29 marzo 2024
Aggiornato 08:00
Ignazio Visco sarà il prossimo Governatore della Banca d'Italia

Bankitalia: scontro nel Governo, poi al Colle la spunta Visco

Spariscono così nell'arco di un pomeriggio i nomi che alla vigilia sembravano i più accreditati. Per Berlusconi resta ora l'incognita Bini Smaghi. Ancora nodo sviluppo

ROMA - Non è quello che avrebbe voluto Giulio Tremonti, né quello «sponsorizzato» in prima battuta da Mario Draghi. E nemmeno il nome in grado di disinnescare la «mina» Sarkozy. Eppure è il coniglio tirato fuori dal cilindro. E poco importa che ci siano voluti mesi di «prestidigitazione» di Silvio Berlusconi per far scomparire i veti incrociati che lo bloccavano: Ignazio Visco sarà il prossimo Governatore della Banca d'Italia. Una scelta che, alla fine, corrisponde in maniera pressoché perfetta all'identikit del candidato ideale: un «interno» a palazzo Koch, per di più proveniente dalle «nobili» stanze dell'ufficio studi. Nome che, infatti, ci mette due secondi a ottenere il plauso non solo dei componenti del Consiglio Superiore di Bankitalia che sarà chiamato a esprimere un parere sulla nomina, ma anche di esponenti di maggioranza e opposizione. E che anche Giorgio Napolitano, che tanto si era premurato di raccomandare al premier una scelta che avesse «la più larga condivisione», avrebbe annoverato nella rosa dei 'graditi'.

Spariscono così nell'arco di un pomeriggio i nomi che alla vigilia sembravano i più accreditati: Fabrizio Saccomanni, attuale direttore generale di Banca Italia, tanto sponsorizzato da Mario Draghi quanto osteggiato da Giulio Tremonti. Quest'ultimo, fondamentalmente, il suo più grande 'handicap' nella corsa. Esce di scena anche Vittorio Grilli, Dg del Tesoro, per cui il titolare di via XX Settembre si sarebbe battuto fino all'ultimo secondo, appoggiato da Umberto Bossi in base alla pregnante motivazione che è «milanese». E il grande onore di guidare palazzo Koch non spetterà nemmeno a Lorenzo Bini Smaghi. Fino a poche ore prima di prendere la decisione finale, Silvio Berlusconi sarebbe stato pronto a nominarlo. Di tutto pur di farlo schiodare da quella poltrona della Bce che i francesi rivendicano come loro diritto adesso che Draghi ha preso il posto di Trichet alla guida dell'Eurotower e, soprattutto, pur di evitare uno show down di Nicolas Sarkozy al vertice europeo di domenica.
Una soluzione, quella di Bini Smaghi, che sarebbe entrata in rotta di collisione con la richiesta di condivisione tanto caldeggiata dal Quirinale e che avrebbe potuto scatenare una clamorosa protesta dei componenti del Consiglio superiore di Bankitalia. Adesso resta da risolvere questa grana: quale collocazione «all'altezza» riservare all'economista fiorentino affinché eviti all'Italia una mega figuraccia a Bruxelles? Le voci raccontano di un pressing che consta di varie offerte, prima tra tutte quella dell'Antitrust. Ma altrettanto il gossip di palazzo alimenta voci che descrivono Bini Smaghi pronto a resistere sulla sua seggiola di Francoforte.

Il braccio di ferro con Tremonti e Bossi - Il punto è che, soprattutto dopo averlo promesso ieri pubblicamente, Silvio Berlusconi non poteva continuare a decidere di non decidere come fatto finora, sebbene si trattasse semplicemente di esercitare una prerogativa che la Costituzione assegna al premier in via esclusiva. Del nome da fare si è parlato, lungamente e animatamente, nell'ennesimo braccio di ferro che si è tenuto nel pomeriggio a palazzo Chigi con Giulio Tremonti e Umberto Bossi. Alla fine il titolare di via XX Settembre non ha portato alla vittoria il suo candidato, ma gli resta la «consolazione» di non vedere ornato di allori il più grande avversario. Insomma, per dirla con un esponente di governo, una mezza vittoria o una mezza sconfitta, a seconda di come si decida di vederla. D'altra parte sul nome di Ignazio Visco anche Mario Draghi avrebbe avuto tutt'altro che qualcosa da eccepire. Un ruolo decisivo, ed è Umberto Bossi a dirlo, lo avrebbe avuto soprattutto il Quirinale.
Insomma, in extremis Silvio Berlusconi scioglie un nodo che stava rischiando di strozzarlo e adesso tenterà di liberarsi da un altro cappio: quello di trovare la quadra di un decreto sviluppo che sia allo stesso tempo convincente e in grado di superare le forche caudine del «non ci sono soldi» di Giulio Tremonti.