19 aprile 2024
Aggiornato 12:00
Giustizia | Ddl anticorruzione

Corruzione, il Governo vuole la fiducia

Sarà una fiducia «con qualche assenza» nel Pdl, «ma come fai a non votarla?», si chiede un parlamentare azzurro a proposito dell'intenzione del Governo, preannunciata oggi ai capigruppo della Camera dal ministro Piero Giarda

ROMA - Sarà una fiducia «con qualche assenza» nel Pdl, «ma come fai a non votarla?», si chiede un parlamentare azzurro a proposito dell'intenzione del Governo, preannunciata oggi ai capigruppo della Camera dal ministro Piero Giarda, di chiedere appunto un voto di fiducia sulle norme penali del ddl anticorruzione.

Si cerca ancora una mediazione - Il testo che il ministro della Giustizia Paola Severino ha approntato per il maxiemendamento dovrebbe intervenire sull'articolo 10 (delega al Governo per stabilire l'incandidabilità dei condannati) e sulle norme penali dell'articolo 13 e seguenti, anche se sull'articolo 10 potrebbe non essere necessario: si cerca ancora una mediazione, alla quale si è andati vicini stamattina nel comitato ristretto delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera; ma il Pd chiede ancora, a differenza di Pdl e Udc, il veto alla candidatura di chi è condannato per reati di mafia e corruzione anche se solo in primo grado. Un divieto incostituzionale, secondo il deputato Pdl Manlio Contento, che ha chiesto una verifica sull'ammissibilità di un voto su questo tipo di norma.

Nuovo rinvio alla Camera - Sta di fatto che oggi il Governo ha dovuto fare i conti con un nuovo rinvio (a martedì) per l'esame nell'aula della Camera di un ddl che lo stesso premier Mario Monti ha sempre detto di considerare fondamentale nel processo di risanamento del Paese. E il rinvio è arrivato dopo che la guardasigilli ha incassato il no dei gruppi alle modifiche richieste sull'articolo 12, che dopo l'approvazione in commissione dell'emendamento Giachetti (Pd) introduce severe limitazioni agli incarichi fuori ruolo dei magistrati che affollano gli uffici di ministeri e authority.

La «norma Iannini» - In un primo momento, spiegano fonti del Governo, la guardasigilli aveva proposto di espungere dal suo subemendamento la deroga per le autorità di garanzia, subito ribattezzata «norma Iannini» dopo l'elezione del magistrato Augusta Iannini, già capo dell'ufficio legislativo del ministero della Giustizia, all'Authority per la Privacy. Inoltre, aveva offerto ai gruppi la disponibilità a ridurre il periodo transitorio prima dell'entrata in vigore della norma da due a un anno.

Ritirato l'emendamento Rao - Dopo i no incassati da tutti i gruppi al primo «giro di tavolo», il ministro Severino aveva proposto di rinunciare a tutte le ulteriori deroghe introdotte nel suo subemendamento ma tenendo comunque la norma transitoria che sospende l'entrata in vigore del provvedimento per un anno. Bocciata anche questa proposta, ha provato a chiedere la sola introduzione della sospensione per un anno rispetto alla norma Giachetti. Non è passata nemmeno questa posizione, quindi ha deciso di ritirare il suo subemendamento. In seguito a questa discussione è stato ritirato anche l'emendamento Rao.