19 aprile 2024
Aggiornato 09:00
La bandiera veneta colora i cieli romani alla manifestazione

Zaia in trionfo, Tosi praticamente invisibile

La bandiera del Veneto sventola, durante la manifestazione, in mezzo a quelle del Carroccio. Luca Zaia sale sul palco, e tiene un lungo intervento acclamato dalla folla. Poi, abbraccia Salvini e Maroni, e promette ai militanti: «Torneremo in regione». Altro veneto a Roma, il dissidente Flavio Tosi. Che, però, è del tutto in disparte, dato che, confessa, non è stato invitato a salire sul palco.

ROMA - Una Lega al gran completo è quella intervenuta, oggi, alla manifestazione. Una Lega combattiva, decisa a far risuonare tra le vestigia storiche della Capitale un messaggio chiaro: di Matteo ce n'é uno solo, perché quello fiorentino deve andarsene a casa. Una Lega, soprattutto, che si è mostrata pronta a marciare compattamente verso l'obiettivo numero uno: le Regionali. Luca Zaia, governatore del Veneto e di nuovo candidato in vista dell'election day di maggio, sale sul palco accolto dagli applausi, e sotto lo sguardo ammirato del suo primo sostenitore: Matteo Salvini. 

ZAIA CONTRO POLITICA ECONOMICA DI RENZI - "Un ringraziamento ai cittadini di Roma che hanno affrontato disagi per ospitare questa manifestazione», ha esordito Zaia, «con una certezza: che noi non andiamo a bruciare i cassonetti e a distruggere le città, ma la lasciamo come prima», urla alla folla festante. Dopo il glorioso esordio, il governatore parla di tasse, ricordando i 150 imprenditori che si sono suicidati a causa della crisi. «Non basta stanziare 80 euro per vincere le elezioni, e far credere che tutto finisca lì», dichiara, «anche perché poi è comparsa una nuova tassa, che si chiama Tasi, ed è aumentata anche l'Iva». Il Veneto, ricorda Zaia, lascia 21 miliardi di tasse all'anno nei palazzi romani, «ma noi vorremmo lasciare quelle tasse per la quota di solidarietà per i 6 milioni di poveri che abbiamo in Italia, e non per ingrassare i palazzi", urla dal palco alla folla in esultanza. E sulle quote latte, Zaia accusa il Governo di non saper reagire «di fronte a un'infrazione comunitaria che chiede all'Italia di pagare 1 miliardo e 600 milioni», perché il Ministro «ha solo saputo dire: è colpa di Zaia». Accuse del tutto respinte dal governatore veneto, che può contare sul sostegno di una piazza che lo acclama durante tutto il suo intervento.

PRIMA GLI ITALIANI E I VENETI, POI GLI STRANIERI - Altro tema, l'immigrazione.«In Veneto abbiamo 514.000 immigrati, molti dei quali sono persone perbene, che si sono integrate, che hanno un progetto di vita e che hanno capito che quando si viene in Veneto prima si rispettano le leggi. L'11% della nostra popolazione è formata da immigrati, che concorrono alla formazione del 5% del nostro Pil», spiega Zaia. «Però è ipocrisia dire che in Italia c'è ancora spazio per gli immigrati. Io ringrazio quei prefetti che si sono ribellati al volere di Roma e hanno detto: basta immigrati». Una battaglia combattuta con sindaci e amministratori, dice il governatore,che ricorda le cifre tanto odiate e sbandierate dal popolo della Lega: «1200 euro al mese il costo di un profugo, 1 miliardo di euro per Mare Nostrum, 6 milioni di italiani che non hanno da vivere, 200.000 disoccupati, 1 ragazzo su 4 sono senza lavoro e 2 precari». Morale: «prima i nostri, poi il resto del mondo».

ZAIA CON STACCHIO E PER LA CERTEZZA DELLA PENA - Alla fine, ecco il tormentone «Io sto con Stacchio», slogan stampato in bella vista anche sulla felpa indossata da Matteo Salvini. Zaia fa notare come Stacchio sia, a suo avviso ingiustamente, «l'unico vero imputato di quella rapina»: la folla lo acclama, ma dal parterre dei giornalisti si sente qualcuno bisbigliare: «Per forza, l'altro è morto». Tant'é: Stacchio, ormai, è l'eroe della Lega, simbolo di un Governo incapace di difendere i suoi cittadini, pertanto «obbligati» a farsi giustizia da soli. «E' un bollettino di guerra quotidiano», dichiara Zaia parlando della microcriminalità e invocando la certezza della pena. «No a un Parlamento che punti sull'indulto e che liberi i delinquenti». Quindi, il grato riconoscimento all'ex ministro Castelli per la legge sulla legittima difesa, e la richiesta a schierare l'esercito in strada accanto alle forze dell'ordine. 

TOSI, PRESENTE-ASSENTE - Il governatore chiude il suo intervento con un accorato saluto a tutti i veneti presenti. «Torneremo in regione, e gli faremo un culo così", conclude senza giri di parole, acclamato da «compatrioti» e non. Eppure, di un altro leghista veneto, che per intere settimane ha tenuto banco sulle pagine dei giornali per la sua «dissidenza» e la possibile sua defezione verso lidi più moderati, durante la manifestazione si perdono le tracce. Flavio Tosi è presente, come da solenne promessa diramata ieri agli organi di stampa. Tuttavia, a differenza dei suoi colleghi, non sale sul palco, e rimane in disparte a godersi il trionfo dei «rivali» Salvini e Zaia. A curarsi di lui, soprattutto telecamere e giornalisti, che azzardano la scontata domanda: «Non l'hanno invitato a salire sul palco?» Domanda a cui Tosi non si sottrae: «Non mi hanno invitato, ma non è un problema. Lo sa quante volte sono stato in piazza in mezzo ai militanti?». Eppure, gli occhi dei militanti sono tutti per Zaia, Maroni e Salvini, che sul palco si abbracciano con calore. Mentre la bandiera del Veneto colora di rosso il cielo romano.