1 maggio 2024
Aggiornato 23:30
Torna la vecchia politica

Renzi rottama la rottamazione

I candidati impresentabili in Campania sono solo l'ultimo esempio del cinismo del potere del premier: tutto, pur di vincere. Ma se i cittadini ascoltassero veramente il suo consiglio di «non votare quei nomi, neanche costretti»?

ROMA – C'era una volta la rottamazione. Il 5 novembre 2011 l'allora candidato alla segreteria del Partito democratico Matteo Renzi pronunciava parole chiare sulla questione morale: «Non bisogna candidare chi ha precedenti penali, perché è assurdo che un bidello non può lavorare se non ha la fedina penale pulita, mentre un politico con la fedina penale sporca può essere eletto». Oggi, 15 maggio 2015, grazie alla riforma della buona scuola quel bidello con la fedina penale pulita rischia di essere addirittura licenziato. In compenso, le liste del centrosinistra per le prossime elezioni regionali sono zeppe di candidati con precedenti penali, e non solo. Il caso più clamoroso è quello della Campania, dove imparentati con il Pd sono, tra gli altri: Attilio Malafronte detto «calibro 12», dal fucile sequestrato a casa sua quando finì agli arresti domiciliari; Carlo Iannace, sotto processo per una storia di rimborsi; Rosalba Santoro, moglie di quel Nicola Turco tuttora inquisito per concorso esterno in associazione mafiosa. Lo stesso candidato presidente Vincenzo De Luca, del resto, è stato condannato in primo grado per abuso d'ufficio. E non è finita, perché ad impreziosire le liste ci sono anche un esercito di fuoriusciti da Forza Italia, cosentiniani e perfino nostalgici del Duce, come Carlo Aveta.

Rottamazione l'è morta
Vogliamo fare i bravi: non diremo che forse è proprio la tentazione autoritaria del ducetto di Rignano sull'Arno a far passare loro quella nostalgia canaglia. Anche perché, siamo seri, persino per fare il dittatore ci vuole un certo «physique du rôle». No, la verità è molto più semplice e non necessita di ingombranti paragoni: Renzi ha semplicemente rottamato la rottamazione. Quando diceva, nel 2012: «Vogliamo mandare a casa chi ha governato e anche chi ha fatto opposizione in questi anni», quello che intendeva realmente dire era: «Vogliamo mandare a casa chi non mi lascia comandare». Lo ha fatto, un po' cacciando, un po' relegando in panchina, un po' costringendo all'addio l'anima storica e la tradizione di sinistra del Partito democratico. Ora che tutti gli ostacoli tra lui e la poltrona più alta sono stati spazzati via, i vecchi politici possono anche dormire sonni tranquilli. Pensate che, nelle suddette liste campane, compare perfino Ciriaco De Mita, 87 anni, il residuato bellico per eccellenza della prima Repubblica.

Purché si vinca
È il cinismo del potere. Pur di vincere, Renzi non ci ha pensato due volte prima a spostare al centro le politiche del suo partito, poi ad allearsi con Silvio Berlusconi, ora ad accettare il sostegno di condannati, fascisti, omofobi e soprattutto trasformisti. Un tempo Renzi tuonava contro gli Scilipoti, i «traditori veri»; oggi accoglie a braccia aperte gli ex Sel come Gennaro Migliore e gli ex Scelta civica come Andrea Romano, perché «il Pd deve essere un partito che si allarga, Reichlin lo ha chiamato il partito della nazione». Il partito si vede bene, è la nazione che ancora manca. Più immodestamente di Reichlin, noi preferiremmo chiamarla una nuova Democrazia cristiana. Alla faccia di chi si vanta di avere portato alla vittoria la sinistra.

Voto consapevole
Sicuramente il Partito democratico vincerà anche stavolta, non lo mettiamo in dubbio: quei nomi da cui si fa sostenere rappresentano un bacino di voti blindato. Ma lui stesso si è giustificato, cinicamente e maldestramente, dichiarando che «neanche costretto li voterei, quei nomi». E il suo vicesegretario Lorenzo Guerini ha aggiunto: «Il nodo venga risolto con la competizione elettorale». Almeno su questo, siamo perfettamente d'accordo con loro. È il cittadino ad avere comunque l'ultima parola. E quei cittadini che, in buona fede, vogliono il cambiamento dell'Italia, stavolta sono chiamati a fare uno sforzo in più. Superino il rassicurante sorriso di Renzi e valutino se quel cambiamento può venire davvero da chi candida i De Mita o gli Attilio «calibro 12». Forse lo stanno già facendo, se bisogna credere al calo del premier nei sondaggi. Forse, stavolta, non occorrerà attendere altri vent'anni.