19 aprile 2024
Aggiornato 11:30
Batteri intestinali, alimentazione e dieta

Voglia di «cibo spazzatura»? Arriva l’integratore che spegne il desiderio e fa dimagrire

Un nuovo integratore ideato da ricercatori londinesi sembra essere in grado di ridurre il desiderio di cibo e la quantità ingerita. Si tratta di una molecola naturalmente presente nell’intestino umano

LONDRA - Il cibo spazzatura, a dispetto del nome, è una delle classi di alimenti più consumati in Italia e nel resto del mondo. In realtà si tratta di prodotti poveri dal punto di vista nutrizionale, ma ricchissimi in fatto di sapore, aroma e spesso calorie. Ciò che li rende così attraenti al nostro palato è la presenza di additivi più o meno rischiosi per la salute, che tuttavia conferiscono una tale esaltazione del sapore che  li rende irresistibili. Quando si entra nel meccanismo del «cibo spazzatura», difficilmente si riesce a tornare indietro. Riuscireste per esempio a smettere di mangiare delle gustose patatine alla paprika, nonostante il vostro stomaco sia già abbastanza pieno? Probabilmente no: ciò che è contenuto all’interno continuerà ad aumentare il vostro desiderio di cibo. Per fortuna, però, alcuni scienziati hanno trovato la soluzione: un integratore che vi lascerà impassibili – o quasi – davanti a pizza, ciambelle, patatine fritte e tanto altro ancora.

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Un nuovo integratore
Alcuni scienziati londinesi del partimento di medicina dell’Imperial College, hanno dato vita a un nuovo supplemento alimentare: si tratta di un estere dell’inulina-propionato. Testandolo su circa una ventina di volontari è emerso che non solo le persone avevano un ridotto desiderio di cibo spazzatura, ma che quel poco che mangiavano era in porzioni decisamente più ridotte.

Una molecola prodotta da batteri intestinali
Il supplemento, ideato dai ricercatori dell'Imperial College di Londra, deriva da una molecola naturalmente prodotta da batteri intestinali. Questa comunica con il cervello donando un senso di sazietà e una mancanza di desiderio di ulteriore cibo.

L’idea nasce dall’inulina
Molti di voi conoscono senz’altro l’inulina, un tipo di fibra utilizzata da tempo come prebiotico – sostanza che alimenta i batteri probiotici. Da tempo si sapeva che l’inulina è direttamente coinvolta nell’aumento della produzione della molecola denominata propionato. La molecola che comunica al cervello il senso di pienezza e la riluttanza al cibo.

Il matrimonio dell’inulina con il propionato
Gli scienziati sono riusciti a dimostrare che modificando l’inulina, essa può contenere propionato dando vita a un composto denominato estere di inulina propionato. Questa pare fornire il giusto input per dire ai batteri intestinali di produrre circa 2,5 volte più propionato del normale.

Lo studio
Durante lo studio, ai 20 volontari è stato somministrato – in una prima fase - un frullato contenente 10 grammi di inulina proprionato. Nella seconda fase veniva aggiunta la sola inulina. Il tutto per verificare l’eventuale differenza dei due composti per l’influenza dell’appetito. I risultati non si sono basati solo ed esclusivamente sulle sensazioni espresse dal paziente, bensì anche da una scansione effettuata con MRI – una risonanza magnetica per immagini. Queste venivano eseguite mentre si mostravano ai volontari piatti più o meno invitanti: da una semplice insalata a un’invitante torta al cioccolato.

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I risultati dello studio
Dai risultati è emerso come i volontari che avevano ingerito il frullato contenente l’estere di inulina-propionato avessero un’attività minore nelle regioni cerebrali deputate alla ricompensa, ovvero il nucleo caudato e il Nucleus accumbens. Infatti, dai feedback ottenuti dai volontari, si è potuto constatare che loro stessi trovavano i piatti ad alto contenuto calorico decisamente meno attraenti rispetto al momento precedente, in cui non veniva assunto l’integratore.

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Meno pastasciutta
Nella seconda parte dello studio, è stato proposto ai partecipanti di mangiare tutta la pasta al pomodoro che desideravano. Senza alcun limite. Anche in questo caso è emerso che le persone che avevano assunto inulina-propionato avevano ridotto l’apporto calorico – e quindi il desiderio di pasta – di circa il 10 percento in meno rispetto alle persone che avevano assunto solo inulina. Ciò significa che l’integratore non solo diminuisce il desiderio di cibo spazzatura ma diviene anche un potenziale aiuto per la perdita di peso. «I nostri risultati precedenti avevano dimostrato che le persone che avevano mangiato questo ingrediente prendevano meno peso - ma non sapevamo perché», spiega Gary gelo, autore dello studio. «Questa ricerca fornisce il tassello mancante del puzzle - e dimostra che questo integratore può diminuire l'attività delle aree cerebrali associate alla ricompensa derivante dal cibo e allo stesso tempo diminuisce la quantità di cibo che mangiamo».

Le sole fibre non bastano
Come si è potuto notare, quindi, il consumo esclusivo di fibre alimentari come l’inulina non è sufficiente per ottenere risultati ottimali. «In questo studio abbiamo utilizzato una dose di inulina-propionato di 10 grammi, che è in grado di aumentare di 2,5 volte la produzione di propionato intestinale. Per ottenere questo effetto con il solo consumo di fibre alimentari, dovremmo assumerne circa 60 grammi al giorno, quando la media inglese si attesta sui 15 grammi al giorno».

Non tutti hanno gli stessi batteri intestinali
Il lavoro degli scienziati ha portato loro a pensare che non tutti possiedono lo stesso tipo di batteri intestinali, il che significa che alcune persone potrebbero produrre più propionato di altri, portandoli a evitare l’abuso di cibo spazzatura. Tutto ciò potrebbe spiegare perché per alcune persone mantenere la linea è molto più semplice. «Aggiungendo al cibo il supplemento – spiega il ricercatore Claire Byrne – possiamo controllare l’impulso a consumare cibi ricchi di calorie. I batteri intestinali di alcune persone producono spontaneamente più propionato di altre e questo potrebbe spiegare in parte perché alcune persone tendono ad ingrassare meno di altre […]. Se aggiungiamo questo agli alimenti si potrebbe ridurre il bisogno di consumare alimenti ad alto contenuto calorico». Chiaramente saranno necessarie ulteriori ricerche effettuate su larga scala per confermare le virtù dell’integratore. Ciò che è certo è che gli studiosi sembrano essere sulla buona strada. I risultati dello studio sono stati pubblicati in  The American Journal of Clinical Nutrition.