19 aprile 2024
Aggiornato 15:00
Crisi libica

Libia, il Premier Sarraj discute il rilancio dei negoziati dopo lo stallo dell'offensiva

Con inviata Onu che in giorni scorsi ha sentito capo assemblea Tobruk. Una ripresa dei negoziati in una fase che vede un'escalation di violenze, con nessuna delle due parti che riesce a imporsi

Il Premier libico Fayez al Sarraj
Il Premier libico Fayez al Sarraj Foto: ANSA

TRIPOLI - Dopo giorni di violenti scontri attorno alla base al Watiya, a Sud-Ovest di Tripoli, e all'indomani di nuovi raid aerei su Tripoli e Misurata, il premier libico Fayez al Sarraj ha discusso con l'inviata Onu Stephanie Williams il rilancio del processo politico per una soluzione della crisi in Libia. Nei giorni scorsi la rappresentante Onu aveva già avuto un colloquio con il presidente del parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, sulla sua proposta di riformare l'Accordo politico libico firmato nel 2015 a Skhirat.

Martedì 5 maggio, Sarraj aveva lanciato un appello per una ripresa del processo politico «in modo da entrare in una nuova fase e concordare una roadmap completa che riunisca tutti i libici», precisando: «Sia modificando l'accordo politico e formando un nuovo Consiglio presidenziale di un capo e due delegati, con un primo ministro separato, oppure concordando su una base costituzionale che apra la strada alle elezioni generali». Il mese scorso, però, Sarraj ha escluso di tornare a negoziare con il generale Khalifa Haftar, accusato di aver «rinnegato» ogni accordo raggiunto in passato, ma alcuni media hanno riferito di possibili intese tra il leader del governo di Tripoli e Saleh.

Una ripresa dei negoziati in una fase che vede un'escalation di violenze, con nessuna delle due parti che riesce a imporsi. Ieri le forze di Haftar hanno lanciato diversi attacchi aerei contro l'aeroporto di Misurata, che avrebbero colpito «armi turche», stando a quanto riportato da Al Marsad. Tuttavia le autorità municipali hanno attribuito le esplosioni delle armi a un aumento della temperatura, invitando la popolazione a rimanere in casa.

In un punto stampa, il portavoce dell'autoproclamato Esercito nazionale libico guidato da Haftar, Ahmed al-Mesmari, ha riferito invece di un «grande attacco respinto alla base aerea al-Watiyah», nei pressi del confine con la Tunisia, e controllata dalle forze di Haftar dal 2014. Sono giorni che le forze del governo di Sarraj sono impegnate nell'offensiva contro il quartier generale di Haftar per le sue operazioni militari nell'Ovest del Paese, e ieri Mohamed Gununu, portavoce dell'Operazione «Tempesta di pace», lanciata da Tripoli alla fine marzo, ha riferito di 24 raid aerei messi a segno sulla base aerea. Non si hanno al momento bilanci confermati di vittime, ma le due parti riferiscono di decine di morti e feriti.

Altri tre civili sono morti e 19 sono feriti in un attacco lanciato dalle forze di Haftar lungo la strada che porta a Tajoura, a Est di Tripoli. E già nelle scorse settimane sono stati proprio i civili a pagare il prezzo più alto dei continui raid sulla capitale.

Dopo la riconquista di tre località strategiche lungo la costa libica, tra la capitale e il confine con la Tunisia - grazie a un maggior supporto, soprattutto aereo, della Turchia - l'offensiva lanciata dalle forze di Tripoli per strappare ad Haftar Tarhuna, situata circa 60 chilometri a Sud-Est di Tripoli, e la base di al al-Watiyah, non hanno avuto al momento l'esito auspicato.

Da parte sua, in seguito alle difficoltà incontrate sul terreno militare, il 27 aprile scorso Haftar ha dichiarato nullo l'Accordo politico del 2015, dicendosi pronto ad accettare «il mandato del popolo» per governare il Paese, apparentemente in contrasto con la proposta di Saleh di riformare lo stesso accordo. Il presidente del parlamento di Tobruk ha però smentito ogni contrasto. Due giorni dopo lo stesso generale ha annunciato anche di accogliere l'appello della comunità internazionale per un cessate il fuoco in occasione del Ramadan, ma Tripoli ha respinto la tregua, definita «una vuota promessa» a fronte dell'inaffidabilità dimostrata da Haftar negli anni.

Il governo di Sarraj ha sottolineato che «qualsiasi operazione di cessate il fuoco e il raggiungimento di una tregua reale ha bisogno di garanzie e meccanismi internazionali», chiedendo quindi di riattivare i negoziati mediati dall'Onu a Ginevra della Commissione 5+5.

In tale contesto, il colloquio telefonico avuto ieri da Sarraj con l'inviata Onu, «e altre iniziative recentemente annunciate e altrettanto positive, rappresentano uno slancio che deve essere sfruttato per porre fine ai combattimenti e riprendere un processo politico globale». Dopo il colloquo con Saleh, Williams aveva definito in una nota «la sua recente iniziativa un segnale positivo». Nel comunicato diffuso ieri ha quindi ribadito la disponibilità della missione Onu in Libia (Unsmil) a riprendere il percorso politico intra-libico definito alla conferenza di Berlino.