26 aprile 2024
Aggiornato 00:30
L'intervista

Delmastro: «O Bonafede ha trattato con la mafia, oppure è inadeguato»

Il Deputato di Fratelli d'Italia Andrea Delmastro commenta al DiariodelWeb.it il caso Di Matteo-Bonafede e la sanatoria agli immigrati, che fanno tremare il Governo

Il Deputato di Fratelli d'Italia e avvocato Andrea Delmastro
Il Deputato di Fratelli d'Italia e avvocato Andrea Delmastro Foto: ANSA

Le questioni che fanno traballare il governo Conte, di questi tempi, non si contano. Pd e M5s discutono tra di loro sulla sanatoria per gli immigrati nell'agricoltura, sull'adozione del Mes, sul decreto Rilancio. Ma la più grande, e sicuramente la più discussa in questi giorni, è la polemica tra il magistrato antimafia Nino Di Matteo, oggi membro del Consiglio superiore della magistratura, e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, contro il quale l'opposizione ha presentato una mozione di sfiducia. Il DiariodelWeb.it ne ha chiesto le ragioni ad uno dei firmatari della mozione, il primo ad aver sollevato il caso alla Camera, il deputato di Fratelli d'Italia e avvocato Andrea Delmastro.

Onorevole Andrea Delmastro, che idea si è fatto del caso Di Matteo-Bonafede?
Ci tengo a rimarcare che io sollevai la questione e la portai in question time prima ancora che un solo mafioso uscisse di prigione. Perché il problema non nasce con la famosa circolare, bensì già con il decreto Cura Italia. C'era un cortocircuito logico: lo stesso governo che recludeva gli italiani in casa, senza colpe, poi emanava lo svuotacarceri. Come se il virus aggredisse diversamente gli incensurati rispetto ai pregiudicati. Se la misura migliore era quella dell'isolamento, allora il luogo più protetto era proprio il carcere: fatto che viene confermato anche statisticamente, visto che la popolazione carceraria è stata una delle fasce meno colpite.

Dunque, quella sua prima interrogazione cosa metteva in luce?
Che non veniva data una risposta all'emergenza coronavirus, ma all'emergenza rivolte nelle carceri. E questo è gravissimo. Il 7-8 marzo, ventidue istituti penitenziari d'Italia, con un sincronismo inquietante, entrano in rivolta, e molte procure aprono fascicoli, convinte che siano eterodiretti dalle criminalità organizzate. Di Matteo, di cui oggi si parla tanto, parlò di quell'articolo del Cura Italia come di un cedimento alla criminalità organizzata. Un altro membro del Csm, Sebastiano Ardita, metteva in guardia dall'effetto domino che avrebbe portato a far uscire i mafiosi. Di tutta questa narrazione io avvisavo nella mia interrogazione.

Risultato?
Il ministro diventa strumento inconsapevole della criminalità organizzata. La mafia ha ottenuto l'esito più importante nella sua lotta contro lo Stato: l'alleggerimento del carcere pesante per i boss. La circolare del Dap, che oggi Bonafede censura, allontanando Basentini, ne era solo la logica conseguenza.

Quindi adesso Bonafede non risolve un problema creato dai magistrati, ma fa solo marcia indietro rispetto ai suoi stessi provvedimenti.
Non c'è dubbio. Questo è il decreto di Bonafede contro Bonafede, che cerca di mettere una pezza. Anticipo, e sarò solo profeta di sventura, che non basterà comunque: il Cura Italia va semplicemente revocato.

Abbiamo un ministro della Giustizia che tratta con la mafia, o che non si rende conto delle conseguenze dei suoi provvedimenti?
L'ho detto anche in aula: per assolverlo dalla trattativa Stato-mafia, dobbiamo concludere che è assolutamente inadeguato. Ma questo è più che sufficiente per chiedere le sue dimissioni. Anche perché di questo fatto era stato avvertito, da me, dal Csm e perfino da Di Matteo, che all'epoca era ancora un suo riferimento.

Ma a proposito di Di Matteo, perché si è svegliato ora con queste gravi accuse, dopo due anni dalla nomina proposta e poi ritirata a capo del Dap?
Quello è uno scontro tutto interno alla galassia giustizialista dei 5 Stelle, che non mi appassiona. Dico solo una cosa: Di Matteo non è certo un mio idolo. Ma se avessi saputo, come sapeva Bonafede, che i mafiosi erano scontenti alla sola ipotesi della sua nomina al Dap, allora il suo sarebbe stato il primo nome che avrei proposto. Anche questo aspetto, il ministro lo dovrebbe spiegare, e non lo ha ancora spiegato.

Questa è solo una delle questioni che fanno traballare il governo in questi giorni. Un'altra è quella della sanatoria degli immigrati.
Di fronte alla quale siamo orripilati. La sanatoria nasce per l'agricoltura, e proprio per quel comparto noi di Fratelli d'Italia avevamo proposto di abolire il decreto Dignità e reintrodurre i voucher, non a garanzia degli imprenditori ma dell'occupazione. Con una crisi economica così devastante, piuttosto che caricarsi il rischio di un contratto a tempo indeterminato, le aziende licenziano. Ma questa compagine di governo, che sui temi economici e del lavoro è evidentemente di estrema sinistra, preferisce rivolgersi alla batteria di riserva di 600 mila immigrati. Agli italiani la sentenza.

E la sua, di sentenza, qual è?
Devastante. Loro scherniscono il nostro slogan «prima gli italiani», ma mi sembra che il loro sia «prima i clandestini». Anche facendo finta che siano cori da stadio, se dovessi scegliere in quale delle due curve mettermi, non avrei dubbi. Ma non ci vanno di mezzo solo gli italiani: ci sono moltissimi cittadini comunitari che vorrebbero venire in Italia, regolarmente, a lavorare come stagionali nell'agricoltura e noi gli diciamo di no, perché li abbiamo sostituiti con un esercito di clandestini.

L'ultima bomba innescata nel governo è quella del Mes, sul quale il Pd è fortemente a favore e il M5s ancora non si è capito bene.
La correggo: non è una bomba per il governo, ma per l'Italia. Credo che i 5 Stelle ormai abbiano già abdicato, è evidente anche dalla retorica. Coloro che dovevano andare in Europa a liquidare il Mes oggi si apprestano a fare gli scendiletto della troika, apparecchiando la tavola italiana, con la scusa delle «condizionalità leggere». Le condizionalità ci saranno, dal momento che per ora le certezze riguardano solo il primo anno. La maggioranza è tutta d'accordo e il M5s ha perso ogni credibilità: questo è il peggior epitaffio morale sulla loro parabola politica.

Quanto al decreto Rilancio, siamo ancora a livello d'indiscrezioni. Le misure economiche che stanno preparando le sembrano adeguate?
Assolutamente no. Anche se i fatti corrisponderanno agli annunci, sarebbe comunque un decreto penoso e inadatto ad affrontare la crisi. C'è troppo poco sulla contribuzione a fondo perduto per le imprese. Ci sono troppi pochi sforzi per le partite Iva, che prenderanno meno del reddito di cittadinanza. C'è troppo poco per immaginare istituti di riconversione industriale, che facciano galleggiare le nostre aziende più grosse. C'è troppo poco per creare uno scudo contro le acquisizioni proditorie internazionali di asset strategici o marchi storici italiani. E non c'è nemmeno un'idea di fondi di rilocazione industriale. Abbiamo scoperto che le catene di produzione troppo lunghe sono terrificanti, perché permettono di ripartire solo quando ripartiranno tutti i Paesi in cui si trovano i vari segmenti. Questa è una grande ipoteca sul futuro della globalizzazione e dovrebbe indurre a ragionamenti su come riportare in patria l'intera filiera dei settori strategici. Su questa partita il Giappone ha previsto una miriade di contributi a pioggia; da noi non si è neanche aperta la discussione.