Fammoni: «In nome deregulation si attenta a diritti statuto»
«Forte depotenziamento art. 18, faremo di tutto per cambiare norme»
Deregulation a perdere per il mercato del lavoro. Le norme in materia di processo del lavoro inserite dal governo sono solo l'ennesima prova di come la semplificazione annunciata dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, si traduca soltanto in un taglio dei diritti. E' Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil, a criticare così le novità contenute nel ddl 1441-quater-A, annunciando l'avvio di una ferma opposizione del sindacato per riuscire a far modificare il provvedimento che contiene anche altre norme, già nel mirino del sindacato, dal taglio dei posti di decine di migliaia di lavoratori precari alla diminuzione dei diritti per i disabili.
«La teoria, illustrata all'inizio della legislatura di semplificare, deregolando, il mercato del lavoro si e' tradotta semplicemente in un'azione che toglie i diritti al lavoratore per sancire, tutte le volte, la supremazia dell'impresa», dice Fammoni ricordando i precedenti interventi del governo, «dalla cancellazione delle norme del Protocollo Welfare a quelle sul licenziamento dei precari con cause in corso». Una sequenza che dimostra come «per il lavoro ci sia solo da perdere».
Ma l'ultima manovra annovera una furbizia in più:«non mette in discussione l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori in quanto tale, ma, per una via obliqua, crea le condizioni per un depotenziamento della norma», aggiunge ricordando come l'intervento del governo di fatto lasci al giudice del lavoro «una funzione di verifica sulla legittimità degli atti relativi al licenziamento togliendogli quindi gran parte della possibilità di un intervento di merito».
«Di fatto l'intervento del giudice sarà solo per certificare la legittimità dell'atto», aggiunge. «Un vero e proprio depotenziamento dell'attuale diritto del lavoro che viene venduto come semplificazione. Il tutto senza nemmeno la parvenza di un confronto con le parti sociali», prosegue. «Mi pare che ce ne sia a sufficienza per dire che non solo non siamo d'accordo ma che faremo tutto il possibile, anche dopo l'approvazione parlamentare, affinché le norme siano cambiate».