29 marzo 2024
Aggiornato 09:00
La protesta egiziana

Egitto, Amnesty chiede inchiesta imparziale

Secondo i ricercatori dell'organizzazione per i diritti umani presenti nella capitale egiziana, le forze di sicurezza hanno usato una forza letale non necessaria e violato la promessa di consentire un'uscita sicura dai sit-in alle persone rimaste ferite

IL CAIRO - Amnesty International ha sollecitato un'inchiesta approfondita e imparziale sulla violenza che, a partire dal 14 agosto, ha accompagnato lo sgombero dei sit-in di protesta al Cairo. Secondo i ricercatori dell'organizzazione per i diritti umani presenti nella capitale egiziana, le forze di sicurezza hanno usato una forza letale non necessaria e violato la promessa di consentire un'uscita sicura dai sit-in alle persone rimaste ferite.

Un livello senza precedenti di violenza ha causato oltre 600 morti nel paese, ha ricordato Amnesty in un comunicato. «Ci sono pochi dubbi, sulla base delle prime testimonianze e delle altre prove che abbiamo raccolto, che le forze di sicurezza abbiano agito con un profondo disprezzo per la vita umana. Per questo, c'è urgente bisogno di un'inchiesta approfondita, imparziale e indipendente - ha dichiarato Philip Luther, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International - sebbene alcuni manifestanti abbiano usato violenza, la reazione delle forze di sicurezza è stata enormemente sproporzionata, come se non distinguesse tra manifestanti violenti e non violenti. Sono stati coinvolti nelle violenze persino dei passanti».

«Le forze di sicurezza hanno fatto ricorso alla forza letale quando non era strettamente necessaria per proteggere vite umane o prevenire gravi atti di violenza - ha proseguito - questa è una evidente violazione delle norme e degli standard internazionali. La promessa, fatta in precedenza, di ricorrere alla forza in modo graduale, dando ampio preavviso e garantendo vie d'uscita sicure, è stata tradita».

Il 14 e il 15 agosto, i ricercatori di Amnesty International hanno visitato numerose strutture mediche ufficiali e ospedali da campo, così come l'obitorio di Zeinhum, dove alle 10 di mattina del 15 erano state effettuate già 108 autopsie e molti corpi erano fuori dai locali per assenza di spazio. I ricercatori di Amnesty International hanno visitato anche la moschea Iman, dove hanno trovato 98 cadaveri, otto dei quali bruciati.

Personale medico intervistato da Amnesty International ha riferito che molti dei feriti e dei morti erano stati colpiti da proiettili nella parte superiore del corpo. Secondo le informazioni raccolte da Amnesty International, tra i morti del 14 agosto vi sono almeno tre donne e un bambino. I militari hanno impedito ad Amnesty International di visitare l'ospedale Ta'amin al-Sihi, dove erano state portate 52 salme e si erano presentati oltre 200 feriti, più della metà dei quali poi ricoverati.

Per ostacolare lo sgombero, il 14 agosto i manifestanti di Rabaa al-Adawiya hanno lanciato pietre e bombe molotov e incendiato veicoli delle forze di sicurezza. Dopo gli sgomberi dei sit-in, i sostenitori del deposto presidente Mohamed Morsi hanno compiuto atti di violenza e usato armi da fuoco, attaccando la sede del governatorato di Giza, stazioni di polizia e strutture di sicurezza. Diversi poliziotti e soldati sono stati catturati e picchiati e un agente di polizia, secondo il racconto fatto ad Amnesty International da suo cugino, è stato decapitato il 14 agosto a Giza.

Amnesty International ha chiesto alle autorità egiziane di consentire immediato accesso in Egitto agli esperti delle Nazioni Unite, in particolare il Relatore speciale sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie e arbitrarie, affinché indaghino sulle circostanze delle recenti violenze e sul costante uso eccessivo e non necessario della forza letale, a partire dalla «rivoluzione del 25 gennaio», da parte delle forze di sicurezza egiziane.

Amnesty International ha inoltre chiesto al governo del Cairo di adottare misure immediate per rafforzare la sicurezza dei cristiani e delle altre minoranze. L'organizzazione per i diritti umani ha registrato un allarmante crescendo di violenza settaria contro i copti, apparentemente come rappresaglia per il loro presunto sostegno alla decisione di deporre Mohamed Morsi. In diversi governatorati vi sono statiattacchi alle chiese, agli esercizi commerciali e alle abitazioni private dei copti, che in passato le autorità hanno mancato di difendere.