Ritiro USA da Iraq: tutti cantano vittoria dal governo a al Qaeda
In primo piano su stampa araba
BAGHDAD - A sentire i media e i giornali arabi, il ritiro delle truppe Usa dai centri abitati iracheni che si è concluso, sarebbe una vittoria storica per tutti: il governo di Baghdad celebra il «giorno della sovranità conquistata»; i ribelli sunniti assieme agli ex saddamisti rivendicano la «conquista storica della Resistenza nazionale»; e perfino i seguaci di al Qaida attraverso i siti web fondamentalisti fanno sapere che «i crociati americani sono partiti, mentre il nostro stato islamico è, più che mai, saldo sul terreno della Mesopotamia». I giornali filo-iraniani e anti-occidentali invece parlano di una finta riconquista dell'indipendenza e titolano sul «teatrino Usa».
La tv di stato al Iraqiyah e il canale arabo al Jazeera hanno dedicato tutta la mattinata all'evento. Ma mentre la tv irachena ha trasmesso non-stop le immagini della parata militare da Baghdad per il passaggio delle consegne seguita dal discorso alla nazione del premier al Nouri al Maliki (che ha decantato «la perseveranza del governo a conquistare la sovranità in difficili e complesse trattative» con Washington), l'emittente qatariota ha mandato in onda una parata di oppositori al governo che, a loro volta, si sono attribuiti i meriti per la «storica conquista».
Sulla stampa scritta le opinione divergono a secondo della linea politica dei giornali: i principali quotidiani moderati, come i sauditi al Hayat e al Sharq al Awsat, parlano di «svolta storica» , e sottolineano il «grande miglioramento delle condizioni di sicurezza» che l'ha favorita auspicando«il senso di responsabilità» delle forze politiche irachene per traghettare il paese verso la sospirata «sovranità nazionale».
Ma quale ritiro? «E' un semplice ridislocamento delle truppe americane in basi militari stabili», titola il quotidiano libanesi filo siriano Assafir che si interroga: «ma è un passo verso la sovranità, oppure verso ulteriori violenze?» «Baghdad celebra la grande vittoria, ma gli iracheni temono il peggio dal ritiro 'simbolico' dei marines», è invece il commento del quotidiano palestinese al Quds al Arabi, da sempre ostile alla politica Usa nella ragione.
Forse una risposta ragionata su «cosa succederà» dopo il ritiro, la offre il generale Shafiq al Samarrai, ex consigliere militare del presidente iracheno, Jalal Talabani. Forte del suo passato baathista, al Samarrai dimostra di conoscere «l'incapacità militare della Resistenza irachena» a destabilizzare il paese in questo momento critico: «molti hanno paura della ripresa della violenza - scriva - ma che si arrivi a un esplosione tale da provocare un golpe, è escluso». I «pericoli cardine» per il generale sono altri: L'«Iran» soprattutto e in misura minore al Qaida che «non è morta del tutto». Ma non sarebbe da sottovalutare un ulteriore problema: quello «delle ambizioni secessionistiche dei curdi», conclude al Samarrai.