Il distacco dalla realtà di (Re)nzi. A Palazzo Chigi come fu a Versailles
Il presidente del consiglio Claudio Gentiloni non riesce a coprire l'ingombrante padrino politico, desideroso come non mai di rifarsi subito
ROMA - Scherzano con il fuoco i renziani che hanno scelto si sfidare apertamente il popolo. Come tutti i monarchi non si rendono conto della rabbia che serpeggia nel paese: rabbia sorda e rancorosa, che dopo il voto referendario doveva essere stemperata. Giunge invece una secchiata di benzina da Roma che lascia senza parole e apre le porte a prospettive di rivolta sociale.
Diagnosi psichiatrica
Sono necessari gli strumenti della psichiatria per valutare la formazione del governo Gentiloni. Probabilmente ci si trova di fronte ad un disturbo narcisistico grave, oppure ad una distorsione, o dissonanza, cognitva potente. Manca la diagnosi precisa, ma non si può eludere da alcuni dati di fatto. Il 4 dicembre, 20 milioni di italiani meno 368, ovvero una maggioranza abbastanza evidente ai più, hanno avuto la sensazione che vi sia stato uno strappo, una lacerazione potente. I 368 che non hanno avuto questa sensazione sono i parlamentari che ieri hanno votato il primo governo fotocopia della repubblica. Per costoro non è successo nulla, e quella del 4 dicembre è stata solo una bella domenica di sole. In questo gesto politico vi è la tipica arroganza renziana della sfida aperta, la volontà di potenza, il gusto per il plateale distacco dal popolo. Matteo Renzi, cioè il vero capo del governo in carica, come un bullo della scuola media ha deciso di parlare sopra la voce degli italiani che dieci giorni fa hanno espresso un voto contro di lui: dopo questo tempo si può ammettere che le schede infilate nell’urna in massa erano prettamente una valutazione del suo lavoro, e non un giudizio sulla riforma della Costituzione. Molte parti di quella riforma non erano male ma, con evidente ragione di causa, gli italiani hanno voluto fermare lui e i 368 che gli hanno rivotato la fiducia al suo governo.
Dietro Gentiloni l'ombra totemica di Renzi
Certo oggi al suo posto c’è un signore pacato che si chiama Claudio Gentiloni, ma sullo sfondo è evidente la figura incombente dell’ex giovane premier, che furbescamente tenta di dissimulare la sua presenza totemica. Si può solo immaginare a questo punto cosa sarebbe accaduto se avesse vinto: un delirio di onnipotenza incontrollato. Riproporre un governo fotocopia, con figure incompetenti, e antipatiche, come Maria Elena Boschi o Marianna Madia, è dimostrazione plastica di volontà di potenza, di bullismo. La prima è stata addirittura promossa, nonostante le promesse di «abbandono della politica andiamo a casa» espresse durante la campagna elettorale recente. E che dire del ministro Poletti, del suo Jobs Act che sta svalutando il lavoro a livelli da est Europa, trascinando coloro che erano sicuri nell’insicurezza, e quindi nella scarsa propensione al consumo? Il ministro Alfano viene anche lui promosso, e passa dagli interni agli esteri, non si capisce per quali meriti. Ecco, i casi quindi sono due: o questi personaggi si sono valutati, e hanno deciso che nonostante il disastroso passato meritassero un dieci e lode, oppure in loro c’è la volontà di dimostrare a quei venti milioni di italiani che li hanno bocciati chi comanda. Renzi è chiaramente il «marchese del Grillo» di Monicelli: «Perché io sono io, ma voi non siete….» .
Obama sempre in sella per il Pd
Dagli Stati Uniti giungono le congratulazioni di Obama per il nuovo governo, ed è triste vedere la fase finale della parabola del primo presidente nero della storia statunitense. E tra i ministri che si sono assicurati altri quindici mesi di pacchia c’è compiacimento per le parole del presidente in carica. Tace invece il presidente eletto, Donald Trump, impegnato a bloccare lo scandalo degli F35, mangiatoia globale che il governo che si è appena riprodotto per autopoeisi ha sempre sostenuto. Rimane il dubbio clinico: coloro che in queste ore si fanno immortale sorridenti come non mai in scatti che poi offrono agli italiani inferociti, hanno piena padronanza di sé? Tornano in mente i celebri croissant di Maria Antonietta, offerti alla donne giunte sotto Versailles con le picche impugnate. E’ evidente che il distacco tra chi vive nella Versailles di Montecitorio e la realtà è ormai abissale: non bastano le riflessioni notturne pubblicate su Facebook in cui si fa leva sul lato emotivo grazie a coperte rimboccate ai figli dormienti, tavernette da conquistare e lacrime: perché poi, nonostante la bravura dei ghost writer, viene fuori il lato violento della personalità che connatura Matteo Renzi.
Renzi pessimo scacchista
Dove questa sfida possa giungere non è chiaro: in termini temporali sicuramente fino al 2018, ovvero quando scadrà la legislatura. Rimane il dubbio che Renzi voglia aumentare ancora la portata del suo autoritarismo ormai manifesto, con l’approvazione di leggi socialmente conflittuali. Il personaggio, in ogni caso, non risulta una abile giocatore di scacchi: aveva la possibilità di uscire di scena momentaneamente e far così decantare l’acrimonia che serpeggia nel paese verso di lui. Una parte del popolo italiano, e soprattutto un determinato elettorato di centro sinistra, aspetta un minimo gesto di umiltà da parte sua per perdonarlo e riaccoglierlo. Renzi, come tutti i megalomani, è incapace di pianificare: e quindi ha pensato bene di rispondere con la massima arroganza alla bocciatura elettorale. Perderà malamente e velocemente la sua partita giocata senza difesa e tutta in attacco.