19 aprile 2024
Aggiornato 03:00
La riforma della Giustizia

Corruzione, Severino non esclude la fiducia

Il ddl anticorruzione esce dalle secche dell'ostruzionismo del Pdl e fa un passo avanti: la guardasigilli Paola Severino ricompone per un giorno la maggioranza pro-Monti che si era divisa sulla giustizia

ROMA - Il ddl anticorruzione esce dalle secche dell'ostruzionismo del Pdl e fa un passo avanti: la guardasigilli Paola Severino ricompone per un giorno la maggioranza pro-Monti che si era divisa sulla giustizia, ma ora pensa alla fiducia perché in aula ricompariranno gli emendamenti che sono stati ritirati in commissione e il provvedimento rischia sempre di incagliarsi. E anche perché, nonostante un vertice di maggioranza in commissione avesse dato via libera ad alcune proposte di compromesso del ministro sulla riformulazione dei reati di corruzione per l'esercizio della funzione e di traffico di influenze illecite, alla fine il Pdl sulle norme penali riassunte nell'emendamento Severino si è astenuto.

«Sono disposta ad assumermi ogni responsabilità», dice il ministro nel suo appello ai deputati delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera perché votino «oggi stesso» il suo testo ritirando i subemendamenti con l'eccezione di quelli riformulati. Appello raccolto, il ddl conclude il suo iter in commissione (manca solo il mandato ai relatori) e andrà in aula come previsto a partire dal 28. Soddisfatto alla fine il ministro, «un grande passo avanti», ha commentato; e «soddisfazione» ha espresso anche la presidente della seconda commissione, la finiana Giulia Bongiorno, che ha ammesso tuttavia che tra i partiti «restano divergenze fisiologiche».

Divergenze fisiologiche - Saranno fisiologiche ma non sono marginali, e l'astensione del Pdl lo segnala chiaramente: è lo stesso capogruppo azzurro in commissione Giustizia Enrico Costa a spiegarlo: l'astensione è «un'apertura di credito» verso la mediazione del ministro ma l'auspicio è che che in Aula «la legge possa essere migliorata». Di fronte a equilibri così fragili, per la prima volta il ministro non esclude il ricorso alla fiducia. Un rischio, perché il Governo Monti ha priorità diverse, che non consentono di sfidare il Parlamento su questo tema; ma potrebbe diventare una strada obbligata, per segnare in qualche modo la fine delle trattative col Pdl. Severino valuterà in aula, per ora si limita a dire che di fiducia «è prematuro parlare». Resta aperto, ammette la guardasigilli, il capitolo della graduazione delle pene, e in ogni caso «la mia apertura al dialogo, la mia tenacia, attenzione, non vanno scambiate per una disponibilità a modifiche che possano 'terremotare' il provvedimento».

L'IdV si smarca - La ricomposizione della maggioranza (hanno votato a favore dell'emendamento Severino Pd e Udc) ha determinato un vistoso smarcamento dell'IdV: «Quando si scoprono gravi reati contro la pubblica amministrazione, il Parlamento - accusa Antonio Di Pietro - interviene per rendere più difficile la lotta contro questi reati». Un intervento giudicato «demagogico» da Donatella Ferranti del Pd.

Severino a Di Pietro: La concussione resta - L'ex pm contesta in particolare lo spacchettamento della concussione in due profili, quella per costrizione e quella per induzione. «Non giochi con le parole, la concussione resta», replica la guardasigilli. «Di Pietro fa propaganda», tagliano corto al Pdl. In realtà, Di Pietro non sembra avere solo motivazioni politiche: fa ricorso qui alla sua esperienza di Mani Pulite, nella quale il reato di concussione, esimendo il concusso da conseguenze penali, consentiva, attraverso il profilo della cosiddetta 'dazione ambientale' di incriminare l'amministratore e di 'salvare' l'imprenditore garantendosi così un flusso completo di informazioni sui reati commessi.