D'Alema e la rottamazione, i sondaggi dietro la mossa di Bersani
Secondo alcune ricostruzioni smentite dallo staff del segretario, negli ultimi giorni alcune rilevazioni che danno Matteo Renzi in avvicinamento e la mossa di Walter Veltroni avrebbero spinto Vasco Errani, uno dei consiglieri più ascoltati da Bersani, a suggerire la mossa di accentuare il tema del rinnovamento
ROMA - Ci sarebbero anche i sondaggi dietro l'accelerazione di Pier Luigi Bersani sul tema del rinnovamento, una questione sulla quale il segretario Pd non ha intenzione di fare retromarcia. Bersani aveva già da mesi preso la decisione di smarcarsi, via-via, dallo storico gruppo dirigente, la scelta di indire le primarie, e di farle 'aperte', nonostante l'opposizione di buona parte dei maggiorenti democratici, si inserisce proprio in questo filone. Ma, secondo alcune ricostruzioni smentite dallo staff del segretario, negli ultimi giorni alcune rilevazioni che danno Matteo Renzi in avvicinamento e la mossa di Walter Veltroni avrebbero spinto Vasco Errani, uno dei consiglieri più ascoltati da Bersani, a suggerire la mossa di accentuare il tema del rinnovamento. Certo, il segretario ora deve fare fronte alla reazione di Massimo D'Alema che, a chi ci ha parlato, ha fatto capire che questa scelta potrebbe avere delle conseguenze.
Gli uomini del segretario negano recisamente, spiegano che i loro sondaggi danno a Bersani 8-9 punti di vantaggio sul sindaco di Firenze e che non si può attribuire a Errani, per quanto ascoltato, la strategia del segretario. Eppure, altri resoconti offrono un quadro diverso: dopo l'assemblea del Pd lo scarto tra i due era aumentato, Bersani aveva guadagnato terreno, mentre negli ultimi giorni gli studi di due tra i principali istituti di rilevazioni darebbero a Bersani un margine di due punti (39%-37%) in un caso, e di quattro punti (40%-36%) in un altro.
Quest'ultimo dato, peraltro, è simile a quello diffuso ieri sera da Nando Pagnoncelli a Ballarò: Bersani 37%, Renzi 33%. Non solo, ma uno studio esteso anche a coloro che non dichiarano di votare alle primarie, Renzi risulterebbe persino più gradito di Bersani.
Insomma, un quadro meno rassicurante di quello che si potrebbe pensare, una situazione che avrebbe spinto il segretario ad rendere più netta una scelta già fatta. Bersani, infatti, ha cominciato a smarcarsi dai 'vecchi' leader per una ragione innanzitutto politica: il lavorio di molti per il Monti-bis è ben noto al leader democratico e, del resto, la tendenza al 'regicidio' è uno dei tratti distintivi del centrosinistra. Per questo il leader democratico si è convinto della necessità di «far girare la ruota». Se a ciò si aggiunge anche la sfida lanciata da Renzi, ecco spiegate le ultime mosse di Bersani.
Anche oggi il segretario pur avendo ovviamente negato di voler «scaricare» Massimo D'Alema, e non si vede come avrebbe potuto dire il contrario, ha poi aggiunto: «Rottamare è una parola sbagliata, ma rinnovare sì. Dobbiamo stare alle regole». Insomma, il leader Pd cerca di smussare sotto il profilo lessicale, ma nella sostanza ribadisce la linea del rinnovamento: richiamare le regole non significa solo giustificare il fatto di aver detto che «deciderà il partito», ma anche richiamare il limite dei tre mandati previsti dallo statuto.
D'Alema, ufficialmente, dice che non c'è «nessun disaccordo, nessuna polemica», come ha spiegato oggi a Repubblica. Ma anche in questo caso, sarebbe difficile immaginare qualcosa di diverso. A quattr'occhi, l'ex ministro degli Esteri promette battaglia, giudica indecente la campagna montata contro di lui da Renzi e ritiene ingeneroso e sbagliato che il segretario non lo difenda e, anzi, in qualche modo ammicchi al tema del rinnovamento in quel modo. In tv, stasera, ha assicurato che farà «campagna per Bersani», ma le parole pronunciate in privato non sono altrettanto rassicuranti. La Velina Rossa del super-dalemiano Pasquale Laurito oggi ricordava che proprio nelle regioni dove D'Alema è forte Bersani ha preso più voti al congresso. Spesso la Velina Rossa è più... dalemiana di D'Alema, ma quando il presidente del Copasir dice che «se Renzi sarà vincerà lui sarà in campo, mentre se vincerà Bersani non chiederà di essere candidato», dice qualcosa che si presta a più letture. E' chiaro a tutti, fin da ieri, che D'Alema non chiederà mai la deroga, una procedura che sarebbe umiliante anche per un dirigente con una carriera politica molto meno importante della sua. Ma il messaggio, per la campagna di Bersani non suona rassicurante, perché l'annuncio di un D'Alema fuori dal Parlamento non è esattamente una chiamata alle armi per tutti i suoi sul territorio.
D'altro canto, è vero che, come diceva maliziosamente ieri qualcuno «sarebbe interessante capire chi sono i dalemiani ora». Proprio Errani, uno dei più stretti consiglieri di Bersani, è un ex dalemiano di ferro. Non solo, raccontano che ieri sera all'assemblea dei parlamentari Pd uno degli interventi più significativi sia stato quello di Gianni Cuperlo, altro storico dalemiano. Cuperlo avrebbe lungamente parlato contro il concetto e la cultura stessa della 'rottamazione', ma avrebbe poi assicurato il massimo sostegno a Bersani. Chi era presenta lo racconta così: «Ha fatto chiaramente capire che il grosso delle truppe saranno con Bersani». Insomma, Bersani sembra comunque poter contare sul sostegno di molti dalemiani e, in ogni caso, la scelta di sganciarsi dai 'vecchi' non è solo dettata da ragioni di campagna elettorale. Il segretario aveva già allertato Maurizio Migliavacca e Nico Stumpo, il suo caposegreteria e il responsabile organizzazione, per immaginare un percorso di 'consultazioni dal basso', una sorta di primarie, per la scelta dei candidati in Parlamento: un sistema che avrebbe prodotto un ampio rinnovamento di fatto, garantendo magari a qualche big come D'Alema la ricandidatura. Poi, però, Bersani ha scelto di accelerare.