Isis: racconto da Falluja cuore dell'Islam sunnita, dove tutto è cominciato
Falluja è stata il covo degli ultimi lealisti di Saddam, oggi è vissuta in prevalenza da sunniti umiliati dagli sciiti dopo la sua caduta. L'Isis è nato qui, dopo il bombardamento Usa più feroce dai tempi del Vietnam
FALLUJA - La stazione centrale di Baghdad era un porto di mare tipicamente mediorientale. Ricca di frutta, di gabbiette con uccelli colorati e canterini, tappeti di ogni foggia e provenienza, armi nemmeno troppo nascoste. Bastava andare in qualche sottoscala, sollevare una coperta e potevi comprarti tutto ciò che volevi. Un kalashnikov costava circa cento dollari, ma non mancavano i lanciarazzi. C’era anche il servizio «poligono nel deserto»: dopo un breve viaggio a bordo di una jeep, in una zona desertica o in un sobborgo devastato, potevi sfogarti sparando qualche caricatore: cinquanta dollari. L’Iraq al termine del 2003 e nei primi mesi del 2004 si riempì di turisti fai da te della guerra, soprattutto statunitensi e koreani alla ricerca di qualcosa di esotico. E per loro, carichi di dollari, venivano organizzati pacchetti completi con offerte tipo quella sopracitata. Alla stazione centrale di Baghdad c’erano anche gli autobus in partenza per ogni parte del paese e non solo, anche per Amman, Aleppo, la lontana Damasco. Tutte le destinazioni erano prese d’assalto, tranne una: Falluja.
Falluja, «il covo degli irriducibili», gli ultimi lealisti di Saddam Hussein
Piccola cittadina posizionata lungo l’Eufrate, un deserto di cemento piantato in un deserto di sabbia punteggiato da duecento moschee. Una ogni 1500 persone, perché Falluja è il cuore dell’Islam sunnita. «Hell, hell» («inferno, inferno»), urlavano i bambini che mi scortavano mentre avvicinavo l’autobus in partenza per Falluja. Un nome al cui suono tutti si allarmavano sconsigliandomi di andarci perché era, nel lontano 2004, «il covo degli irriducibili», degli ultimi lealisti di Saddam Hussein che da lì a poco sarebbe stato impiccato. Su quell’autobus salii insieme ad altre venti persone. Dopo una lunga e vana attesa che il torpedone si riempisse di passeggeri, il conducente decise che io avrei pagato una quota supplementare come compensazione. Solito viaggio iracheno coperto da tendine di velluto rosso, galline sul pavimento, e nubi di fumo che nemmeno in una fumeria d’oppio.
Perché sempre Falluja?
Falluja era, tredici anni fa, una città deserta. Stazione deserta, case deserte, moschea centrale inavvicinabile e deserta, senza alberghi, caldo soffocante, cinquanta gradi all’ombra. Mi fermai un giorno uno, ospite di un imam conosciuto lungo il viaggio, di cui conservo ancora la pietra su cui appoggiano la fronte quando pregano rivolti verso La Mecca. Probabilmente gli feci pena, o paura. O entrambe le cose. Poi è stata rasa al suolo dodici anni fa. Oggi, quel poco che è stato ricostruito in questi anni è nuovamente oggetto della furia bellica e sarà nuovamente raso al suolo. Perché sempre Falluja?
Vissuta in prevalenza da sunniti umiliati dagli sciiti dopo la caduta di Saddam, orfani del partito Baath
Posizionata a sessanta km da Baghdad, si trova lungo la direttrice che porta verso la Giordania, la più pericolosa dell’Iraq. Vissuta in prevalenza da sunniti umiliati dagli sciiti dopo la caduta di Saddam, orfani del partito Baath follemente sciolto dagli statunitensi appena entrati in Iraq, fu il luogo dove si ritirò lo stato maggiore iracheno. Qui si organizzò una guerriglia terroristica anti americana molto forte, seppur male armata. Priva di pezzi di artiglieria, dotata prettamente di Rpg e contraerea. Poca religione, molto rancore. Da qui però partivano alla volta della capitale un alto numero di kamikaze che si facevano esplodere per le vie adiacenti la «zona verde» quando passavano le colonne corazzate statunitensi. A decine.
Il bombardamento Usa più feroce dopo il Vietnam, con armi nucleari
Per stroncare questo nido di insorti gli americani organizzarono e attuarono il bombardamento più duro dal termine della guerra del Vietnam. Secondo lo studio epidemiologico realizzato dal professor Busby assieme a Malak Hamdan, presidentessa della fondazione Cancro e Malformazioni Congenite, e Eleonore Blaurock-Busch, furono utilizzate nell’assedio del 2004 armi nucleari. «Abbiamo ottenuto campioni di capelli molto lunghi da alcune donne e abbiamo misurato i livelli di uranio attraverso la loro lunghezza. Ma soprattutto abbiamo provato l’esistenza di nuove armi all’uranio. Ordigni che fanno decisamente paura», dissero gli studiosi.
Quel massacro è stato la scintilla da cui è nato l'Isis
Oggi si può, senza tema di smentita, affermare che quel massacro è stato la scintilla da cui è nato l’Isis che, tra le altre cose, ha ripreso il controllo della città o di ciò che ne rimaneva. Isis che resiste all’attacco delle forze governative che stanno bombardando la città a colpi di artiglieria, sopportate dall’aviazione statunitense. Nessun giornalista è presente all’interno della città, quindi giungono solo notizie frammentarie secondo cui l’offensiva sarebbe stata fermata dal premier iracheno Abadi, a causa dell’eccessiva carneficina di civili. Esattamente come accadde dodici anni fa, la guerriglia si starebbe facendo scudo umano con la popolazione, bloccata e senza via di fuga. In ogni caso, dopo la prevedibile mattanza, Falluja cadrà entro poche settimane, ma è illusorio pensare che questa sconfitta, l’ennesima, possa coincidere con la fine dell’Isis. Che al massimo muterà pelle, trasformandosi ancora in qualcosa di diverso, probabilmente ancora più aggressivo.
L’Isis è un prodotto ormai fuori controllo dell’Occidente
La guerriglia – terroristi-insorti, la sostanza non cambia – del 2004, se paragonata a quella odierna, è nettamente diversa e più moderata. Al tempo era priva di denaro e organizzazione logistica, oggi l’Isis ha la struttura che tutti conosciamo. L’Isis è un prodotto ormai fuori controllo dell’occidente. L’occidente lo distruggerà per creare un altro mostro. Questo nuovo mostro sta nascendo a Falluja, ora. E’ quanto accadde nel 2004, è quanto continuerà ad accadere. Destabilizzare quei territori, creare masse enormi di uomini da scaraventare contro l’Europa. Il piano è netto e ben visibile, ormai. La teoria del «caos controllato», la destabilizzazione del Medio Oriente per accaparrarsi le risorse a prezzo stracciato, unita al crollo dell’Europa sotto la pressione di enormi masse di profughi.
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