23 agosto 2025
Aggiornato 05:30
Il Governo e la riforma del mercato del lavoro

Lavoro, Monti: L'Aaticolo 18 non è un trofeo da esibire, ma l'estero osserva

Il Presidente del Consiglio: «Legame con lo spread? Direi che non è provato. Flessibilità e tutele per fare assumere i giovani». Di Pietro (Idv): «Una furbata incolpare gli operai, che c`azzecca l'articolo 18?»

ROMA - Il Governo non vuole modificare l'articolo 18 per avere un «trofeo» da esibire, né si può sostenere che ci sia una relazione tra mercato del lavoro e spread, ma è vero che all'estero si guarda con attenzione a questo tema. Lo ha detto il presidente del Consiglio Mario Monti, durante Rapporto Carelli su Sky: «Io sono della tesi che ciò che disciplina le assunzioni, i licenziamenti, non sia del tutto irrilevante né per i diritti dei lavoratori, né per l'incentivazione o la disincentivazione alle imprese per assumere».
«Detto questo - ha aggiunto - nessuno qui nel Governo è alla caccia di simboli da usare come trofei per dare dimostrazione del fatto che stiamo cambiando l'Italia e anzi cerchiamo di combattere le semplificazioni». Di sicuro, Monti ha negato che ci sia un nesso tra articolo 18 e spread, come era stato scritto qualche giorno fa sulla stampa: «Non credo sia empiricamente provato, perché per fortuna i punti di spread si sono ridotti e l'articolo 18 non mi risulta che l'abbiamo modificato». Resta il fatto che «è uno dei temi che vengono osservati dall'estero per una valutazione su come il mercato del lavoro italiano diventa capace di funzionare in modo un po' più simile ad altri paesi, come quelli nordici dove c'è più flessibilità e più tutela».

Flessibilità e tutele per fare assumere i giovani - Il Governo punta ad aumentare la «flessibilità», accompagnata da «tutele», per incentivare le imprese ad assumere i giovani. «Noi vogliamo togliere protezione ai soggetti protetti, per esempio nelle professioni le barriere d'entrata. E la riforma del mercato del lavoro mira a rendere più interessante, riducendo certi ostacoli, assumere giovani. Questo può venire solo con una maggiore flessibilità, accompagnata certo da tutele e ammortizzatori sociali».

Di Pietro (Idv): Una furbata incolpare gli operai, che c'azzecca l'articolo 18? - «Io spero che i risultati finanziari che stiamo ottenendo e dobbiamo ottenere non li paghino sempre i poveri cristi. Una cosa è far quadrare i conti, altra cosa è vedere chi paga materialmente il conto che, fino ad ora, è stato pagato sempre dalle fasce sociali più deboli. Con l'aggravante della pretesa di inserire nelle misure per far quadrare i bilanci anche l'art. 18 che, invece, come direbbe il vecchio Di Pietro, non c'azzecca niente. E' soltanto una prepotenza». E' quanto ha scritto sul suo blog il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro a proposito della riforma del mercato del lavoro.
«Che il presidente del Consiglio e Susanna Camusso si siano visti o no a me interessa poco. Anzi, più si vedono, più discutono e meglio è. Se tutto ciò avviene anche alla luce del sole, tanto di guadagnato. Il problema è un altro - ha aggiunto il leader IdV - stiamo facendo un piano di riforme per rendere più appetibile il sistema Italia nei confronti dei mercati nazionali e internazionali. Ma quali sono i veri problemi del nostro Paese? La corruzione generalizzata, la mala amministrazione, la burocrazia, il debito pubblico: tutte questioni che dovrebbero essere affrontate in modo più incisivo. Invece cosa dicono? Che bisogna andare a rendere più precario il lavoro che è già precario. Come se in questo modo si risolvessero i problemi. Agli imprenditori occorrerebbe una pubblica amministrazione in grado di rispondere alle loro esigenze in 48 ore e una burocrazia snella, in modo da favorire coloro che pagano le tasse. Occorrerebbe, inoltre, una maggiore certezza del diritto e, sicuramente, gli investitori arriverebbero. Invece cosa si fa? Si dice che la colpa è degli operai - ha concluso Di Pietro - una vera furbata. Potevo capire che la facesse il precedente esecutivo, ma il fatto che la faccia il governo Monti, che sa di cosa parla, rappresenta un'aggravante».