2 maggio 2024
Aggiornato 12:00

M.O., Frattini: Occupazione israeliana del Golan ostacola pace

Incontro con Bashar: «Con Obama nuova finestra di opportunità»

DAMASCO - La svolta di Obama sul Medio Oriente si fa sentire anche nel linguaggio della diplomazia italiana. Dopo un colloquio con il presidente siriano Bashar al-Assad a Damasco, il ministro degli Esteri Franco Frattini afferma in conferenza stampa che l'«occupazione» israeliana delle alture del Golan (presidiate dallo Stato ebraico dal 1967, e annesse unilateralmente nel 1981) è «uno dei principali ostacoli alla pace» nella regione. Come aveva fatto nei colloqui di ieri a Beirut, prima tappa della due giorni mediorientale, Frattini sottolinea di parlare «nell'interesse» degli amici israeliani, partendo dall'assunto della «non negoziabilità della sicurezza di Israele», ma insiste sulla «questione territoriale» come uno dei cardini per una pace che sia «giusta e duratura».

In Libano il titolare della Farnesina aveva sollevato la questione del villaggio di Al Ghajar, a cavallo tra il paese dei Cedri e le alture del Golan, interamente occupato dallo Stato ebraico durante la guerra dell'estate 2006 contro i guerriglieri dell'Hezbollah. Frattini aveva insistito sull'importanza che gli israeliani rispettino la risoluzione Onu 1701 che ha messo fine al conflitto israelo-libanese, in tutti i suoi termini.

Oggi incontrando i giornalisti, al fianco del collega siriano Walid al Moallem, il capo della diplomazia italiana risponde indirettamente alle ultime esternazioni del neo-ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman, che aveva negato la possibilità che il suo governo restituisca il Golan alla Siria. Frattini rilancia con fermezza uno dei pilastri fondamentali della politica del Quartetto per il Medio Oriente e, soprattutto, del piano di pace saudita del 2002: land for peace, terra in cambio di pace.

Con Israele, assicura davanti alla stampa araba, l'Italia «utilizzerà, da Paese amico, un argomento che è nell'interesse di Israele stesso: negoziare e risolvere con la Siria il problema dell'occupazione, il problema territoriale e quindi eliminare uno dei principali ostacoli alla pace in Medio Oriente». Frattini ricorda poi - concorde Moallem - che l'ex primo ministro israeliano Ehud Olmert aveva «parlato chiaramente di restituzione» delle alture del Golan, definendole «il cuore del negoziato» israelo-siriano avviato nel maggio scorso con la mediazione della Turchia e interrotto a fine d'anno, all'avvio dell'operazione militare israeliana 'Piombo fuso' nella Striscia di Gaza.

Nel tardo pomeriggio la Farnesina contestualizza con una nota le dichiarazioni del ministro, riconducendole al più generale «auspicio che il negoziato tra i due stati, che ha al cuore il problema del Golan, possa anch'esso, direttamente o indirettamente, essere ripreso quanto prima». E fa notare che «Frattini ha ripetutamente sottolineato la comune responsabilità di tutti gli attori della regione mediorientale nel creare le condizioni per una soluzione negoziale che conduca ad una pace giusta e duratura nell'interesse di tutti». Vengono anche riaffermati «i legami di profonda amicizia dell'Italia con Israele e la non negoziabilità della sicurezza di Israele» come testimonia anche la prossima visita di Lieberman in Italia, annunciata da Frattini per l'inizio di maggio.

La diplomazia italiana cerca così di muoversi nel «triangolo strategico Israele-Libano-Siria» come lo chiamano fonti del ministero, oltre a favorire una maggiore unità del mondo arabo. A partire dal paese dei Cedri, ancora in bilico fra gli sforzi per una riconciliazione interna (che rimarrà un'incognita almeno fino al voto del 7 giugno) e quelli per una riconciliazione regionale, di cui l'avvio di regolari relazioni diplomatiche con i vicini siriani è un segnale importante.

Come importante è «l'ammissione, per la prima volta, da parte di Damasco del fatto che le fattorie di Sheeba appartengono al Libano» osservano le fonti diplomatiche. Forte dell'amicizia con Israele, dei suoi «saldi legami con il mondo arabo» e dell'ottima reputazione guadagnata nella regione grazie alla missione Unifil, l'Italia vuole giocare un ruolo nella futura politica mediorientale. Un ruolo che dovrà essere inserito in un'azione più incisiva da parte dell'Ue, se non si vuole che siano ancora una volta gli americani a dettare le regole. «Serve un'Europa che parli con una voce sola, per riuscire a sfruttare la finestra di opportunità» che si è aperta con l'insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca, dicono libanesi e siriani. Frattini è d'accordo con loro, e parlerà nei prossimi giorni dei contenuti di questa missione con gli alleati americani ed europei.