28 marzo 2024
Aggiornato 09:00
Cina

Tensione a Hong Kong, Pechino perde la pazienza ed evoca «segni di terrorismo»

Le manifestazioni sono iniziate mesi fa, quando l'amministrazione dell'ex colonia britannica ha cercato di far approvare una di legge sulle estradizioni

Video Euronews

HONG KONG - La situazione rischia di degenerare a Hong Kong all'indomani di una giornata di guerriglia urbana da parte dei dimostranti pro-democrazia e di repressione della polizia che, tuttavia, non sembra aver intimidito i manifestanti, oggi massicciamente presenti all'interno dell'aeroporto del territorio semi-autonomo. Intanto, da Pechino, arriva un segnale molto inquietante: nelle proteste - sostiene il governo centrale - ci sono «segni di terrorismo». Una dichiarazione dura, questa, che potrebbe preludere a un ulteriore inasprimento dell'azione poliziesca.

La giornata di ieri è stata dura. Se il sit-in pacifico all'aeroporto dell'ex colonia britannica è continuato, molto partecipato ma senza particolari scontri, nel resto della città ci sono stati diversi momenti di violenza tra polizia e manifestanti, con almeno 40 persone che sono rimaste ferite. Tra queste, una giovane insegnante colpita a un occhio da un proiettile a cuscinetto «bean bag» dalla polizia e che rischia di perderlo. Anche gli agenti lamentano feriti, tra cui un poliziotto ustionato a una gamba da una molotov.

Il punto focale della crisi è l'aeroporto

Le immagini circolate mostrano gli interventi della polizia in stazioni della metropolitana, con lancio di gas lacrimogeni, manganellate e spari di «bean bag round». Il punto focale della crisi, a questo punto, è l'aeroporto. Un sit-in nato per sensibilizzare i passeggeri in arrivo e partenza e iniziato venerdì è diventato un presidio. Dopo la notizia della ragazza colpita a un occhio, diventata un simbolo della protesta, molti dimostranti vi si sono recati indossando una benda sull'occhio e scandendo: «Occhio per occhio». Un appello circolato sul web ha chiesto di concentrarsi nell'hub in modo che vi siano un milione di persone lì.

Le autorità aeroportuali hanno ordinato la sospensione dei voli in partenza, mentre quelli in arriva sono per il momento ancora autorizzati ad atterrare. Il clima attorno a questa manifestazione sta rapidamente peggiorando. Ci sono segnali espliciti del fatto che Pechino sta perdendo la pazienza. Dopo che la settimana scorsa, con un'offensiva diplomatica internazionale, ha cercato di bollare i dimostranti come violenti e ha accusato paesi stranieri, gli Stati uniti, di soffiare sul fuoco per suscitare una «rivoluzione colorata», oggi ha esplicitamente parlato di «terrorismo».

Momento critico

Lo ha fatto attraverso il portavoce dell'Ufficio affari di Hong Kong e Macao Yang Guang, che ha letto una dichiarazione ai media hongkonghesi. Yang ha detto che la città sta vivendo un «momento critico» e ha incoraggiato la polizia locale a usare il «pugno di ferro». Soprattutto ha affermato che ci sono «segni di terrorismo» nelle violenze dei manifestanti pro-democrazia. Pechino ha esplicitamente chiarito nei giorni scorsi che, qualora la polizia locale non dovesse riuscire a mettere sotto controllo la situazione, non resterà inerte. La situazione, insomma, rischia di precipitare.

Le manifestazioni sono iniziate tre mesi fa, quando l'amministrazione dell'ex colonia britannica ha cercato di far approvare una proposta di legge sulle estradizioni che, secondo i dimostranti, avrebbe consentito alla Cina di mettere le mani sui dissidenti che si trovano a Hong Kong. Il territorio semi-autonomo non ha un accordo di estradizione con la Repubblica popolare e Taiwan.

I dubbi dei dimostranti

Sebbene la Chief Executive Carrie Lam, capo del governo locale, abbia annunciato la sospensione di questa procedura e il ritiro della proposta, le manifestazioni sono continuate. I dimostranti sospettano che il ritiro della norma sia solo tattico e temporaneo. Inoltre ormai la protesta ha assunto contorni più ampi, andando ad abbracciare la richiesta di dimissioni per Lam, considerata troppo vicina a Pechino, e la tutela delle libertà democratiche garantite dal sistema «un paese, due sistemi». Inoltre, i manifestanti denunciano la repressione da parte della polizia.