19 aprile 2024
Aggiornato 01:00
Crisi coreana

Corea del Nord, Putin si oppone alle sanzioni: «No all'isteria militare. Ricordate cosa accadde in Iraq?»

Il leader del Cremlino a chiusura del vertice Brics ha sottolineato che la Corea del Nord non abbandonerà il suo programma nucleare se non si sentirà sicura. E che nuove sanzioni o l'isteria militare non farebbero altro che esacerbare la crisi

MOSCA - La Corea del Nord non abbandonerà il suo programma nucleare se non si sentirà sicura. Così il presidente russo Vladimir Putin a chiusura del vertice Brics. «La Corea del Nord, ricorda benissimo il destino di (Saddam) Hussein: c'è davvero qualcuno che pensa che interromperà i test nucleari causa sanzioni?» ha detto Putin provocatoriamente. Putin ha anche sottolineato che le sanzioni non aiuteranno. Piuttosto, i nordcoreani «si mangeranno l'erba», ma non rinunceranno al loro programma nucleare, sentendosi minacciati.

Nuove sanzioni alla Corea?
Il presidente russo si ritaglia dunque un ruolo di primo piano anche nella crisi coreana, incarnando un fondamentale contrappeso geopolitico agli Stati Uniti di Trump e all'Occidente tutto, compatto nel chiedere nuove sanzioni contro la Nordcorea. «È assurdo mettere la Russia sulla stessa lista nera con la Corea del Nord e l'Iran, e poi chiederci di aderire alla questione delle sanzioni contro Pyongyang", ha puntualizzato Putin. Il presidente russo ha perlatro sottolineato che le sanzioni sarebbero assurde anche perchè tra Mosca e Pyonyang «gli scambi commerciali sono praticamente pari a zero».

Il paragone scomodo con l'Iraq
Putin è insomma convinto che «insistere sull'isteria militare» non sia un buon mezzo per risolvere la crisi: anzi, a suo avviso sarebbe un metodo «senza senso, un vicolo cieco". Putin ha inoltre fatto un paragone molto scomodo per gli Usa: «Tutti ricordano bene cosa è successo in Iraq. Saddam Hussein aveva rinunciato alla produzione di armi di distruzione di massa; tuttavia, con il pretesto della ricerca proprio di queste armi, è stato distrutto il Paese e Saddam è stato impiccato. In Corea del Nord lo sanno bene tutti e se lo ricordano». «C'è davvero qualcuno che pensa che solo per l'adozione di qualche sanzione, la Corea del Nord abbandonerà il percorso, intrapreso per creare armi di distruzione di massa?», ha chiesto poi in modo retorico Putin.

Il complicato rapporto con gli Usa
Quello coreano è soltanto l'ultimo fronte nel braccio di ferro con gli Stati Uniti. "Per raggiungere la piena parità" con gli Usa, ha infatti ricordato il presidente russo in riferimento alle ultime ritorsioni reciproche, sarebbe necessario espellere altri diplomatici statunitensi dalla Russia. «Ci riserviamo il diritto di prendere una decisione su quanti diplomatici americani ci devono essere a Mosca, ma non lo faremo per il momento», ha dichiarato Putin a una conferenza stampa dopo un vertice delle nazioni BRICS nel sud della Cina. 

Il colloquio con Shinzo Abe
Il presidente russo si è anche confrontato con il primo ministro giapponese Shinzo Abe sull'escalation della penisola coreana, condannando il test nucleare della Corea del Nord e concordando sulla necessità di proseguire il dialogo su questo tema nel corso dell'incontro del 7 settembre. "Questa sera al termine dei contatti con Xi Jinping, all'hotel Putin ha avuto una conversazione telefonica con il primo ministro giapponese Shinzo Abe. Si sono scambiati le opinioni sull'escalation nella penisola coreana. Entrambi i leader hanno condannato l'ennesimo test nucleare nordcoreano, che mette a rischio il regime internazionale di non proliferazione, viola le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e del diritto internazionale e rappresenta una minaccia concreta per la pace e la stabilità regionale», ha dichiarato il portavoe Dimitri Peskov ai giornalisti. «Putin auspica che la comunità internazionale non si faccia prendere dalle emozioni e agisca con calma e lucidità, allo stesso tempo ha sottolineato che la risoluzione al problema nucleare e alle altre questioni nella penisola coreana può essere raggiunta solo attraverso mezzi politici e diplomatici", ha evideziato il portavoce del Cremlino.