinanziate e, di conseguenza, l'allentamento del Patto di Stabilità interno, rappresentano un nodo decisivo, per sciogliere il quale la credibilità del Paese è condizione fondamentale.

Nel recente Consiglio europeo di Ypres l'Italia ha posto con forza il tema della flessibilità nell'attuazione del Patto, ma entro l'autunno i meccanismi concreti con cui la flessibilità può essere applicata devono essere definiti, per non lasciare che questo primo risultato resti solo una petizione di principio.

«È obbligatorio - sottolinea ancora Confindustria - per gli stessi obiettivi di credibilità del Paese, non perdere nemmeno un euro delle risorse già a disposizione, e ancora di più far sì che ogni euro speso costituisca un effettivo volano di sviluppo. Secondo una stima di massima, utilizzando a pieno tutte le risorse per la coesione, comunitarie e nazionali, si potrebbero mobilitare nel Mezzogiorno oltre 14 miliardi di euro l'anno per i prossimi 9 anni, per favorire la competitività del tessuto produttivo e la propensione a investire, la sua apertura internazionale e la sua capacità di innovare, per migliorare la dotazione infrastrutturale e di servizi, per sostenere l'istruzione e le competenze dei cittadini meridionali; per recuperare e valorizzare un patrimonio naturale e culturale che costituisce insieme la maggiore risorsa inutilizzata e una delle migliori carte da giocare».

La riattivazione di un flusso di investimenti così impegnativo su tematiche così ampie rappresenta un impegno enorme, per affrontare il quale la neonata Agenzia per la Coesione dovrà rapidamente svolgere un ruolo decisivo, favorendo il miglioramento strutturale della capacità delle pubbliche amministrazioni del Mezzogiorno. È un impegno non più rinviabile su cui non sono ammissibili colpi di mano: l'idea che il risanamento dei conti pubblici possa essere messo, ancora una volta, a carico delle risorse per gli investimenti contribuirebbe a condannare, non solo il Mezzogiorno, ma tutto il Paese, a una lunga stagnazione.