Siria, le bugie di chi ci racconta che è tutta colpa della Russia sono il primo ostacolo alla pace
L'inquisizione alla Russia andata in scena all'Onu, e le versioni monocordi della stampa occidentale, dimostrano che il vero obiettivo dei 'campioni della democrazia' non è la pace
DAMASCO - Il dossier siriano è sempre più drammaticamente intricato e, quel che è peggio, bagnato di sangue. Del sangue di bambini, donne e uomini, vittime di una guerra assurda a cui pare sempre più difficile mettere fine. Ognuno, nel teatro siriano, ha le proprie responsabilità di fronte a una simile catastrofe umanitaria: Assad, i ribelli, Mosca e Washington. L'intera comunità internazionale, davanti a quel disastro, non può che constatare il proprio fallimento. E di certo, il costante assalto dei Paesi occidentali e dei relativi media mainstream contro una sola parte - rappresentata dal governo siriano e dalla Russia che lo sostiene - non può che peggiorare la situazione.
Ipocrisia
Non è nostra intenzione assolvere nessuno, tantomeno Bashar al Assad. E' nostra intenzione, però, svelare l'ipocrisia che si cela dietro al vero e proprio processo inquisitorio che si è tenuto al Consiglio di sicurezza dell'Onu, dove - lo abbiamo già raccontato - i diplomatici occidentali non hanno perso occasione per puntare il dito contro Mosca. Proprio in queste ore, il segretario di Stato americano John Kerry ha avvisato, in una telefonata, il collega russo Lavrov che «gli Stati Uniti si preparano a sospendere il loro impegno bilaterale con la Russia sulla Siria, in particolare la messa a punto di un centro congiunto di coordinamento militare previsto dagli accordi di Ginevra e di partnership nell’antiterrorismo». Sempre che il Cremlino non faccia «passi immediati» per far cessare «questo assalto» e far passare i convogli umanitari ad Aleppo. L'ipocrisia è che Washington, quale che fosse l'intenzione di Obama e di Kerry, di passi concreti perché la tregua e l'accordo funzionassero non ne ha fatti.
Le bombe americane sull'esercito siriano
Perché ciò che sui media occidentali non compare (o è comparso di striscio, e poi volutamente annebbiato), è il primo motivo che ha così drammaticamente seppellito la tregua: non l’iniziativa di Mosca, ma le bombe che gli americani hanno sganciato per primi, «per errore» (così dicono), sull'esercito siriano. Proprio quando, in virtù del cessate il fuoco concordato con la Russia, avevano promesso di concentrare i propri sforzi sull'Isis.
Aleppo non è distrutta da ieri
Quello che i media non ci dicono è che Aleppo non è distrutta da oggi, o da ieri. L'acqua e l'elettricità non mancano da oggi, o da ieri. Tutto ciò accade da cinque anni. Da quando i ribelli, ben presto fomentati e finanziati da sauditi, Turchia, e persino Washington, mischiati con i jihadisti, e da essi supportati, hanno trasformato la rivolta in guerra. E se Assad è responsabile per quello che sta accadendo, sarebbe intellettualmente disonesto negare le responsabilità dell'altra parte, un calderone così intricato ed eterogeneo dove i cosiddetti «moderati» sostenuti da Wahington sono molto difficili da distinguere dagli estremisti, perché in fondo, con essi, ci collaborano.
Le rivelazioni del comandante di Al Nusra
Ciò che molti media preferiscono tenerci nascosto è che la strategia di Washington di armare i ribelli, di sovvertire il regime di Assad, e di dare priorità al «regime change» piuttosto che alla lotta all'Isis ha finito per rintuzzare le scintille dello jihadismo, dell'estremismo, dell'odio, del settarismo. E chi, dal suo illustre e storico scranno all'Onu, accusa Mosca di crimini di guerra, nelle sue storiche e devastanti campagne belliche si è macchiato, a sua volta, di crimini di guerra. Non solo: quei rispettabili difensori della «democrazia» e del «mondo libero» sono gli stessi che un comandante di Al Nusra - gruppo riconosciuto da Washington stessa come «terroristico» -, intervistato da un quotidiano tedesco, ha esplicitamente accusato di sostenere direttamente i terroristi. Questa notizia, comparsa su un giornale tedesco a cui si deve riconoscere il merito di aver alzato una voce fuori dal coro, qui in Italia misteriosamente non l'ha ripresa quasi nessuno.
L'accusa di Lavrov
Così, mentre tutti sono solerti a riportare le parole di Kerry a Lavrov, si contano sulle dita di una mano coloro che hanno diffuso interamente la risposta della controparte russa: perché Mosca – come riporta l’agenzia Tass – ha protestato per le dichiarazioni rese ai media dai comandanti di Al Nusra, secondo cui avrebbero ricevuto armi proprio dagli Stati Uniti. «Organizzazioni che Washington definisce moderate – le parole di Lavrov riportate da Tass – non solo hanno rifiutato di aderire all’accordo di tregua del 9 settembre scorso, ma si sono anche raggruppate con al-Nusra e continuano le operazioni militari contro i siriani accanto a quelle unità di al Qaeda».
Quei rifornimenti da Usa, Israele e Turchia
Quel capo della (ex) filiale qaidista siriana ha anche affermato che l’organizzazione ha ricevuto carri armati e altri armamenti pesanti attraverso Libia e Turchia, ma anche esperti e ufficiali da Usa, Israele e Turchia dentro Aleppo assediata, e che i comandanti dell’Isis sono guidati dall’intelligence occidentale. Ha poi aggiunto di non volere che il cessate il fuoco vada a buon fine. Per poi ribadire che «gli Stati Uniti sono con noi».
Lo show anti-russo all'Onu, l'ennesimo capitolo della tornata elettorale
Accuse pesanti, che fotografano un quadro decisamente diverso da quello che ci mostrano ogni giorno sui giornali. Questa non è una lotta ai buoni e ai cattivi, ma una guerra da fermare urgentemente. E l’inquisizione anti-russa che si è consumata all’Onu, perpetrata da pulpiti tutt’altro che degni, rischia di presentarsi come il più cinico ed ipocrita capitolo dell’attuale tornata elettorale. Con una Hillary Clinton che cerca, prima che sia troppo tardi, di smarcarsi dalla troppo debole, indecisa e confusa politica estera di Obama: lei, si sa, sulla Siria vorrebbe imporre una no-fly zone contro il regime di Damasco, anche a costo di scontrarsi con Putin e di creare una nuova polveriera, ottimo covo per attuali e futuri jihadisti. E gli inglesi e i francesi, che storicamente vantano pesantissime responsabilità coloniali sul disastro mediorientale attualmente in corso, in sede Onu sono stati i principali accusatori della Russia, mostrando al probabile futuro Presidente Usa un’incondizionata fedeltà ante litteram.
Il problema delle versioni univoche
Quanto a Obama, è la figura più ambigua di tutte: per il Presidente uscente, la Siria – lo ha ammesso con una certa emozione intervistato da Vanity Fair – è il suo fallimento più cocente e doloroso. Forse, Obama, a quel cessate il fuoco credeva davvero. Ma il caos che la sua amministrazione ha fomentato in Siria era ormai fuori controllo: e i «falchi» hanno avuto la meglio. Qui nessuno pensa che la pace sia una conquista semplice, specialmente in un simile crogiolo di interessi contrapposti. Ma conoscere una sola versione non è mai utile. Specialmente se quella pace, quella pace calpestata, umiliata, sbeffeggiata, ripudiata dai tanti attori in gioco, è il reale obiettivo.
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