Amnesty: «Il regime libico e il Cnt hanno compiuto crimini di guerra»
Dito puntato contro i ribelli per arresti e torture arbitrari: «Il Cnt metta fine alle violenze e alle azioni arbitrarie. L'UE garantisca i diritti umani e dei rifugiati»
GINEVRA - Amnesty International ha accusato oggi il regime di Muammar Gheddafi di avere commesso crimini contro l'umanità in Libia, ma ha anche puntato il dito contro i ribelli vicini al Consiglio nazionale di transizione libico (Cnt) per presunti abusi che, in alcuni casi, costituiscono crimini di guerra.
In una relazione di 122 pagine, l'organizzazione per la difesa dei diritti umani presenta numerosi casi di violazioni compiute dagli uomini del colonnello e nota che il Cnt non sembra pronto a consegnare alla giustizia tenere i ribelli che si sono eventualmente resi responsabili di violazioni e crimini. «I responsabili dell'opposizione con i quali Amnesty International ha sollevato queste preoccupazioni hanno condannato tali abusi, ma hanno provato a minimizzare la loro ampiezza e gravità», ha dichiarato l'organizzazione.
Secondo quanto si legge nella relazione di Amnesty International, «i combattenti dell'opposizione e i loro sostenitori hanno rapito, detenuto arbitrariamente, torturato e ucciso membri delle forze di sicurezza, sospettati di essere fedeli a Gheddafi, e catturato soldati e cittadini stranieri sospettati a torto di essere mercenari e al soldo del colonnello».
«Il Cnt metta fine alle violenze e alle azioni arbitrarie» - Il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) libico deve prendere il controllo dei gruppi armati anti-Gheddafi, in modo da porre fine alle azioni di rappresaglia e agli arresti arbitrari. Lo ha dichiarato oggi Amnesty International, diffondendo un lungo rapporto sulle violazioni dei diritti umani durante il conflitto libico.
Il rapporto, di 107 pagine, intitolato La battaglia per la Libia: uccisioni, sparizioni e torture, denuncia le violenze commesse dalle forze pro-Gheddafi, ma accusa anche le forze leali al Cnt di violazioni dei diritti umani, che in alcuni casi si configurano come crimini di guerra.
«Le nuove autorità devono girare completamente pagina rispetto alle violazioni degli ultimi quattro decenni e introdurre nuovi standard per porre i diritti umani al centro della loro agenda» ha dichiarato Claudio Cordone, senior director di Amnesty International. 'Ora spetta al Cnt comportarsi differentemente, porre fine alle violazioni e avviare riforme sui diritti umani».
A essere particolarmente in pericolo sono i cittadini stranieri di Paesi africani. Tra un terzo e la metà di tutte le persone detenute a Tripoli e ad al-Zawiya è di origine straniera; Amnesty International ritiene che la maggior parte sia costituita da lavoratori migranti e non combattenti e che, dopo alcune verifiche, le voci sull'uso di grandi quantità di mercenari subsahariani da parte di Gheddafi fossero significativamente esagerate.
Il rapporto La battaglia per la Libia: uccisioni, sparizioni e torture si basa prevalentemente sulle ricerche effettuate da Amnesty International in Libia tra il 26 febbraio e il 28 maggio 2011, che hanno riguardato, tra le altre, le città di al-Baida, Ajdabiya, Brega, Bengasi, Misurata e Ras Lanouf. Una delegazione di Amnesty International è tornata in Libia nella seconda parte di agosto, giorni prima che l'opposizione conquistasse Tripoli.
«L'UE garantisca i diritti umani e dei rifugiati» - L'Unione europea deve porre la protezione dei diritti umani e dei rifugiati al centro delle proprie decisioni. A chiederlo è Amnesty International, che nel suo ultimo rapporto sottolinea che è il momento che i Ventisette riflettano sull'impatto che le politiche migratorie hanno avuto sul rispetto dei diritti umani.
Il rapporto sottolinea che, da quando è iniziata la rivolta in Libia, molte persone hanno dovuto affrontare viaggi pericolosi, a volte fatali, attraversando il mar Mediterraneo verso le coste europee. Pur avendo ricevuto in questi mesi soltanto il 2 per cento dei richiedenti asilo, rifugiati e migranti fuggiti dalla Libia, gli Stati dell'Unione europea non hanno esitato a parlare di un 'afflusso di massa', causato dall'instabilita' nell'Africa del Nord, e hanno continuato a perseguire politiche di controllo delle frontiere a spese dei diritti umani. Gli stati dell'Unione europea e la Nato non hanno adottato - è l'accusa di Amnesty International - tutte le misure necessarie per garantire ai civili in fuga dalla Libia di mettersi in salvo, pur essendo la protezione dei civili la ragion d'essere dichiarata dell'intervento della Nato in Libia. Dal marzo 2011, si ritiene che almeno 1500 persone siano morte in mare.
In precedenza, vi era stato un periodo di intensa collaborazione con il governo del colonnello Gheddafi, che di fatto sosteneva prassi abusive nei confronti di rifugiati e migranti, e rispetto alla quale l'Italia aveva giocato un ruolo fondamentale. Più di recente l'Italia si è impegnata, con una scelta che solleva le preoccupazioni di Amnesty International, in un memorandum firmato con il Cnt a un'assistenza reciproca e alla cooperazione nella 'lotta alla migrazione illegale', incluso il 'rimpatrio di migranti illegali'. La firma di questo memorandum, mentre in Libia infuriava il conflitto, in totale assenza di adeguate garanzie per i diritti umani e per il diritto dei rifugiati, solleva profondi timori che i diritti umani vengano ancora una volta sacrificati.
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