19 aprile 2024
Aggiornato 05:00
Da gennaio tutto è cambiato

Di nuovo Syriza, il «nuovo» Tsipras

Sembra un déjà vu: Syriza vince e Tsipras è il premier. Ma la verità è che tutto è cambiato: è cambiata la speranza, è cambiato il mandato d'elezione, è cambiato il popolo che lo ha eletto. È cambiato Tsipras stesso

ATENE – Le urne si chiudono, escono i primi exit poll, che registrano il vantaggio di Syriza. Nella notte, il risultato si fa ufficiale: il partito di sinistra trionfa, e il suo capo Alexis Tsipras è il nuovo premier. Déjà vu? A prima vista, potrebbe esserlo. La palma della vittoria è stata consegnata allo stesso partito e allo stesso candidato di gennaio; il risultato (35% delle preferenze) non si discosta poi molto da quello di mesi fa, se non per il dato sull’astensionismo, cresciuto dal 36,4% al 45,2%; si replicherà anche l’intesa con i nazionalisti dei Greci indipendenti già al governo negli ultimi mesi. Eppure, molto è cambiato. Lo si capisce innanzitutto confrontando i due messaggi postati sul web dal neoeletto premier. A gennaio, il tweet suonava così: «Ha vinto la speranza. Oggi il popolo greco ha fatto la storia, oggi chiudiamo il circolo vizioso dell’austerità». Ieri sera, invece, sul profilo di Tsipras spiccava l’immagine di un gabbiano, con la scritta, ben meno entusiasta della precedente: «La strada è per noi aperta al lavoro e alla lotta». Se un riferimento alla speranza rimane, metaforizzata nel gabbiano, cade invece ogni allusione alla tanto odiata austerity. Sarà forse perché il mandato con cui Alexis Tsipras è stato eletto questa volta pare ben diverso dal precedente.

Austerità no, austerità sì
«Ciò che ci ha chiesto il popolo della Grecia è qualcosa che non si può discutere: dobbiamo mettere fine all’austerità. [...] La Grecia presenterà le sue vere proposte all’Ue, un nuovo piano radicale per i prossimi quattro anni»: questa, la promessa di Tsipras a gennaio, urlata a squarciagola su una piazza Syntagma festante. Quell’entusiasmo lo abbiamo rivisto due mesi fa, con la vittoria del «no» al referendum. Ieri sera, invece, l’atmosfera era molto diversa. Meno bandiere, festeggiamenti più pacati, la cieca speranza di gennaio mutata in dignitosa e drammatica consapevolezza. Le parole del rieletto premier non si sono discostate poi tanto da quelle pronunciate a gennaio, se non per il tono più dimesso: «È una grande vittoria del nostro popolo, che ci ha dato mandato di lottare dentro e fuori il nostro Paese. Continueremo la lotta cominciata sette mesi fa», ha detto. Ma la verità è che il primo ministro che hanno scelto ieri i greci sembra profondamente diverso da quello che incoronarono a gennaio.

Il difficile arriva ora
Perché lo Tsipras di gennaio era stato acclamato con il mandato di non piegarsi all’austerità, facendo della Grecia il Paese dove sarebbe cominciata la «primavera d’Europa». Ieri, Tsipras è stato rieletto, a larga maggioranza, con un compito del tutto diverso: quello di portare a compimento il piano «lacrime e sangue» firmato lo scorso luglio, che lo ha portato alle dimissioni. Con questo voto, i greci hanno dato il proprio sostegno non tanto al premier che promise ad Atene un accordo rivoluzionario, ma a colui che, messo con le spalle al muro dalla Troika dopo mesi di tentativi non riusciti, ha firmato un programma all’insegna dell’austerità. Le promesse di «lotta» e «nuovi negoziati» rimangono; ma ad oggi, quello che si sa è che la Grecia dovrà tener fede a un patto che non era mai stato così duro, con il beneplacito del popolo. Un beneplacito dimostrato anche dal fatto che i «dissidenti» di Syriza (fautori del «pugno di ferro»), riuniti in Unità popolare, non hanno nemmeno raggiunto la soglia di sbarramento. Non da ultimo, da notare le differenti reazioni della Trojka di fronte alle due elezioni: a gennaio aleggiava timore nei confronti di quel giovane premier che prometteva di rivoluzionare l’Eurozona; oggi, la sua elezione è quasi una conferma: la conferma che quel piano da lui firmato sarà rispettato al 100%. Probabilmente, è sincero, Tsipras, quando dice di voler continuare la lotta iniziata sette mesi fa; primo nodo da sciogliere, la questione del debito. Ma ora, diversamente da allora, è consapevole di quanto la sfida sia disperata. Ne è consapevole più che mai anche il suo popolo.