29 marzo 2024
Aggiornato 09:00
Formula 1

Leo Turrini al Diario Motori: «Cosa resta di Schumacher in questa F1»

Il giornalista e biografo del campione tedesco della Ferrari racconta la carriera del sette volte iridato a quattro anni dall'incidente, dai trionfi al dramma

Leo Turrini, oggi sono trascorsi quattro anni dall'incidente di Michael Schumacher. L'altro giorno Umberto Zapelloni, vicedirettore della Gazzetta dello sport, ha scritto sul suo blog un appello alla famiglia: «Diteci la verità sul suo stato di salute». Ti unisci anche tu?
Devo fare una premessa. Lui è un personaggio che fa parte delle nostre vite di appassionati di automobilismo, io ho avuto anche la fortuna di vedere praticamente tutti i Gran Premi della sua carriera dal vivo: dal Belgio 1991 al Brasile 2012. Ventuno anni, praticamente una vita. Ma su questo aspetto penso che si debba rispettare le volontà della famiglia. Spesso ci dimentichiamo che, purtroppo, non solo Michael vive questo dramma: quando pensiamo a lui dobbiamo sempre ricordarci anche dei tanti anonimi che si trovano nelle sue stesse condizioni. Se i suoi cari hanno deciso così, non da oggi – visto che in quattro anni è stato emesso un solo bollettino medico, il giorno successivo all'intervento chirurgico – significa che la loro volontà è fermissima ed è giusto che loro facciano ciò che gli sembra opportuno. Non abbiamo alcun diritto di sindacare.

Che tipo di eredità ha lasciato Schumi alla Formula 1 moderna?
Sicuramente è stato il pilota della svolta. Anche per via dello sviluppo tecnologico, è con lui che cambia completamente il modo di guidare. Già con Senna e Prost ci eravamo avvicinati, ma dalla seconda metà degli anni '90 il pilota di un'auto da Gran Premio diventa qualcosa di molto diverso dalla figura che immaginavamo: quasi uno scienziato nell'abitacolo. Pensa, solo per fare un esempio banale, alla quantità di manettini e pulsanti che ci sono sul volante oggi. Dall'era di Schumacher in poi, un pilota deve avere anche una componente intellettuale, ingegneristica, che in precedenza non era richiesta, perché le macchine erano diverse. Lui è stato il primo, il più abile, il più bravo a intuire questo cambiamento. Ricordati le tante vittorie costruite, insieme a Ross Brawn dai box, con la strategia della sosta in più, giocando molto sulla capacità di portare al limite la macchina.

Lui era capace di tenere un ritmo costante da qualifica.
Da questo punto di vista è stato un grandissimo. In più aggiungerei anche un'abilità metodica. Lo ha raccontato di recente Jean Todt: dopo aver vinto l'ennesimo dei suoi titoli mondiali, chiese di poter provare al più presto la macchina in pista a Fiorano perché voleva essere sicuro di essere ancora capace di guidare.

Questo getta una luce anche sulla componente umana che era molto forte in lui.
È stato unico. Per capire Schumacher, secondo me, bisogna rendersi conto che viveva per fare il pilota da corsa. Era nato per quello, aveva quel culto maniacale, quasi ossessivo, per il suo lavoro. Per esempio, fa parte della leggenda del personaggio che, quando arrivò in Ferrari, in occasione dei test a Fiorano che allora erano liberi veniva messo a dormire in un hotel nei paraggi del circuito, come tutti gli altri piloti. Fu lui che, visto che era sempre lì, chiese di poter dormire all'interno della pista. E per anni rimase nell'appartamento fatto costruire nei paraggi del box da Enzo Ferrari.

Del resto si impegnava senza sosta in queste infinite sessioni di test, senza mai stufarsi.
Nel salire in macchina, provare, testare in continuazione, evidentemente trovava la realizzazione, il completamento di se stesso.

Il senso della sua vita.
Bravo. Lo faceva sentire vero, felice. Attraverso gli anni aveva guadagnato delle cifre enormi, battuto ogni record, e mi meravigliavo di come non gli mancasse mai la voglia di restare in pista con i suoi.

Ma è stata proprio questa voglia di inseguire sempre la velocità, in ultima analisi, a portarlo purtroppo alla sua condanna.
Faccio fatica a darti una spiegazione. Ti può capitare anche mentre stai correndo nel parco dietro casa. Purtroppo si vede che lui era atteso da questo destino.

Chiudiamo con una suggestione. Se Schumacher salisse sulla Ferrari di oggi, potrebbe vincere il Mondiale?
Dovremmo capire come sarà la macchina dell'anno prossimo...

Diciamo quella del 2017, allora.
Ci sarebbe andato molto vicino. Con il talento che ha sempre avuto avrebbe lottato per vincere. Assolutamente sì.