19 aprile 2024
Aggiornato 04:00
Editorale

E’ Tremonti l’uomo del sorpasso

Al ministro dell’Economia in molti guardano come al successore di Berlusconi

E’ difficile dire se in qualche stanza del Palazzo si sia già celebrata la cerimonia dell’investitura di Giulio Tremonti a successore di Silvio Berlusconi.
Di certo l’incoronazione è avvenuta stamani sulle colonne del Corriere della Sera, dalle quali l’editorialista Angelo Panebianco ha illustrato nei dettagli perlomeno tre motivi precisi che autorizzano (o auspicano?) a ritenere Tremonti come il più indicato a raccogliere l’eredità di Berlusconi.
Prima di entrare nel merito delle virtù tremontiane evocate da Panebianco bisogna però chiedersi come mai il Corriere della Sera, a meno di tre giorni da un voto amministrativo al quale però tutte le forze politiche hanno affidato un significato politico, abbia sentito il bisogno di mettere sul tappeto il futuro del Pdl, e la successione a Berlusconi.
La risposta è semplice ed è nelle parole pronunciate da Umberto Bossi con il sorriso sulle labbra: «E’ naturale che il ci sia il nostro sorpasso sul Pdl», ha detto il leader della Lega, preoccupandosi subito dopo di rassicurare Berlusconi con la promessa che nulla cambierà.

Ma se le regionali non andassero come Berlusconi spera e se a compensazione di un totale o parziale insuccesso ci fosse veramente il sorpasso che Bossi ritiene già di avere in tasca, è possibile che gli equilibri all’interno del governo restino immutati?
Intanto, comunque vadano le cose, all’interno del Pdl ci si deve aspettare una inevitabile resa dei conti fra la maggioranza del partito e Gianfranco Fini.
Anche oggi il «Giornale», quotidiano che fa capo alla famiglia Berlusconi, dedica ampio spazio all’ennesimo «tradimento» operato dal Presidente della Camera, che si è affrettato a mettere il freno all’ipotesi di presidenzialismo avanzata e ripetuta in questi giorni dal Presidente del Consiglio. L’ultimo degli sgambetti di Fini, e in piena campagna elettorale, sarebbe stato mal digerito dal Cavaliere, tanto che il «Giornale» anticipa per il dopo elezioni gli sviluppi dello scontro Fini- Berlusconi riportando fra virgolette questa frase del Premier: » i chiarimenti li faremo da lunedì» .

E’ annusando quest’aria da battaglia che il Corriere della Sera oggi si domanda «se sarà ancora Berlusconi a guidare il partito nella sfida elettorale del 2013 e che fine farà il Pdl nel caso ragioni anagrafiche o usura politica obbligassero il Cavaliere a lasciare».
E’ dietro questi interrogativi che vanno ricercate le ragioni che hanno spinto il quotidiano milanese a puntare i riflettori su Giulio Tremonti, sottraendo il ministro dell’Economia a quella discrezione politica e di parte alla quale si è votato da alcuni mesi. Una discrezione interrotta solo qualche settimana fa da una intervista concessa, guarda caso, proprio al Corriere della Sera.
«Al momento c’è un solo dirigente che ha messo il suo ingegno, le sue risorse culturali e la sua capacità di governo al servizio di un progetto che possiamo definire post- berlusconiano», scrive Panebianco che aggiunge: » Il ministro dell’Economia si è mosso su tre piani: quello dell’azione di governo (tenendo in piedi il Paese nel mezzo della tempesta globale), delle alleanze sociali, che ha gestito con accortezza, e sul piano della proposta politico culturale» con ispirazioni, aggiunge l’editorialista, che lo pongono sulla strada del conservatorismo europeo e del neo conservatorismo americano.
C’è mancato solo che Panebianco, a suggello dell’incoronazione a futura memoria di Tremonti, aggiungesse «è possibile trovare di meglio?».

Il Corriere, mentre lancia Tremonti, dà ormai per politicamente spacciato Gianfranco Fini, al quale rimprovera di non aver cavalcato l’unico spazio critico disponibile nel Pdl, e cioè quello delle mancate riforme liberiste della gestione Berlusconi.
Ma è ipotizzabile che Fini si stia dimostrando così politicamente sprovveduto come lo descrive Panebianco? Anche in questo caso per una risposta attendibile bisognerà misurare quanto sarà largo il successo della Lega in queste regionali.
Se dovesse essere di ampie proporzioni l’effetto sul panorama nazionale lo ha anticipato il ministro Luca Zaia, governatore in pectore del Veneto: «Il Veneto- ha affermato Zaia dalle pagine dello stesso Corriere della sera- ha un bilancio di 10,6 miliardi, ma il 95 per cento della spesa è vincolata: stipendi e spesa sanitaria. Abbiamo quindi meno di un miliardo per i nostri fabbisogni e questo non più possibile. Noi veneti non possiamo continuare a fare i bravi. Vediamo che la spesa della Calabria è fuori controllo e gli mandiamo gli ispettori, ma poi verifichiamo che non funziona. I trasferimenti di know how non danno risultati. Quindi basta: si dà alla Calabria la sua quota, le si aggiunge la solidarietà nazionale, e poi basta. Se non ti attrezzi, ti dovrai far bastare la paghetta della domenica».

Che cosa succederà all’atto pratico, se il quadro dipinto dal prossimo governatore del Veneto si dovesse tradurre in fatti concreti? Il risultato più probabile è che Gianfranco Fini, il quale non a caso ha sponsorizzato solo due candidati, uno nel Lazio e uno in Campania, raccolga il vessillo impoverito delle regioni da Roma in giù, messe a stecchetto dalla «paghetta della domenica» di Luca Zaia , per diventarne il portabandiera nel centro-destra.
A quel punto si vedrà se un’Italia spaccata in due riuscirà ad essere migliore di quella odierna, unità ma macilenta.