19 marzo 2024
Aggiornato 12:00
MoVimento 5 Stelle

Scissione M5s preoccupa Letta e il PD, si teme Conte su «linea» Travaglio

Al Nazareno non nascondono il timore per quello che sta accadendo dentro i 5 stelle, fino a ieri in teoria il principale alleato con cui costruire la coalizione per le politiche del 2023

Giuseppe Conte e Luigi Di Maio
Giuseppe Conte e Luigi Di Maio Foto: Agenzia Fotogramma

C'è la soddisfazione per lo scampato pericolo, la maggioranza di governo che vota divisa su un tema centrale come l'Ucraina, ma anche la preoccupazione per le conseguenze della scissione M5s, sia sugli equilibri di maggioranza sia - in prospettiva - sul campo largo. Al Nazareno non nascondono il timore per quello che sta accadendo dentro i 5 stelle, fino a ieri in teoria il principale alleato con cui costruire la coalizione per le politiche del 2023. Enrico Letta, raccontano, rimane convinto della necessità di una rete di alleanze la più ampia estesa possibile, ma certo adesso le mosse di Giuseppe Conte diventano un'incognita e cresce il timore di un cedimento alla «linea-Travaglio» e alle sirene di Alessandro Di Battista.

Per quanto riguarda la risoluzione, il leader Pd si è speso in prima persona nelle ultime ore - insieme ai tre ministri dem, alle capigruppo parlamentari, ad Alessandro Alfieri - per arrivare ad una soluzione positiva sulla risoluzione. E, raccontano al Nazareno, «ieri sera a un certo punto abbiamo temuto che potesse saltare tutto». Letta, secondo quanto si apprende, ha spiegato tanto a Luigi Di Maio quando a Conte che la priorità non può che essere l'interesse nazionale in un momento come questo. Avere evitato voti contrari della maggioranza sulla risoluzione è sicuramente un risultato importante, ma questo non evita che in casa Pd sia scattato un «allarme rosso» sulla tenuta del governo: non dal punto di vista numerico, perché Luigi Di Maio dovrebbe avere sia alla Camera che al Senato numeri sufficienti a mettere in sicurezza la maggioranza, ma «è chiaro che dal punto di vista politico si rischia comunque un indebolimento».

Intanto, perché appunto tra Conte e Di Maio la rottura è anche sul piano personale e l'ex premier potrebbe essere tentato - nelle prossime settimane - dalla strada più drastica indicata dal Fatto quotidiano, quella dell'appoggio esterno se non dell'opposizione tout court. Inoltre, la rottura M5s trasforma la Lega nel primo partito della maggioranza e Matteo Salvini ha già cominciato a rivendicare il ruolo: «La Lega non è ossessionata dalle poltrone», ha detto. «Ci preme l'approvazione di decreti urgenti, come quelli su energia, carburanti e siccità». Letta si aspetta un Salvini sempre più incalzante sul governo nei prossimi mesi e questo certo non è tranquillizzante per il Pd, che ricorda ancora quando nel 2012 Berlusconi si sfilò dalla maggioranza per Monti.

Poi, appunto, c'è il tema delle alleanze. Il leader Pd confida che entrambi i duellanti abbiamo come riferimento il centrosinistra. Letta mantiene rapporti buoni sia con Conte che con Di Maio, ma è chiaro a tutti che ormai questo non è sufficiente. La grande incognita è proprio la linea che sceglierà Conte. Se il leader M5s dovesse scegliere la «linea-Travaglio» si porrebbe su un piano oggettivamente «incompatibile con la nostra prospettiva politica», dice un dirigente Pd. Letta sta costruendo il suo progetto su quelli che definisce «tre pilastri»: diritti civili, giustizia sociale, sostenibilità ambientale. E' convinto che si possa costruire un percorso comune su queste direttrici. Ma per il leader democratico c'è anche la «cornice», cioè l'Europa e l'atlantismo. Letta ha detto che su questo non si transige.

Altra incognita è quella sulle ripercussioni a livello locale della spaccatura M5s. Il Pd cercherà di evitare che i rappresentanti M5s in regioni e comuni facciano scelte di rottura rispetto al «campo largo» creato nei mesi scorsi. Ma il segretario si tiene anche alla larga dalla discussione sulla «svolta al centro» delle alleanze Pd, lasciare Conte per abbracciare i centristi. Intanto perché le dichiarazioni quotidiane di Carlo Calenda, dicono al Nazareno, «dimostrano che al momento il polo centrista è solo una suggestione giornalistica».

Ma poi, il segretario continua ad avere una visione diversa: è il Pd il perno della coalizione progressista, che deve comprendere tanto i partiti moderati quanto quelli a sinistra. E, da questo punto di vista, la tensione sulla risoluzione ha provocato anche qualche frizione con Leu: «Ieri sera - racconta un esponente Pd - a un certo punto erano più realisti del re, erano schierati con Conte». Un'altra questione che andrà chiarita nelle prossime settimane.

(con fonte Askanews)