28 marzo 2024
Aggiornato 09:30
Secondo i sondaggi del Guardian

Brexit, il sorpasso del fronte anti-Ue. E arriva l'immigrazione a punti

A una ventina di giorni dal referendum sulla Brexit, le rilevazioni pubblicate dal Guardian danno il fronte anti-Ue in sorpasso su chi vuole rimanere in Europa

LONDRA - Siamo ormai entrati nel mese in cui si terrà il temutissimo e attesissimo referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea. E, a circa 20 giorni dalla data fatidica, il fronte del «Brexit» sorpassa clamorosamente quello anti-Brexit, secondo due nuovi sondaggi pubblicati dalla stampa britannica, sebbene la media delle rilevazioni mantenga ancora gli europeisti in vantaggio di stretto margine.

4 punti di distacco
I due sondaggi della Icm pubblicati dal Guardian sono stati condotti on-line e per telefono: nella prima rilevazione il 47% era favorevole all'uscita della'Ue contro un 44% di contrari, mentre un 9% si definiva indeciso a poco più di tre settimane dal voto, in programma il 23 giugno. La rilevazione telefonica dava il «Brexit» al 45% contro il 42%, con un 13% di indecisi; eliminati questi ultimi i favorevoli all'uscita dall'Ue sarebbero il 52% di coloro che hanno già deciso il proprio voto, contro un 48% di contrari: quasi l'esatto opposto della media rilevata dal progetto What Uk Thinks sugli ultimi sei sondaggi, che dava gli europeisti al 51% contro il 49%. 

Confronto tra sondaggi
Non è una novità che le modalità di conduzione dei sondaggi possano influenzarne i risultati. Storicamente, quelli condotti online hanno registrato un'impennata del fronte pro-Brexit, mentre per telefono gli intervistati sono solitamente stati più restii a confessare di voler votare per l'uscita dall'Ue. Eppure, il quotidiano britannico ha sottolineato come anche nelle interviste telefoniche il fronte pro-Brexit sia in netta crescita rispetto al passato.

Ukip in crescita
Le rilevazioni hanno sondato anche il gradimento degli elettori per i diversi partiti politici in campo. I conservatori sarebbero stabili al 36%, i laburisti al 32%, mentre il partito euroscettico Ukip vede un'impennata di preferenze: nei sondaggi telefonici, il partito ha registrato un aumento di due punti percentuali, forse anche per la grande visibilità del suo leader Nigel Farage nella campagna sulla Brexit. Il tutto, mentre il referendum sta letteralmente frammentando anche il partito conservatore: se il suo leader nonché premier David Cameron è schierato contro l'uscita dall'Ue, sta riscuotendo sempre più consensi l'ex sindaco di Londra Boris Johnson, uno dei volti principali della campagna per la Brexit.

Nodo immigrazione
Di certo, a 22 giorni dal referendum, lo scontro politico è destinato a farsi sempre più feroce, dentro e fuori dal partito conservatore. Ad esempio, sta facendo discutere la proposta dei leader dei pro-Brexit, che hanno presentato un progetto di inasprimento della politica migratoria del Regno Unito verso i cittadini Ue sul modello australiano. Piano che intendono applicare se vinceranno il referendum del 23 giugno e le prossime elezioni legislative. «Alle prossime elezioni politiche creeremo un vero sistema di immigrazione a punti sul modello australiano», scrivono in un comunicato congiunto l'ex sindaco di Londra, Boris Johnson, che spera di succedere al Primo ministro David Cameron al 10 di Downing Street, il guardasigilli Michael Gove, la ministra del Lavoro Priti Patel e la deputata Gisela Stuart. «Il diritto automatico di cui dispongono tutti i cittadini Ue di venire a vivere e a lavorare nel Regno Unito sarà soppresso», aggiungono, sottolineando che i cittadini Ue già residenti nel Regno saranno esentati dal provvedimento. 

Una politica migratoria ispirata dall'Australia
In questo nuovo sistema, ispirato dalla politica migratoria molto restrittiva di Canberra, le domande per i permessi di soggiorno e di lavoro nel Regno saranno selezionate in funzione della competenza e delle qualifiche del richiedente «senza discriminazione di nazionalità». «Per ottenere un permesso di lavoro, i migranti economici dovranno essere qualificati per il posto per il quale si candidano», scrivono ancora i sostenitori di una uscita del Regno Unito dall'Ue che precisano che una «buona conoscenza dell'inglese» potrà essere richiesta per alcuni posti di lavoro.