23 agosto 2025
Aggiornato 05:30
L'inchiesta

Altra accusa per Angelo Sinesio

Il commissario delegato per cosiddetto Piano carceri, già indagato per falso ed abuso d'ufficio, è accusato anche di diffamazione. Avrebbe accusato «ingiustamente di incapacità ed inefficienza Alfonso Sabella» l'ex pm antimafia «all'epoca direttore generale delle risorse materiali al Dap».

ROMA - Angelo Sinesio, commissario delegato per cosiddetto Piano carceri, già indagato per falso ed abuso d'ufficio, è accusato anche di diffamazione. In particolare questa ultima fattispecie fa riferimento a quanto dichiarato dal prefetto nell'audizione davanti alla commissione giustizia della Camera, in cui avrebbe accusato «ingiustamente di incapacità ed inefficienza Alfonso Sabella» l'ex pm antimafia «all'epoca direttore generale delle risorse materiali al Dap». Sinesio avrebbe anche connesso alle sue parole «dati non veritieri, così da offendere» la reputazione dell'ex magistrato.

Questo passaggio è riportato in uno dei due decreti di perquisizione firmati dai pubblici ministeri Paolo Ielo e Mario Palazzi e che ha portato oggi gli investigatori del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza a controllare diversi uffici del Dap e alcune residenze private. Chi indaga ha cercato «documentazione, formato digitale e non, contabile ed extracontabile, inerente ai fatti per cui si procede, nonchè agende, appunti, comunicazioni di altra natura e altro materiale di interesse».

Ogni appunto o riferimento può esser ritenuto utile per «dimostrare la natura dei rapporti con i coindagati, l'interessamento all'assegnazione dei lavori, i collegamenti con soggetti ulteriori che si siano interessati alle assegnazioni ed alle designazioni». I decreti decisi dalla Procura ed attuati dagli uomini della Gdf comprendono anche i nominativi persone ancora non indagate, ma i cui uffici sono stati comunque passati al setaccio dagli investigatori delle Fiamme gialle.

IL QUADRO DI FAVORI - Il quadro di favori in seno al Dap è comunque ricostruito dai pm romani che spiegano come Sergio Minotti, 50 anni, direttore dei lavori e direttore operativo per la realizzazione del nuovo padiglione della casa circondariale di Voghera; abbia agito insieme con la funzionaria del Prap, Raffaella Melchionna. Il reato di corruzione è a loro contestato - si sottolinea - perché «per lo svolgimento delle loro funzioni di controllo nell'esecuzione dei lavori in violazione dei doveri di imparzialità della pubblica amministrazione, ricevevano dalla ditta aggiudicataria dei lavori 'Devi Impianti', riconducibile a Gino Pino e Davide Pino, utilità consistenti nell'attribuzione di contratti di forniture in relazione all'esecuzione dell'appalto alla 'Me.Ta Costruzioni' della quale è amministratore e socio unico Marco Melchionna, padre di Raffaella, e responsabile tecnico Antonio Melchionna, fratello della stessa e figlio di Marco Melchionna».

A carico di Sinesio è ipotizzato il reato di falso perché avrebbe truccato le carte rispetto ad un decreto per rifunzionalizzazione del carcere di Arghillà. Il reato di abuso d'ufficio è invece contestato al prefetto perché avrebbe operato «un artificioso frazionamento delle opere relative» al penitenziario di Arghillà suddividendo in due distinte gare. La prima per le cosiddette opere interne, per circa 3,5 milioni di euro; e la seconda per 4,5 milioni «così eludendo la procedura obbligatoria per gli appalti sopra la soglia dei 5 milioni» prevista dalle norme e «così da scegliere le ditte da invitare».

Carmelo Cavallo, 67 anni, anche lui funzionario del Dap in servizio nella struttura del commissario straordinario, «abusando della sua qualità e dei poteri» avrebbe posto in essere «atti diretti in modo inequivoco» ad indurre un imprenditore a versargli somme di denaro «al fine di consentirgli di partecipare, con legittime possibilità di vittoria, alle gare per la fornitura di sistemi di difesa passiva per il ministero della giustizia».

IL RUOLO DI CARMELO CAVALLO - La contestazione per Carmelo Cavallo, 67 anni, originario di Modica ma residente a Roma, è quella prevista dall'articolo 319 quater del codice penale, sotto profilo del tentativo così come indicato con l'articolo 56 e riportato nel decreto di perquisizione che ha interessato il funzionario del Dap nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Roma che ha chiamato in causa il commissario straordinario per il 'Piano carceri' Angelo Sinesio. La fattispecie ipotizzata a carico di Cavallo è quella insomma di tentativo di «induzione indebita a dare o promettere utilità».

Secondo la legge «salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni. Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni».

Nella contestazione dei pm Ielo e Palazzi si spiega che Cavallo è chiamato in causa nel procedimento perché «nella sua qualità di funzionario del dap e inserito nella struttura del commissariato del piano carceri, abusando della sua qualità e dei poteri ad esso connessi, poneva in essere atti diretti in modo inequivoco ad indurre» un imprenditore "a versargli somme di denaro, al fine di consentirgli di partecipare, con legittime possibilità di vittoria, alle gare per le forniture di sistemi di difesa passiva per il ministero della giustizia».