19 aprile 2024
Aggiornato 19:30
Tav

Tav, il primo nodo da sciogliere per Conte: tagliare le grandi opere o rompere gli accordi europei?

Il M5s porterà al mondo No Tav lo scalpo della Torino-Lione il prossimo 26 luglio, in occasione del Festival dell'Alta Felicità in Val Susa?

Luigi Di Maio con la sindaca di Torino Chiara Appendino
Luigi Di Maio con la sindaca di Torino Chiara Appendino Foto: ANSA/ALESSANDRO DI MARCO ANSA

ROMA - Ci saranno anche i ministri, nonché i capi politici del M5s, al prossimo Festival dell'Alta Felicità in Val Susa, previsto dal prossimo 26 luglio? Il Tav ha i giorni contati? Una settimana di incontri e concerti a Venaus, poco distante da Susa, che nelle precedenti edizioni hanno visto la partecipazione di decine di migliaia di persone: questo potrebbe essere l'anno in cui il M5s, nato anche da una costola del movimento No Tav, porterà lo scalpo della più controversa delle grandi opere. Le decine di artisti e cantanti che interverranno dal 26 al 29 luglio dovranno confrontarsi con il convitato di pietra principale: l'attesa per un annuncio. Perché se su tutte le altre proposte del governo pentastellato si possono trovare difficili equilibri, sul Tav vie di mezzo non sono possibili: o si fa, o non si fa. 

I dati prodotti da Gentiloni e Delrio
Non dovrebbe avere scampo la più combattuta delle grandi opere, il tunnel di base della Torino-Lione. In un documento prodotto dalla presidenza del Consiglio nello scorso novembre, quindi afferente al precedente governo guidato da Paolo Gentiloni, veniva certificata nero su bianco l'inutilità della galleria da 56 km, doppione di una già esistente e funzionante:

«Non c’è dubbio infatti che molte previsioni fatte quasi 10 anni fa, in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione Europea, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica di questi anni che ha portato anche a nuovi obiettivi per la società, nei trasporti declinabili nel perseguimento di sicurezza, qualità, efficienza […]. Lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni, e nessuna persona di buon senso e in buona fede può stupirsi di ciò. Occorre quindi lasciare agli studiosi di storia economica la valutazione se le decisioni, a suo tempo assunte, potevano essere diverse […]».

Un passaggio vagamente surreale, come l'intera storia della Torino-Lione, in cui si dice che il traffico merci, non solo ferroviario ma complessivo, è di fatto una frazione di quanto si immaginava: ma non importa, l'opera si farà ugualmente per qualche ragione oscura, dogmatica. Lo studio governativo, in definitiva, evidenzia come la linea storica sia più che sufficiente rispetto alla reale portata del flusso di traffico in essere, senza dimenticare che l'alta velocità passeggeri da anni transita quotidianamente sulla tratta Pargi-Milano. Lo studio, che non ha ovviamente avuto alcuna smentita da parte dei vari proponenti, potrebbe essere la pietra tombale che servirà al neo ministro Toninelli per chiudere un dossier che il suo partito ha nel mirino da molti altri. Il ministro ha sostenuto che nei prossimi giorni valuterà il rapporto tra costi e benefici dell'opera, e quindi, se deciderà in base al documento prodotto dal precedente governo, non dovrebbero esserci molte possibilità di sopravvivenza. Per uno strano gioco del destino il M5s ha nella faretra le frecce costruite dai suoi avversari politici, e sarà solo una questione di resistenza alla vasta lobby che vuole portare a compimento i lavori. Lavori che, vale la pena ricordare, al momento sono lontani perfino dall'inizio dello scavo del tunnel di base, dato che sono state concluse solo opere geognostiche in Val Clarea.

Neokeynesismo
L'opera necessita di 8,4 miliardi di euro – al momento ne sono stati spesi 1,4 - pagati in misura maggiore dall'Italia nonostante lo sviluppo della galleria sia maggiormente presente in Francia: ma tant'è, è noto che all'origine della volontà francese, sempre più traballante peraltro, di costruire la Torino-Lione vi era un accordo politico tra la sinistra francese e la sinistra italiana. Entrambe adoranti di nuove forme di neokeynesismo, ovvero mega investimenti pubblici, a debito – retaggio del gigantismo sovietico – aventi la distruttiva caratteristica di essere ad alta intensità di capitali e scarsa intensità di lavoro. Un governo che sarà alla disperata ricerca di capitali per finanziare le sue politiche espansive, in particolare il M5s e il suo reddito di cittadinanza – di cui si sta parlando sempre meno – ha tre scelte: rompere con tutti i parametri di bilancio europei, tagliare gli sprechi e recuperare risorse, entrambe le soluzioni. Delle tre opzioni solo la prima rappresenta un azzardo: basti pensare al perdurare del differenziale sui titoli di stato, volgarmente spread, che ostinatamente continua a crescere: pistola puntata alla tempia del nuovo governo, carica. In ogni caso il nuovo governo dovrà procedere verso un conflitto se vuole trovare le risorse da investire nel rilancio della domanda aggregata, soprattutto al sud: o si tagliano gli sprechi in Italia o ci si scontra con l'Europa e la Bce.