La novità? Una destra a 5 stelle che chiede le urne per rottamare il Nazareno
Sul tema delle elezioni anticipate sono i lepenisti e i grillini a insistere più di tutti sul ritorno immediato alle urne. Non solo: su sovranità, euro e difesa della piccola media impresa c'è terreno fertile per una coalizione
ROMA - Tutti al (quarto) governo (non votato)? No, tutti in piazza se non si vota. Matteo Salvini, negli istanti in cui Matteo Renzi faceva il suo ingresso al Colle per formalizzare le dimissioni da premier, su questo è stato chiaro: «Tra una settimana, se non ci saranno risposte chiare sul voto, noi scendiamo in piazza: il 17 e il 18 dicembre siamo pronti per una raccolta firme per elezioni subito». Per il segretario della Lega «questa è la nostra risposta a Renzi e Mattarella se pensano di farci perdere ancora del tempo». Dello stesso avviso è Giorgia Meloni: «Noi non sosterremo nessun governo, nessuno inciucio o esecutivo che nasca da giochi di palazzo», ha spiegato la leader di Fratelli d’Italia indicando allo stesso tempo nelle modifiche all’Italicum – con un tavolo comune da aprire tra gli alleati - la strada più veloce per dotare subito, senza la «trappola inciucista» del governo di scopo (quanto lessico da Prima Repubblica in questi giorni…), il Paese di una legge che recepisca quello che viene chiamato il fumus di incostituzionalità oggetto della sentenza della Consulta.
Nuova strategia «d’anticipo»
Ancora prima delle consultazioni ufficiali con Sergio Matterella il messaggio dell’asse Lega-FdI è stato il seguente: non è possibile far scontare al Paese il congresso permanente del Pd. «Noi non intendiamo far passare inutilmente ore e settimane – ha attaccato Salvini -. Vogliamo che gli italiani votino il prima possibile. Renzi continua a prenderci in giro: noi non siamo disponibili ad alcun governo di larghe intese e non intendiamo sprecare ancora giorni in sterili dibattiti su questioni assolutamente irrilevanti». Salvini e Meloni, dunque, continuano nella strada intrapresa durante tutta la campagna per il «No»: scardinare il meccanismo messo in piedi dall’attuale presidente emerito Giorgio Napolitano e insistere sulla necessità che emerga al più presto un governo espressione diretta della volontà popolare. Un’attività frenetica ma efficace questa dei due sovranisti, se ha costretto Silvio Berlusconi – guardingo e combattuto fino a pochi giorni dal referendum – a uscire allo scoperto e a spendersi pienamente per il «No», in modo tale da non lasciare troppo campo aperto alle incursioni dei due giovani alleati.
La novità? Destra a 5 Stelle
Incursioni che – tra la convocazione delle primarie, i tour con Giovanni Toti come guest star e adesso la campagna sul «voto subito» – hanno determinato come conseguenza una centralità nel dibattito pubblico di Salvini e Meloni sul post-referendum che non ha lasciato indifferenti nemmeno dalle parti del MoVimento 5 Stelle. Non solo, infatti, sul tema delle elezioni anticipate sono proprio i lepenisti e i grillini a insistere più di tutti sul ritorno immediato alle urne: una condivisione accettata da ambedue le parti senza reciproche sconfessioni, anzi. Ma anche la probabile vittoria dei 5 Stelle con l’attuale legge elettorale potrebbe aprire degli scenari inediti, se è vero che proprio un uomo vicinissimo alla Casaleggio Associati come Max Bugani ha ventilato che sia possibile «al Senato lavorare sul programma e vedere chi ci sta, altre forze potrebbero darci un appoggio esterno; nei comuni diverse volte la Lega o Forza Italia su temi importantissimi sono pienamente d'accordo con noi». Una «prima volta», questa dell’appoggio esterno con apertura sulla destra da parte dei pentastellati, che non è stata smentita dai vertici del MoVimento e che messa così sembrerebbe confermare diversi retroscena (tra cui quelli di Luigi Bisignani su Il Tempo) apparsi sui quotidiani già più di un anno e mezzo fa.
Il «pericolo Grillo» è un’occasione?
Insomma, il gioco d’anticipo dei due «quarantenni», svolto in autonomia dalla road map del Cavaliere (che invece, da parte sua, pur chiedendo il voto anticipato sostiene un ritorno al proporzionale; eventualità che lascia molti dubbi sulla reale voglia di un rientro dalla finestra – ossia dopo il voto - del patto del Nazareno) non solo non tiene conto del «pericolo Grillo», di una vittoria data per scontata del M5S, ma reputa possibile individuare con questo dei punti di intesa sui temi della sovranità, dell’euro e della difesa della piccola e media impresa, come ha ribadito lo stesso Salvini. Se su immigrazione e diritti civili le strade sembrano essere distanti, dunque, su altri temi invece ambedue i «populismi» non parlano lingue così diverse e – come confermato anche da Meloni – sulla validità di un’agenda rispetto all’altra sono pronti a «sfidarsi in libere elezioni». Proprio su questo, allora, si potrebbe giocare un primo step di un concorso interessi. Accelerando sulle elezioni con una sola mossa potrebbero scongiurare il ritorno della restaurazione proporzionalistica e rottamare una volta per tutte «l’anomalia» sorta con il commissariamento del governo Berlusconi nel 2011: il prequel ufficiale del «patto del Nazareno».
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