Nuovo patto o scontro? Fini e 3 anni in mare aperto
Dopo il voto i nodi del Pdl al pettine, dagli equilibri interni alle riforme
ROMA - «Ora navighiamo in mare aperto», ragionava Gianfranco Fini alla vigilia dello scioglimento di Alleanza nazionale. E' passato un anno, giusto un anno dal congresso fondativo del Pdl, il cui primo anniversario cade proprio il week end elettorale delle Regionali. Ci sarà giusto il tempo di fare i conti, celebrare i vincitori e dimenticare gli sconfitti, poi con le urne alle spalle quel «mare aperto» si aprirà di fronte all'ex leader di An, con tutti i rischi e le opportunità di tre anni senza elezioni.
Dodici mesi di tensioni, così il Pdl è passato dal primo congresso al voto per le Regionali. Con il Presidente della Camera sempre al centro del dibattito, pronto a smarcarsi da Silvio Berlusconi, a bacchettare la Lega, a sollecitare un partito diverso. Ma anche obiettivo di durissimi affondi del Giornale e di feroci critiche di buona parte della classe dirigente del Popolo della libertà. Come sulle montagne russe, alti e bassi continui, scontri sempre ricomposti a fatica, duelli ogni volta puntualmente rimandati al dopo Regionali.
Ora ci siamo. I giorni di vigilia non sono stati privi di polemiche interne, Fini pronto a scagliarsi contro l'approccio propagandistico alle riforme e il quotidiano di Vittorio Feltri a muovere l'ormai nota accusa di remare contro. E poi l'allarme di Fare Futuro, «hanno scelto Gianfranco come capro espiatorio, e l'improvvisa nascita di Generazione Italia del finiano Bocchino, embrione di corrente o, secondo i critici, trampolino verso qualcos'altro? Fini ha lasciato trapelare che mai lascerà il Pdl, piuttosto dovranno espellerlo, l'obiettivo è cambiare il partito.
Come lo dirà l'ex leader di An a urne ormai chiuse. Inciderà anche il risultato di Renata Polverini, da lui fortemente voluta. Conterà anche il bottino che la Lega otterrà al Nord, Piemonte in testa. Peserà il testa a testa Settentrionale con il Carroccio, perché da mesi il Presidente della Camera va predicando sulla necessità di non inseguire i leghisti sul loro terreno. E certamente non risulterà secondario l'approccio alle riforme, che Fini vuole condivise e Berlusconi sostenute dai gazebo.
Dovranno incontrarsi, Fini e Berlusconi, provare a siglare un nuovo patto di legislatura. Capire come cambiare gli equilibri del Pdl, se intervenire sull'organigramma, come modificare la rotta dell'azione di governo. Tutto in bilico fra la necessità di un accordo e lo spettro di una resa dei conti dall'esito imprevedibile.
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