19 aprile 2024
Aggiornato 19:30
Il nemico è sempre lo stesso

Berlusconi attacca ancora i Magistrati, «Repubblica giudiziaria»

A Bruxelles il Premier non cede di un millimetro, ma cerca toni meno accesi anche sullo stop imposto da Giorgio Napolitano al decreto sul federalismo

BRUXELLES - Arriva sereno, sorride e si ferma a lungo per rispondere alle domande dei giornalisti, ma appena ne ha lo spunto non rinuncia ad attaccare ancora la magistratura, accusata di aver creato una «Repubblica giudiziaria». Poi, in serata, minimizza anche sullo stop imposto da Giorgio Napolitano al decreto sul federalismo. Silvio Berlusconi si presenta a Bruxelles al vertice straordinario dei capi di Stato e di Governo dell'Unione europea fermo nelle sue posizioni e tenta uno stile meno aggressivo che le «colombe» del centrodestra gli hanno suggerito in questi giorni. Non cede naturalmente di un passo dalle sue posizioni, il nemico è sempre la magistratura, ma lo fa con un tono, per lui, quasi moderato. Cerca anche di tranquillizzare i partner Ue, dicendo che la maggioranza può «lavorare bene» e che la sua popolarità è «la più alta in Europa».

Il principale bersaglio sono i giudici. Il premier ripete che che lui è l'uomo che ha subito più procedimenti nel mondo e che l'Italia è diventata «purtroppo una Repubblica giudiziaria commissariata dalle Procure», un commento duro, ma senza offese esplicite a singoli uffici giudiziari. La polemica si estende anche alla Corte costituzionale dove si vive una situazione «kafkiana», perchè «giudici di sinistra abrogano leggi approvate dal Parlamento», ma anche qui, siamo su un piano noto.

La sede internazionale spinge a dare rassicurazioni sulla stabilità, e il premier ne diffonde in abbondanza. «Abbiamo la maggioranza per poter lavorare», assicura, in particolare perchè non c'è più la componente ex An che «stoppava» le leggi sulla giustizia. Di più, secondo Berlusconi «la maggioranza è coesa ed è d'accordo su molti temi». Ci sono anche i numeri «ieri eravamo a 316, ma ci situeremo oltre i 320, credo che potremo lavorare bene». D'altra parte «i sondaggi danno il mio gradimento al 51%, sono il leader più apprezzato in Europa», aggiunge.

Nessun problema di tenuta, dunque. Sui rapporti con il Quirinale parla invece poco. Prima che si sapesse che Giorgio Napolitano avrebbe fermato il decreto sul federalismo viene chiesto a Berlusconi se si aspettava problemi: «Non penso, non credo», ha risposto. Nessuno spunto polemico o aggressivo. In serata, dopo lo stop di Napolitano invece minimizza e dice che «è un fatto procedurale».

Poi c'è il solito attacco all'opposizione di centrosinistra, «che non è ancora diventata socialdemocratica e non lavora per il bene del Paese». Quasi nulla più di un'opinione.

Sull'Egitto si sbilancia un po' di più, e supera la linea della prudenza dell'Ue. Si augura una «transizione senza rotture con Mubarak», che «l'Occidente ha sempre stimato», che nell'area «è il più saggio ed è un punto di riferimento per tutto il Medio Oriente». E' la tradizionale linea di non ingerenza della politica estera italiana, un poco berlusconizzata e forse non proprio in linea con quanto l'Ue affermerà qualche ora più tardi. Ma poi il premier approva la dichiarazione dei Ventisette, senza strappi.