5 maggio 2024
Aggiornato 22:00
Dopo la correzione di rotta sull'articolo 18

Ddl lavoro, Monti in trincea sulla riforma, ora i partiti «pesano»

Se il Premier può ora contare sul sostegno compatto del PD, la Cgil si limita a dare il suo ok alla reintroduzione del reintegro, confermando però lo sciopero generale, dal Pdl arriva un crescendo di recriminazioni. Marcegaglia: riforma «pessima»

ROMA - E' difficile il «day after» di Mario Monti, dopo la correzione di rotta sull'articolo 18. Se il premier può ora contare sul sostegno compatto del Pd, la Cgil si limita a dare il suo ok alla reintroduzione del reintegro, confermando però lo sciopero generale, dal Pdl arriva un crescendo di recriminazioni sulla eccessiva rigidità in entrata nel mercato del lavoro e la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia attacca frontalmente parlando di riforma «pessima». Parole alle quali il presidente del Consiglio risponde parlando al Tg1, ma per la prima volta da quando è in carica costretto a giocare di rimessa: «La presidente di Confindustria si prenda le sue responsabilità... Qualche mese fa non osavano nemmeno sperare una riforma del genere». Di fatto, il Monti di oggi sembra molto più un premier politico, costretto a replicare alle parti sociali e a fare i conti con le richieste della sua maggioranza, che non il 'tecnico' schiacciasassi conosciuto fin qui.

Le perplessità nel Governo - Del resto, già in occasione del Cdm che varò la prima versione del ddl lavoro diversi ministri (Fabrizio Barca, Corrado Passera, Andrea Riccardi, Renato Balduzzi) avevano sollevato perplessità sulla linea dello «scontro» con Pd e Cgil. Da questi ambienti si spiega che proprio questa dialettica interna al Governo, per la prima volta emersa in maniera così esplicita da quando Monti è in carica, ha contribuito molto alla correzione di rotta. Anche perché, viene fatto notare, Cisl e Uil, che inizialmente avevano provato a dare sponda al Governo sulla linea dura, hanno rapidamente fatto marcia indietro, di fronte al malessere delle rispettive «basi» e Luigi Angeletti era arrivato a chiedere il «licenziamento» del ministro Elsa Fornero.

Decisivo il ruolo di Napolitano - Inoltre, raccontano sempre fonti vicine ad alcuni dei ministri «dissidenti», decisivo è stato il ruolo di Giorgio Napolitano, fin dall'inizio vero garante di questo Governo. Di fronte alla reazione rabbiosa del Pd, il capo dello Stato è intervenuto in maniera decisiva (si ricordi la nota del Quirinale sulla necessità di limitare l'uso della fiducia) chiedendo al Governo di fare la riforma mantenendo la coesione. «Forse - ammette una fonte di governo - per la prima volta il Premier si è sentito un po' più isolato, con le spalle meno coperte...».