Salvini mette a soqquadro i «palazzi» romani
Nulla sarà più come prima. Dopo la presa di Roma anche l’ultimo partito rimasto in Parlamento con lo stesso simbolo negli ultimi 25 anni sarà costretto a subire una mutazione genetica. E dopo le reazioni a caldo del fine settimana, a tenere banco nei Palazzi romani è proprio l’evoluzione della Lega Nord guidata da un Matteo Salvini sempre più lanciato come anti Renzi.
ROMA- Nulla sarà più come prima. Dopo la presa di Roma anche l’ultimo partito rimasto in Parlamento con lo stesso simbolo negli ultimi 25 anni sarà costretto a subire una mutazione genetica. E dopo le reazioni a caldo del fine settimana, a tenere banco nei Palazzi romani è proprio l’evoluzione della Lega Nord guidata da un Matteo Salvini sempre più lanciato come anti Renzi. Interesse, indifferenza ma in alcuni casi anche preoccupazione sono i contrastanti stati d’animo con cui deputati e senatori si confrontano sulla trasformazione dell’ormai archiviato movimento padano.
CON GIORGIA NON TUTTE ROSE E FIORI - Partendo dagli alleati, ammesso che Salvini non decida di farsi un giro da solo per aumentare i consensi della Lega, con Fratelli d’Italia non è tutto rosa e fiori come in realtà potrebbe apparire. Se infatti sembra esserci un feeling consolidato fra i due leader, le truppe non sono molto convinte dell’apparentamento. E la scarsa partecipazione di militanti provenienti da Fratelli d’Italia alla manifestazione di Salvini ne è la conferma. Come confida un deputato romano di FdI «non è Giorgia a muovere la nostra gente» e sabato «i risultati erano sotto gli occhi di tutti». E per tutta risposta un senatore leghista ha confidato che lui «non avrebbe mai regalato alla Meloni un straordinario palco con tutte quelle persone». Discorso opposto per Casa Pound, con cui l’intesa sembra sempre più consolidata, visto anche «l’enorme numero di militanti che hanno portato in piazza».
LA TENTAZIONE: VINCERE DA SOLI - Come accade sempre più spesso le reazioni in Forza Italia sono contrastanti perché, come spiega un dirigente azzurro della prima ora, «da una parte c’è chi crede che con Salvini non si andrà da nessuna parte e spera nell’ennesimo ritorno di Berlusconi», dall’altra sono in molti quelli che vorrebbero «rompere definitivamente con un Alfano inconsistente e provare a vincere alleati solo con il Carroccio». Certamente a complicare questo apparentamento c’è l’affaire Veneto, dove Luca Zaia e Flavio Tosi sembrano essere sempre più lontani dal trovare un’intesa e questo avrà delle ripercussioni anche sull’alleanza con i forzisti. Tutt’altro discorso per il centrosinistra, dove si passa dalla preoccupazione «per una deriva autoritaria» espressa dagli esponenti di Sel e in parte del M5S presenti oggi a Roma, alla quasi totale indifferenza del Partito democratico. Come confida un senatore renziano, «finché Salvini sarà riconosciuto come il leader del centrodestra resteremo al governo per i prossimi cento anni».
DALLE REGIONALI EFFETTI COLLATERALI SU ROMA - Una cosa è certa. La discesa a Roma dei barbari sognanti ha smosso un panorama politico che si stava incartando su se stesso e le manifestazioni che per ora stanno riempiendo le piazze avranno presto ripercussioni anche all’interno dei palazzi romani. Non è difficile immaginare che se le alleanze per le imminenti regionali dovessero modificare gli apparentamenti con cui sono governate molte regioni d’Italia, Veneto e Lombardia in primis, ci sarebbero notevoli contraccolpi anche sui gruppi parlamentari a Roma. Non a caso, ultimamente, il gioco preferito in Transatlantico sembra essere la composizione e scomposizione di questo o quell’altro gruppo scambiando deputati e senatori da una parte all’altra come le pedine di un domino.
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