Perché Tsipras non risparmia sulle armi anziché aumentare l’Iva?
Da un governo di sinistra come quelli di Syriza, ci si aspetterebbe che, prima di aumentare Iva o tasse, si tagliassero sensibilmente le spese militari per far quadrare i conti. Eppure, la riduzione del budget destinato alla difesa è stato minimo. Cosa c'è sotto?
ATENE – Tra le misure che Alexis Tsipras ha messo sul tavolo lunedì per ripagare i suoi creditori, spicca un taglio da 200 milioni di euro nel budget previsto per la difesa militare del prossimo anno, ridimensionato del 5%. Eppure, tale misura solleva almeno una questione: perché il governo di Tsipras non ci ha pensato prima? E, ancor di più, perché, in una fase precedente dei negoziati, non ha deciso di tagliare più decisamente tale capitolo di spesa?
Armi intoccabili
La domanda nasce dall’orientamento fortemente a sinistra del governo ellenico, orientamento per tradizione propenso a un ridimensionamento delle spese per la difesa. Tanto più che un provvedimento di questo tipo avrebbe potuto scongiurare altri sacrifici richiesti al popolo, come l’aumento dell’Iva e delle tasse. Secondo The Guardian, fino ad ora Tsipras non ha fatto altro che fissare a 500 milioni di euro la spesa per la modernizzazione dei sistemi di supporto navale.
Il primato della Grecia nel budget per la difesa
E quello che più colpisce è che il governo più a sinistra dello scacchiere politico europeo non è affatto quello che spende meno in campo militare: secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), lo scorso anno Atene ha profuso il 2,2% del suo Pil nella difesa. Tra i Paesi Nato, solo il Regno Unito spende di più in proporzione alla sua economia. Lo scorso 15 marzo, con il Paese in piena crisi di liquidità, Tsipras firmava un assegno da 50 milioni al colosso della difesa americano Lockheed, su raccomandazione del ministro della Difesa Panos Kammenos, leader della destra nazionalista di Anel, di quello degli esteri Nikos Kotzias (Syriza) e del ministro del turismo e degli affari marittimi Thodoris Dritsas, fiero oppositore delle spese militari quando la sinistra era all'opposizione. Il che conferma in pieno la tendenza ellenica: il budget per l'esercito è da sempre una delle voce principali del bilancio della Grecia. La spesa in armi da inizio millennio è stata in media pari al 4% del Pil contro l'1,7% della Ue.
Minacce turche e... tedesche?
Secondo l’analista Thanos Dokos, un abbassamento delle spese militari, negli ultimi tempi c’è stato. Ma il fatto che esse siano ancora alte è dovuto al «consenso, nel Paese, intorno all’esistenza di una minaccia dalla Turchia contro cui dovremmo essere in grado di difenderci». In più, un ulteriore abbassamento delle spese militari sarebbe difficilmente accettato dalla destra nazionalista con cui Tsipras governa in coalizione. Ma non è tutto. Dei vari capitoli di spesa legati alla difesa, il più facile e logico da ridurre è quello legato all’equipaggiamento delle forze armate. Peccato che il maggiore fornitore di armi della Grecia sia proprio la Germania, quella stessa Germania che tiene tese le cinghia dell’austerity nonostante i tentativi di ribellione dell’esecutivo ateniese.
Gli interessi dei maggiori creditori
Insomma, più di un quarto delle armi importate tra il 2000 e il 2011 provengono dal Paese verso cui Atene presenta i debiti più consistenti. Secondo Dokos, dunque, c’è da considerare l’opzione che la Grecia, anche se volesse, difficilmente potrebbe ridurre le sue spese militari, senza suscitare il malcontento degli autorevoli partner europei. Partner da cui, attualmente, dipende la sua permanenza nell’eurozona. Sarà forse questo il motivo per cui, come ha commentato il leader del centrosinistra Potami, il governo ellenico spende «più soldi per le armi che per la crisi umanitaria»? Ai posteri l’ardua sentenza.
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