27 aprile 2024
Aggiornato 20:00
L'intervista

Giovanni Zibordi: «Il gas russo costa poco. Ma noi compriamo quello che costa dieci volte di più»

L’economista e trader Giovanni Zibordi spiega al DiariodelWeb.it i veri motivi del caro energia e perché l’Italia è il Paese che sta pagando il prezzo più alto

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Logo di Gazprom Foto: Sputnik

«L'ha sentita la barzelletta che circola? Due senzatetto si incontrano e uno chiede all'altro: 'Come sei finito sotto un ponte?'. E lui: 'Mi ero scordato le luci di casa accese...'». Prova a sdrammatizzare, Giovanni Zibordi, in apertura del nostro colloquio. Ma lui, economista e trader, tra i più esperti nell'analisi del mercato dell'energia, sa meglio di chiunque altro quanto la situazione del caro bollette stia diventando drammatica. Oltre a essersi fatto un'idea piuttosto precisa sulle cause scatenanti. Così le ha raccontate a noi del DiariodelWeb.it.

Giovanni Zibordi, in parole povere, ci spiega come mai il prezzo del gas è esploso a questi livelli?
Di gas ce n'è di due tipi. Quello che arriva con il gasdotto dall'Algeria, dalla Russia e un po' dalla Norvegia e dall'Azerbaigian. In dieci anni si costruisce il tubo, si stipula un contratto che dura per altri dieci anni e ti inviano il gas. Quello russo costa piuttosto poco, intorno ai 20 euro al MWh, è sempre stato così per un decennio.

Ma poi è scoppiata la guerra.
I governi europei hanno sanzionato i russi e sequestrato i soldi che avevano in banca, per un totale di 500 miliardi, e hanno dichiarato la loro intenzione di non comprare più né gas, né diesel, né petrolio dalla Russia. In compenso hanno mandato armi all'Ucraina. La Russia, dal canto suo, ha ridotto le vendite di gas, ma eravamo noi europei che volevamo farne a meno. Da quasi il 40% del totale l'abbiamo ridotto al 10.

E al suo posto?
Compriamo il secondo tipo di gas. Quello che viene da Stati Uniti o Qatar, è più scarso, deve essere liquefatto, caricato su una nave, poi viaggia e all'arrivo è rigassificato. E quindi è molto più costoso: dieci volte di più.

Quindi il succo della vicenda è: avremmo a disposizione il gas russo a 20 euro e decidiamo di comprare quello americano a 200.
Esatto. Non è mai successo nella storia dell'economia mondiale che il costo di una materia prima aumentasse di dieci volte. Al massimo poteva raddoppiare o triplicare, ma qui stiamo parlando di un'esplosione del 1000%. Perché quello del gas non è un vero mercato, ottenerlo è piuttosto complicato. I governi europei hanno detto che erano disposti a pagare qualunque cifra e i venditori li hanno presi in parola.

Qual è il motivo di questa scelta apparentemente suicida?
Che in ballo c'è una cifra enorme. Per l'Europa è stata calcolata tra i 1500 e i 1900 miliardi. Per l'Italia 150-180 miliardi. L'8% del nostro Pil. Anche perché noi siamo il Paese che brucia più gas per produrre elettricità, avendo tagliato carbone e nucleare che sono più economici.

E chi ci guadagna?
Innanzitutto le società americane o quelle degli sceicchi mediorientali, che vendono il gas liquefatto per nave. E ce lo vendono a un prezzo cinque volte più alto rispetto a quello del loro mercato interno. Ma anche i russi guadagnano qualcosa.

In che senso?
Che non sono completamente stupidi. Anche loro cercano di caricare il proprio gas sulle navi e di venderlo. Si sono lette notizie secondo cui la Russia vende il gas liquefatto alla Cina che poi lo riporta in Olanda e ce lo vende, triplicando il prezzo.

Ci facciamo prendere in giro, insomma. E poi?
Poi ci sono quelli che comprano il gas e lo rivendono. Il 55% del mercato è in mano all'Eni, poi c'è anche la francese Edison. Ho provato a far notare che alle aziende italiane fanno pagare l'energia dieci, quindici volte di più che nel resto d'Europa. Il motivo è un vero buco nero.

Cioè?
Non si può parlar male dell'Eni. Ho provato a scrivere articoli critici, ma non vengono accettati. Tutti i consulenti esperti di energia in Italia hanno ricevuto contratti di consulenza da loro, o li riceveranno.

Ma è riuscito a vederci qualcosa in mezzo a questo buco nero?
Loro hanno dei contratti di fornitura con la russa Gazprom, firmati anni fa. Ai clienti, per contratto, lo fanno pagare un prezzo stabilito dal mercato olandese, che si riferisce però a quello liquefatto per nave, non a quello che arriva in Siberia con il gasdotto. Sono due gas diversi. Io ho provato a scrivere che secondo me loro non lo pagano in base a quell'indice, anche se questo dato non viene rivelato.

Ed Eni cosa risponde?
Il direttore finanziario ha rilasciato un'intervista un po' ambigua, dichiarando che «la maggior parte dei contratti è in larga parte indicizzato» in base al mercato olandese del gas liquefatto. Un gioco di parole. Se, ad esempio, il 60% dei contratti sono legati a quell'indice per il 60%, facendo i conti significa che loro pagano solo un terzo del gas a quel prezzo.

In sostanza c'è in atto una clamorosa speculazione sulle spalle delle imprese e dei cittadini. E i politici cosa fanno per contrastarla?
All'estero qualcosa hanno fatto. In Germania la Uniper, la società che fa il lavoro dell'Eni doveva faceva pagare un prezzo bloccato: ma siccome di gas russo ne è arrivato di meno e hanno dovuto comprarne gran parte in Olanda, sono falliti, e il governo li ha nazionalizzati spendendo 15 miliardi. In Francia hanno fatto qualcosa di simile: hanno messo un tetto agli aumenti e nazionalizzato l'Edf. In Spagna sono intervenuti per calmierare: il loro prezzo si è alzato, ma è comunque meno di un terzo del nostro.

E in Italia? In campagna elettorale di questo tema si discute tanto, ma cosa è stato fatto in concreto?
Draghi ha stanziato in tutto una quarantina di miliardi per le famiglie a basso reddito, abbastanza pochi. Per le imprese non si è ancora capito: dovrebbe tirarne fuori 100-130, ma ha detto che non vuole. La nuova premier inglese, Liz Truss, ha annunciato una cifra mostruosa per sovvenzionare l'energia a tutti: 180 miliardi in deficit. Quindi noi italiani siamo quelli che fanno meno.

Si parla di mettere un tetto europeo al prezzo del gas liquefatto: sarebbe una soluzione?
Non ha senso, perché in quel caso i fornitori semplicemente venderebbero il loro gas altrove. Soprattutto in Asia, che ha meno gasdotti di noi.

La morale è che con le sanzioni alla Russia ci siamo tirati la zappa sui piedi da soli.
Abbiamo creato una scarsità artificiale di un bene che scarso non è. Se domani ci decidessimo a trattare con i russi, andassimo da Gazprom e gli chiedessimo di venderci il loro gas, ce lo venderebbero e la crisi sarebbe finita. Purché dopo non gli sequestriamo di nuovo anche quei soldi…