Bersani: la Maggioranza è in disfacimento
Il leader democratico in «visita privata» al Meeting di Roma. Casini: «Interlocutore affidabile». Ma Chiamparino: «Manca il programma»
RIMINI - Il governo Berlusconi non è destinato ad arrivare alla fine di questa legislatura: su alcuni «punti di fondo» la maggioranza «è in disfacimento» e «non può rimontare», dice Pier Luigi Bersani arrivando a Rimini, al Meeting di Cl. Per questo i democratici puntano tutte le loro carte sulla legge elettorale: è quello lo strumento per aprire il dialogo con tutti i soggetti ai quali è rivolta la strategia democratica illustrata ieri dal segretario su Repubblica.
Il primo di questi soggetti è Gianfranco Fini, al quale Bersani offre una sponda non per un'alleanza politica ma per discutere «di aspetti costituzionali e leggi elettorali, perché stiamo parlando di regole del gioco». Poi a Pier Ferdinando Casini: il leader dell'Udc lo definisce «interlocutore affidabile e serio», non esclude alleanze transitorie e sottolinea che considera «pienamente condivisibile l'idea che non si possa tornare alle urne prima di aver riscritto una legge elettorale con l'obiettivo di restituire ai cittadini il diritto di scegliere i propri parlamentari». Note positive all'indirizzo del leader Pd giungono anche dalla sinistra esclusa dal Parlamento dopo la rottura «consensuale» sancita da Fausto Bertinotti e Walter Veltroni: «La presa di posizione di Bersani - osserva Paolo Ferrero (Prc) - costituisce un passaggio importantissimo», anche perché «mette la parola fine alle ipotesi bipolari e bipartitiche che Veltroni e i suoi alleati stanno continuando a perseguire».
La legge elettorale quindi è il fulcro della strategia democratica. Ci sta lavorando l'ex presidente della Camera Luciano Violante, ma con prudenza perché con la legge elettorale vengono le formule politiche: il 'nuovo Ulivo' proposto dal leader sembrerebbe più adatto a una competizione fondata sul ritorno del 'mattarellum', mentre non è un segreto che un patto con l'Udc (e probabilmente anche con la sinistra fuori dal Parlamento) sarebbe reso più agevole da una legge alla tedesca, prevalentemente proporzionale. E non a caso oggi il vicepresidente dei deputati Pd Michele Ventura precisa: «Non vogliamo impiccarci alle formule, lavoriamo per l'intesa».
«Freddi» Veltroni, Chiamparino e Vendola - Ma Bersani, che pure negli ultimi mesi è riuscito ad allargare il suo consenso nel partito ed incassa il sostanziale consenso di Romano Prodi, Dario Franceschini e di Piero Fassino, deve fare i conti con la freddezza di Veltroni e con le punture di spillo di un esponente molto in vista: Sergio Chiamparino, sindaco di Torino autocandidatosi alle primarie dopo che lo aveva fatto un esponente esterno al partito come Nichi Vendola. «Quello di Veltroni è un contributo utile», dice. Mentre sul 'nuovo Ulivo' «mi sembra che vada rafforzato il messaggio programmatico. C'è qualche accenno a un federalismo che deve unire, ma per il resto non c'è molto».
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