29 marzo 2024
Aggiornato 16:30
Mancanza di sonno e alimentazione

Dormi poco o male? Potresti avere molta voglia di cibo spazzatura

Dormire poco aumenta il desiderio di mangiare snack, panini, merendine, patatine fritte e cibo spazzatura in genere

Dormire poco aumenta il desiderio di cibo spazzatura
Dormire poco aumenta il desiderio di cibo spazzatura Foto: Lithian Shutterstock

Basta una sola notte insonne per desiderare di mangiare cibo spazzatura, ovvero alimenti che sono sì ricchi di sapore ma che forniscono solo calorie prive di elementi nutritivi importanti. O, peggio ancora, sono stracolmi di sostanze sintetiche. A ben leggere alcune etichette, infatti, sembra proprio che il cibo che abbiamo tra le mani lo abbia studiato un chimico piuttosto che un cuoco. Ecco cosa si rischia dormendo poco (e mangiando male), secondo i dati appena pubblicati sul Journal of Neuroscience.

La scarsa qualità del sonno fa sempre danni

Numerose ricerche scientifiche hanno messo in evidenza come una scarsa qualità del sonno possa mettere a repentaglio la nostra salute: si rischia di prendere peso, avere alterazioni ormonali, malattie cardiovascolari, declino cognitivo e una maggiore predisposizione al cancro. Ma ora, un nuovo studio, sembra aver dimostrato anche un importante ruolo nel desiderare cibo spazzatura. E, neppure a dirlo, proprio quest’ultimo aumenta il rischio delle stesse malattie.

Un problema di ormoni?

Secondo i dati ottenuti dalla nuova ricerca, l’alterazione ormonale derivante dalla mancanza di sonno, non avrebbe niente a che fare con il maggior desiderio di cibo spazzatura. In realtà, pare che la causa risieda in un cambiamento a livello cerebrale, proprio nell’area coinvolta con la ricompensa. «I nostri dati ci avvicinano un po’ alla comprensione del meccanismo alla base del modo in cui la privazione del sonno cambia la valutazione del cibo», spiega il prof. Jan Peters, dell'Università di Colonia (Germania).

Lo studio

Per arrivare a simili conclusioni, gli scienziati guidati da Jan Peters, hanno preso in esame 32 uomini sani di età compresa fra i 19 e i 33 anni. Tutti hanno mangiato a cena un po’ di pasta, seguita da una fettina di vitello, una mela e uno yogurt alla fragola. Dopodiché, al momento del sonno, metà dei volontari hanno indossato un dispositivo di rilevamento del sonno, mentre gli altri hanno dormito poche ore svolgendo diverse attività, tra queste anche giochi di società. La mattina dopo, al risveglio, tutti sono stati visitati al momento della colazione. A ognuno di loro sono stati misurati sia prima che dopo gli ormoni dello stress, i livelli di zucchero nel sangue e altri valori ematici.

Quanto sei disposto a pagare per quel cibo?

La mattina seguente, a tutti i partecipanti sono state mostrate immagini di snack (cibo spazzatura) e prodotti non commestibili (come tazze o cappelli) ed è stato chiesto loro quanto sarebbero disposti a pagare per mangiare quello che avevano mostrato (da 0 a 3 euro). Nello stesso momento è stata eseguita una risonanza magnetica funzionale per verificare l’attività cerebrale al momento del desiderio di un determinato cibo. La settimana successiva l’esperimento è stato ripetuto invertendo i gruppi (chi aveva dormito non dormiva più e viceversa).

I risultati

Dai risultati è emerso che la fame mattutina era identica sia se i volontari avessero dormito o meno. Anche i livelli di ormoni e glicemia erano simili. Tuttavia, in seguito alla privazione del sonno tutti erano disposti a pagare molto di più per del cibo spazzatura. Ma non solo: presentavano livelli molto più alti di una sostanza denominata des-acil-grelina, associata alla grelina – un tipico «ormone della fame». Dalla risonanza magnetica, poi, si è potuto costatare come i soggetti privati del sonno avessero una maggiore attività nell’amigdala (correlata alla ricompensa) e nell’ipotalamo (associato alla regolazione del consumo del cibo). Le interazioni tra queste due regioni aumentavano molto rispetto al momento in cui i partecipanti avevano dormito. Tuttavia, Peters sostiene che il legame tra mancanza di sonno e l’iperattività di tali zone è, al momento, sconosciuto. «Sappiamo che i cambiamenti in altri neurotrasmettitori come la dopamina si verificano dopo la privazione del sonno, quindi questo potrebbe essere un altro candidato», conclude lo scienziato.