19 marzo 2024
Aggiornato 09:30
scienza

Anche Nature si è accorta che i politici italiani hanno dimenticato i nostri scienziati

Ricerca e sviluppo rimangono completamente fuori dai programmi elettorali. Il dibattito politico si è dimenticato dei nostri scienziati

Anche Nature si è accorta che i politici italiani hanno dimenticato i nostri scienziati
Anche Nature si è accorta che i politici italiani hanno dimenticato i nostri scienziati Foto: Shutterstock

ROMA - Il precariato, nel settore della ricerca scientifica, è ai minimi storici. Un dato: solo al Cnr, il maggiore ente pubblico di ricerca, il 40% dei dipendenti è precario, circa 4mila unità. «Merito» della spesa pubblica in ricerca e sviluppo che - nel 2016 - è addirittura diminuita, passando dai 22,1 miliardi di euro del 2015 ai 21,6 miliardi di euro del 2016. L’Italia è fanalino di coda, agli ultimi posti della classifica europea, malgrado l’attenzione manifesta dal Miur che ha recentemente investito ben 391 milioni di euro per sostenere la ricerca di base e i progetti di interesse nazionale (PRIN). Fondi che, tuttavia, non bastano a risollevare le sorti del nostro Paese. E, malgrado la ricerca sia fonte di futura occupazione, è rimasta completamente esclusa dai programmi elettorali di quelli che dovrebbero essere i nostri futuri premier. Ad accorgersene è stata anche «Nature», una delle riviste più autorevoli nel settore della ricerca scientifica.

Mentre temi come quello dell’immigrazione, dell’afflusso di rifugiati e dell’adesione alla zona euro hanno dominato i dibattiti politici, poco spazio è stato dato al tema della ricerca, nonostante il segmento sia praticamente al collasso. E pensare che l’Italia possiede talenti. Talenti che, però, scappano all’estero. La ricerca che posiziona l’Italia al 10° posto in Europa per emissione di brevetti è soltanto uno specchio per le allodole. La maggior parte dei brevetti viene depositata da grandi aziende (STMicroelectronics, FCA, Indesit, ecc.), mentre la produzione brevettuale da parte di Università e centri di ricerca è al palo, con circa il 3% del totale. Il più grande centro di ricerca italiano, il Cnr, riceve dal Foe (il fondo ordinario) solo 500 milioni di euro. Ed è grazie ai finanziamenti esteri che porta a bilancio un miliardo di euro. A differenza di molti altri Paesei, infatti, l’Italia non è riuscita a modernizzare il suo sistema scientifico. I bilanci sono sempre stati bassi. Le pratiche di assunzione accademica possono essere complicate e la burocrazia paralizza, dicono molti scienziati. Gli organismi di ricerca hanno avuto poco potere politico, e non sono stati in grado di arginare la crescente influenza di coloro che hanno demonizzato le vaccinazioni.

Servirebbe una politica economica in grado di sostenere il settore della ricerca scientifica. Ma la verità è che mancano i soldi. Dopo la crisi economica del 2008, la già modesta spesa italiana in ricerca e sviluppo è diminuita del 20% in termini reali, vale a dire 1,2 miliardi di euro. Nel 2016 ammontava a 8,7 miliardi di euro. Il bilancio universitario si è ridotto di circa un quinto - a 7 miliardi di euro - così come il numero dei professori a livello nazionale. I finanziamenti per gli istituti pubblici di ricerca non sono superiori a quelli del 2008, con un calo del 9% in termini reali. Ancor peggio, secondo le statistiche dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, dal 2008 sono usciti dal paese un numero ancora maggiore di scienziati rispetto a quelli che vi sono entrati. La vera preoccupazione è che non stiamo assistendo a un’emigrazione verso Paesi tecnologicamente avanzati come gli USA: addirittura la Spagna è in grado di attrarre più scienziati rispetto a noi.

«Il problema fondamentale in questo momento è che c’è una generazione di precari tra i 30 – 40 anni intrappolati in un contesto che è stato stravolto dalla riforma Gelmini - ci aveva raccontato Paolo De Stefanis, Ceo di Day One in questa intervista -. Uscire dall’Università dopo i 30 anni e collocarsi in un mondo del lavoro che risponde a logiche, dinamiche e velocità completamente diversi da quelli in cui si è cresciuti professionalmente è estremamente complicato, e talvolta frustrante». In più, «la progressiva diminuzione dei fondi per la ricerca ha avuto un impatto devastante sulla vita dei ricercatori, che spendono sempre più tempo in cerca di finanziamenti per sostenere la propria attività, sottraendolo al laboratorio».

Se diamo un’occhiata ai programmi elettorali, la parola «ricerca» è citata 36 volte nel testo del Pd, ma non si va oltre la promessa di nuovi sgravi, di un'anagrafe dei ricercatori all’estero o dell’annuncio di rilanciare il piano 4.0. In un primo tempo ha cavalcato il tema Liberi e uguali, soffermandosi però soprattutto sul ruolo e il sottofinanziamento dell’università, ma poi si è lasciato perdere dopo le polemiche scoppiate quando Pietro Grasso ha promesso la cancellazione delle tasse universitarie. Il Movimento 5 Stelle parla di aumentare i fondi per le Università, di una governance degli atenei e di potenziare i corsi online, senza un chiaro riferimento alla ricerca scientifica. Il tema poi è quasi assente nella campagna di Forza Italia. Come si evince dai questionari effettuati da «DibattitoScienza», il movimento pentastellato non è neppure riuscito a rispondere a tutte le domande. Si va poi dal Partito Comunista che parla di web tax ai colossi web e tagli alle spese militari per recuperare le risorse necessarie da investire in ricerca e sviluppo, all’Europa con Emma Bonino, forse il programma più completo, il quale spazia dall’istituzione di un’agenzia per la ricerca fino al potenziamento dei bandi PRIN.

Un vero dramma. Secondo Nature, infatti, il governo più probabile che potrebbe emergere il 4 marzo, sarà un mix di partiti di centro-destra guidati da Forza Italia di Silvio Berlusconi, tra cui la Lega, che dovrebbe ricevere il secondo maggior numero di voti. Tale coalizione di centrodestra potrebbe vincere seggi sufficienti per formare un governo. In caso contrario, può formare una coalizione più ampia con il Partito Democratico. Ma qualunque sia il contenuto del prossimo governo è davvero difficile che cambi le sorti del nostro Paese. Dove gli scienziati sono sempre più dimenticati.