Gli Champagne Beaufort gemellano Alassio con Monte Carlo
Gianluca Strobino, chef de La Salle Empire dell'Hotel de Paris di Montecarlo e Giorgio Servetto de La Locanda dell'Asino di Alassio hanno reso onore agli Champagne d'autore biodinamici di André Beaufort durante una riuscita serata tematica
ALASSIO - Quando si parla di vini biodinamici a molti viene già il prurito alle gengive ancor prima di metterci dentro il naso, nel senso che la filosofia Steineriana applicata alla coltivazione della vite e alla vinificazione dei suoi frutti spesso lascia perplessi i consumatori superficiali di Champagne, che nell'immaginario collettivo resta un vino esuberante, brioso e finalizzato ad una bevuta festosa, senza badare troppo alla ricerca mentale di chissà quale complessità olfattiva e palatale tra una bollicina e l'altra. Il famoso «perlage», quello che sintetizza la differenza tra uno Champagne grossolano da uno fine e complesso, anche a scapito della stessa «fontanella» di piccole bolle di carbonica che sgorgano simpaticamente anche dal sito del produttore.
CHAMPAGNE D'AUTORE - André e Jacques Beaufort, produttori biologici o biodinamici che dir si voglia, qualifica che va ormai oltre le mode, identificando un percorso di vita, sia del produttore che del consumatore, stanchi entrambi di solenni mal di testa dovuti ad eccessi di trattamenti chimici in vigna e poi in cantina. Ci si arriva per diversi motivi a questa scelta, in una evoluzione di pensiero che può nascere da una necessità fisica oppure da una semplice curiosità intellettuale. In questo caso il percorso inizia nel 1969, quando il produttore manifesta un'allergia per i prodotti di sintesi utilizzati in viticoltura. Da qui la conversione verso il biologico fino ad arrivare all'utilizzo di omeopatia ed aromaterapia nella gestione dei suoi vigneti piantati su soli 6,5 ettari, in parte a Polisy nell'Aube e in parte ad Ambonnay, classificato Grand Cru, e regno del pinot noir, prioritario nella composizione delle cuvée etichettate André Beaufort.
ICONOCLASTA - Non volendo volutamente scendere sul profilo strettamente tecnico, possiamo individuare questa maison di Champagne all'interno di una nicchia di produttori - e di conseguenza di consumatori - estremamente ristretta, sia per la confidenzialità della produzione, sia per il gravoso impegno cerebrale necessario al bevitore poco avveduto, o per meglio dire, meno preparato di fronte ad un vino che va parecchio fuori dai sentieri battuti, quegli schemi che si formano attraverso le degustazioni di vini che riflettono lo stile classico delle grandi maison di Champagne, quelle in grado di costruire vini avec bulles costantemente simili negli anni, e così fidelizzando una clientela che riconoscerà il proprio gusto attraverso un marchio; esattamente il contrario di ciò che cerca un piccolo produttore, esattamente il contrario di ciò che cerca un degustatore curioso e avveduto.
GLI CHEF - Di matrice e storia molto diversa, Gianluca Strobino e Giorgio Servetto si sono trovati per questa serata a quattro mani ad affrontare una tipologia di vino di non facile gestione, perché la stile "vinoso" di questi Champagne impone non frivolezze ma piatti di un certo peso specifico. Gianluca Strobino proviene dalle cucina dell'Hotel di Paris di Montecarlo, praticamente dalle origini della nouvelle vague di Palazzo condivisa con l'epoca Alain Ducasse, impegnandosi da quasi cinque lustri a consolidare una filosofia chiara all'interno dell'opulenta Salle Empire, e riproponendo qui un assaggio di quello stile essenziale che impone l'uso di verdure e pesce, rispettandone i singoli sapori, nella rigorosa dottrina dei tre elementi, senza coperture di troppi intingoli o salse. Giorgio Servetto è invece cuoco meno costruito dal punto di vista del rigore, quello che si può subire dentro una rigida scuola o nelle cucine di un inflessibile chef, quindi più spontaneo e meno orientato a seguire regole fisse, che in un Grand Hotel sono assolutamente necessarie, mentre in un piccolo albergo come il Baia Blu - Locanda dell'Asino, non sono fondamentali al fine di concepire piatti che possano giornalmente stimolare gli occhi e il palato di una clientela curiosa e meno compassata rispetto al cadre Grand Hotel.
LA SERATA - Il mix funziona, i piatti hanno il necessario peso specifico per reggere i vini, e di conseguenza il collegamento Liguria - Provenza - Champagne invita ad indugiare a lungo sul tema, augurandoci che il gemellaggio a tre non resti una singola iniziativa fine a se stessa ma che possa ripetersi, anche tenuto conto del -prevedibile- successo di pubblico